chi sono

Sono Maria Serena, ho insegnato letteratura italiana. Oggi scrivo e sono qui per riflettere, dialogare raccontare. I miei interessi sono rivolti alla comune condizione umana, anche quella raccontata dalla letteratura. Vorrei partecipare alla costruzione di un pensiero nuovo e diverso, fondato su radici antiche, che riconosca uguaglianza e giustizia a tutti.

sabato 15 novembre 2008

USARE IL WEB PER DISCUTERE E RIFLETTERE

Una rete di discussione e riflessione su Istruzione e Scuola
Ho lanciato una discussione importante su FACEBOOK: il network della comunicazione apparentemente futile . Leggo che questo network è stato usato per divulgare e sostenere il digiuno, per una denuncia in favore dei diritti umani, di 72 dissidenti politici. Allora mi chiedo: perchè no? Perchè non provare ad usarlo per altri argomenti, anche senza digiuno?Taglio corto perchè sennò finisco i caratteri e mi taglia facebook. Inizio subito con 2 punti che provo a lanciare: chi vuole risponderà.1°. Io penso che le proteste di questi giorni rispecchino una legittima reazione degli studenti alla mancanza di futuro economio e sociale che incombe sul loro domani, ma credo che quasi nessuno dei partecipanti ne sia ben consapevole e temo che non siano in grado di elaborare un pensiero autonomo. Perchè? Perchè ripetono ossessivamente slogan, ma non tirano fuori nè anali nè proposte. Inoltre io penso che la protesta di maesti e docenti di ogni ordine e grado difenda interessi DIVERSI da quelli dei ragazzi. 2°. La politica parla di favorire gli studenti MERITEVOLI Allora io chiedo: come si fa a presentare il conto solo ai ragazzi?Perchè? Perchè gli studenti meritevoli non nascono tra l'erba spontaneamente come i funghi e la cicoria, ma sono il risultato di famiglie meritevoli, società meritevole, massmedia meritevoli, videogiochi meritevoli, scuola meritevole ecc ecc: E NON VICEVERSA.
Vi risulta, forse, che questo esista già?

lunedì 18 agosto 2008

Fieno in collina


LEGALITA', TOLLERANZA E SOLIDARIETA'

TOLLERANZA E SOLIDARIETA' oppure LIBERTA' e GIUSTIZIA?
Vado dipanando fili della mente; mi accade quando cerco di ritrovare una direzione, una linea semplice in un marasma che confonde. Vado dipanandoli e ne cerco l’inizio; come di una matassa aggrovigliata dalla noncuranza, o da un gattaccio sfrenato.
E mi accorgo che nel quadro che osservavo è accaduto che immagini e cornici si siano scambiate e si muovono come se il punto di vista fosse insolitamente fugace.
La mobilità dei riferimenti, il galleggiamento imposto dall’incertezza, la perdita della prospettiva, la sensazione di tessere una dannata tela di Penelope è, però, una sensazione diffusa.
Solo ricominciando a trovare i nostri riferimenti questo quadro sconvolto andrà lentamente a posto. Invece ci siamo privati (o ci hanno privato senza che noi ce ne opponessimo abbastanza) dei nostri punti cardinali e ci dirigiamo ansiosamente verso mete mutevoli senza l’aiuto di nuove coordinate e avendo cancellato la rassicurante ragnatela geometrica dei tradizionali meridiani e paralleli.
Quali? I “soliti”, “quelli del passato” direbbe forse qualcuno ancora convinto che la loro assenza generi libertà, mentre genera solo disorientamento.
I soliti valori dunque: la nostra cultura, la fede, la famiglia; e poi il rispetto, la sensibilità, l’onestà, la franchezza.
Invece ci parlano, e molti si sono lasciati convincere, di “solidarietà” e di “tolleranza”.
Allora chiedo: forse nel rispetto del prossimo non è già implicita la solidarietà?
E quanto alla tolleranza, forse nella millenaria storia nostra cultura non era già contenuto il dialogo, la conoscenza, il confronto?
Io penso che solidarietà e tolleranza siano bandiere rispettabili, ma sussidiarie e secondarie.
La giustizia sociale comprende e assorbe questi concetti: un cittadino libero e dignitoso non chiede solidarietà a livello politico e sociale (semmai a livello interpersonale), ma chiede diritti e doveri per sé e per gli altri.
Un cittadino e una cittadina responsabili e lavoratori non chiedono la tolleranza, anzi la considerano un fantoccio delle vere libertà che costituiscono il bene supremo della persona e della società.
Un cittadino e una cittadina coraggiosi e attivi, come sono stati i nostri padri e madri e come noi sappiamo essere, vuol essere produttivo e partecipante al progetto del bene comune e non chiedere tolleranza. Anzi si sentono offesi dall’essere “tollerati”, e invece chiedono di partecipare attivamente alla vita civile e sociale.
Finché salute glielo consentano. Ecco questo era il filo che cercavo. Ed ora la matassa può essere svolta.

COMUNICAZIONE SU WEB

Rappata telematica con premessa neocomunicazionale... ;)
Mi viene da riflettere sulle difficoltà di comunicazione in ambito telematico. Tutto in tempo reale: ma ognuno ha un tempo reale diverso. Non vi sembra una gemmazione della comunicazione che riproduce in modo identico su un terreno diverso effetti simili alla comunicazione dei tempi delle carrozze postali a cavalli?
Il buon corsiero portava le lettere da un capo all'altro del mondo civilizzato, il buono scrittore non sapeva se il destinatario fosse ancora nel luogo in cui indirizzava, il buon destinatario aspettava altrove le notizie del buono scrittore, ma non sapeva quando le avrebbe ricevute e... e il buon corsiero si accontentava comunque di una rozza coperta per la sua schiena sudata, un secchio d'acqua e uno di biada!
Non mi fregate l'idea. Anche se non è “bella” è protetta dal diritto d'autore il mio nome è mariaserena!

L'Alfieri scriveva i suoi diari durante i viaggi descrivendo la corte di Vienna o la Scandinavia, mentre Marco Polo sulla Cina dettava memorie. Ma i loro contemporanei leggevano in tempi successivi e non immediatamente, unpo' come per i post e i commenti; e noi li leggiamo solo oggi.
E' solo per questo motivo che Marco Polo o Alfieri non cambiano (cambierebbero) opinioni nel confronto delle loro realtà e delle nostre?
Ok. Post criptico,forse confuso...
E te lo dico con un rap
Ti dico
ti dico
mi leggi fratello
ti dico
confermo
ma tu non leggi quello
leggi rileggi
io sono andato altrove
leggi ci pensi
mi chiedi di quel dove
luogo
non luogo
io vado
e tu mi leggi
luogo non luogo
ritorno e non conosci
luogo non luogo
pensi rifletti parli
luogo
non luogo...
mi sa meglio
se parti
yo!

OLIMPIADI - INAUGURAZIONE ALLA PECHINESE

L’inaugurazione alla pechinese
Mi ero disposta a seguire l’apertura dei giochi Olimpici con curiosità ed interesse. Avevo ancora presente il ricordo bellissimo delle Olimpiadi invernali di Torino dove lo spettacolo è stato non solo grandioso ed elegante, ma anche pieno di armonia, di invenzioni geniali, di esibizioni di grandi artisti.
L’inaugurazione di Pechino mi sembrata invece angusta e soffocante; posso riassumere la mia impressione con questa frase : ho visto l’annientamento dell’individuo e il trionfo della massificazione anonimizzante.
Mi è parso che gli ideatori avessero realizzato, usando l’elemento umano passivizzato e reso automatico, un programma a metà tra un software di videogioco e uno di computer graphic ma di quelle da commodore 64, per chi se lo ricorda ancora.
Uomini come chiodini piantati in un gioco, e senza nemmeno i colori intonati; uomini come burattini frenetici e isterici, uomini come ricami ossessivi. E bambini impettiti che cantavano come bamboline di gesso in un carillon di latta.
E’ questo che succede quando il tempo della civiltà si spegne in quello della fine della libertà individuale? Mi sono intristita e ho lasciato il televisore a parlare da solo. Quando sono tornata sfilavano atleti multicolori, camminavano ridendo e in un ordine approssimativo, sventolavano bandiere e videocamere. Meno male. La vita continua. Forse è stato davvero un bene assegnare le Olimpiadi a Pechino; forse il contatto con i ragazzi e gli atleti del libero mondo innescherà un prodigio: quello dell’amore contagioso per la libertà. Sperare è umano, inaugurare alla pechinese è robotico.

Olimpiadi: Medaglie esentasse?

CAMPIONI, ANCHE IN TIRCHIERIA...
Non è questione di tempi di vacche (grasse o magre), né di tempi di par condicio (calcio-atletica). E’ una questione di feeling, come al solito. E sarebbe interessante capire se gli olimpionici italiani questo feeling lo sentono con i furbi e con i privilegiati o con gli onesti e i lavoratori. Probabilmente da quando si è pensato bene di fare un brutto funerale all’idea socialista sono passati in secondo e terzo piano le parole, lavoro, lavoratore, giustizia sociale uguaglianza e così via. Però anche per una questione di immagine (tanto cara ai nostri giovani baldanzosamente pechinesi) i suddetti atleti di new generation avrebbero potuto, come dire, evitare il mugugno e la pretesa.
Evitare di pietire una ridicola solidarietà sulle tasse ai premi ottenuti, evitare di confrontarsi con altri sportivi, evitare di dedicare a se stessi (Pellegrini) la vittoria, evitare insomma sia l’autocelebrazione sia il vittimismo.
Le tasse si pagano, sportivamente o meno.
L’Italia paga: i ticket anche sulle medicine, le tasse sulle pensioni e gli stipendi, balzelli e imposte su tutto; paga senza fiatare.
E invece loro argentati e dorati, ma con una splendente faccia di bronzo, alzano la voce e fanno polverone?
A regà; datevi una bella regolata. E’ una questione di feeling: l’Italia vi ha amato perché vincete, perché potreste essere d’esempio, perché siete una bella immagine. Ma l’Italia potrebbe fare anche a meno delle vostre prestazioni, mentre non può fare a meno dei milioni di campioni del lavoro e della vita onesta che quotidianamente, come dicono oggi gli eleganti dello stile linguistico libero, si “fanno un mazzo tanto”.
Per cui pascolate sui vostri premi e sui vostri ingaggi di generosi sponsor. E non rompeteci il feeling.

lunedì 9 giugno 2008

Edunet-Rete dei blog sull'educazione,la scuola e l'infanzia: EDUNET : Bambini, circoncisione e difesa della vita dal concepimento

Edunet-Rete dei blog sull'educazione,la scuola e l'infanzia: EDUNET : Bambini, circoncisione e difesa della vita dal concepimento

A proposito di giovani e adolescenti

UNDER 20 e... NOI...
disegno di NaDa, anni 19

Ma loro, come ci guardano e come ci vedono? La domanda non è schizofrenica, semmai è imbarazzante: probabilmente è preferibile non rispondere se vogliamo presevare le nostre orgogliose sicurezze. E tuttavia sarà meglio non cercare risposte presumendo di entrare nella loro testa. Credo sia preferibile accettare una realtà per me evidente: NON ci vedono come ci vediamo noi. Un'altra razza ha un'altra testa. E sotto i vent'anni si è un'altra razza. Sarebbe dunque certamente più sano per tutti accettare i ruoli e non sovrapporvisi. .


Credo anche, detto così all'ingrosso, che si possa ricavarne un messaggio, o meglio un abbozzo di messaggio.
Un giovane "artista", uno dei ragazzi più buoni e rispettosi tra quelli che ho conosciuto. Una persona corretta che respinge bulli e bullismo. Mi ha inviato questo disegno, insieme ad altri, e credo che nel groviglio di quella coda "metafisica" (che si riflette nel simbolo del punto interrogativo) siano rappresentate, inespresse, molte cose semplici ed alcune complesse.
E' necessario dare a ciascun ragazzo il tempo di dipanare e riordinare se stesso. Questa operazione dovrà farla da solo; ma noi non dobbiamo crearvi intorno un altare idolatrico. Dobbiamo invece dargli il senso del reale e quello del ritmo vitale. Dobbiamo trasmettergli conoscenza e esperienza; ma anche lasciare sempre che abbia una sua vita personale nella quale vivere per conto suo i suoi sogni e i suoi incubi. Gli dobbiamo lasciare spazi di paure personali da elaborare con calma. E aspettare che il suo tempo si sviluppi. Nel frattempo, però, trasciniamolo nella vita quotidiana dandogli spazio e responsabilità. Non cerchiamo di esibirci, pensando di aver capito come ci vede lui. Saremmo immediatamente ridicoli.
Ora vado a cercare NaDa su Msn. Credo che lo troverò là prima o poi...

Aborto: un conflitto tra persone, o tra una persona e una non persona?

Recentemente (www.pratico.splinder.com) ho detto di essere contraria all'aborto. Ovviamente non mi permetto di giudicare le persone. Ho espresso un'opinione sulla questione.
Mi è stato risposto che questa scelta è spesso dovuta alla necessità di preservare la salute psico-fisica della donna, e che si tratta di scegliere tra una persona e una "non persona". Diverso sarebbe nuocere a un neonato (vedi bambino nigeriano morto in seguito a circoncisione) che è senziente e cosciente ecc.
Su questo specifico aspetto ho riflettuto e dico che:
Un conflitto tra una persona (adulto?) e una non-persona (embrione?) è solo una allucinante ipotesi che non ha nessuna dimostrazione morale e fisica possibile.
Invece ha una sua evidenza all'interno di una dinamica sociale nella quale conta solo la logica del più forte.
Quanto al confronto tra embrione e neonato in termini di, attributi psico-fisici e personalità (senziente, cosciente, pensante, autocoscienza) chi l'afferma dimostra poca o nessuna esperienza in materia non solo della presenza di un embrione nel corpo materno, ma soprattutto della presenza di un neonato in una famiglia o nella vita di una madre.
Ma l'abortire non vuole dire soltanto abolizione di un embrione in quanto tale (e che è una presenza impercettibile), ma significa togliere di mezzo le conseguenze del suo sviluppo e quindi proprio le conseguenze che la presenza di un bambino avrebbe nella vita. Per cui le tesi che apparentemente sostengono le ragioni di una "madre" in realtà le negano un diritto. Quello di essere coscientemente felice della maternità, e quello di non adeguarsi a un modello sociale in cui la maternità è un ostacolo e una fatica.
Questa mi sembra propaganda, nuda e cruda, a favore di un modello sociale e culturale antiumanistico.

lunedì 2 giugno 2008

MADRI: nonostante gli psicologi


Nessuno può lanciare la prima pietra contro la mamma che ha dimenticato la sua bambina in automobile, con le conseguenze tragiche che sappiamo. Nessuno. Perché la tragedia l’ha colpita e segnata in modo irreversibile e nulla più può essere detto. Solamente l’umana pietas (che va più in là della comune eppur nobile compassione che ci accumuna nella condizione del soffrire insieme) deve ispirarci nel rivolgerle un pensiero.
Invece sgomentano le diagnosi e le opinioni degli psicologi che non si sono fatti mancare l’occasione per esprimere pareri e consulenze ed hanno sentenziato: “si tratta della sindrome della mamma acrobata: la madre acrobata coordina dal proprio posto di lavoro i passaggi del proprio cucciolo tra persone e istituzioni che la sostituiscono. E’ la paurosa metafora della nostra vita metropolitana: accadrà ancora.”
Ebbene questo non possiamo condividerlo. In questo modo si formula una diagnosi preoccupante e che potrebbe diventare una categoria in cui incasellare ben altri fatti, egoismi e sofferenze che ricadono comunque sui nostri bambini, e non solo su madri in vario modo e misura sofferenti.
Non credo sia giusto dare una definizione e una diagnosi senza indicare le cause più generali e complete di un possibile malessere di queste dimensioni e gravità.
Come possiamo sostenere che una comune condizione di vita, per quanto frenetica, assillante ed alienante conduca a simili tragedie? Se accettiamo che l’esistenza della donna contemporanea possa condurre alla sindrome della madre acrobata dovremmo affrettarci a ricostruire il nostro mondo, a smantellare tutta la realtà sociale e il ruolo delle donne nel mondo del lavoro.
Se quello che è successo è causato dal tipo di vita di relazioni e lavoro al quale si conformano oggi le donne, allora c’è molto da rifare urgentemente.
Se invece ci sono situazioni eccezionali, estreme, forse patologiche e personali (sulle quali non sarebbe giusto né pensabile qui indagare) allora si eviti di lanciare una definizione al di fuori dell’ambito strettamente medico o professionale.
Perché potrebbe accadere che i prossimi quindici – trenta giorni di talk-show televisivi (mattutini-pomeridiani-serali) vengano inondati di psicologi presenzialisti, ma non solo: soprattutto di presunte mamme-acrobata (opportunamente sfocate in video) che declameranno il loro malessere contagiandosi e impanicandosi con un effetto domino. Ci potrebbero essere interviste, confessioni, scene isteriche in diretta; e a casa ricatti e accuse e vittimismi reciproci: “Sono una mamma acrobata!”, “Ti sbagli, sono io, il padre, l’acrobata!”. E ci potrebbero essere piccoli bambini che si terrorizzano.
Con tutto il necessario rispetto dovuto a chi esercita una professione delicata, credo che la psicologia non sia una materia che si possa mandare allo sbaraglio per affidarla a opinioni o analisi, nonché diagnosi fai-da-te; e si sbaglia a volere uno psicologo dovunque, come il prezzemolo in ogni minestra.
Per controbilanciare l’effetto di queste preoccupazioni ho pensato a ben altre eroine senza sindromi.
Ho pensato, dunque, alle mamme che difendono e proteggono da sempre (ora come in passato) i loro bambini durante le guerre e le carestie, a quelle che affrontano ed hanno affrontato sciagure naturali ed epidemie o malattie e miserie personali. A quelle che sono riuscite a inventare la sopravvivenza giorno per giorno.
Ho pensato anche a un personaggio che ho sempre amato: alla protagonista del romanzo “La Storia” di Elsa Morante (forse il più straordinario libro sulla seconda Guerra Mondiale) in cui una poverissima maestra ebrea, né bella né giovane, viene violentata da un soldato tedesco ubriaco e concepisce, fa nascere e cresce tra mille paure e tenerezze il piccolo Useppe : un gracile ed epilettico figlio da nascondere e nutrire nella Roma affamata e travolta dalla guerra. E arriva fino in fondo alla sua storia senza dimenticarlo nemmeno un attimo.

Mi sono chiesta se …

mercoledì 14 maggio 2008

le TRAPPOLE MEDIATICHE non aiutano DENISE PIPITONE E LA SUA MAMMA

Le trappole mediatiche : ovvero i rancori, gli inganni e i sentimenti che aumentano l’ascolto, ma non aiutano le vittime.
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A margine di quanto accaduto a “Chi l’ha visto” il 12 maggio dobbiamo riflettere: quanto vediamo in tv porta a deduzioni sconcertanti.
Dei fatti ho già riferito ieri, 13 maggio, nel post “In difesa dei bambini”. Non riapro la questione della modalità e della sostanza comunicativa tenute dal presidente dell’Opera Nomadi Massimo Converso nei confronti di Piera Maggio, mamma di Denise Pipitone.
Sposto invece l’attenzione sulla sostanza della trasmissione televisiva e, segnatamente sul ruolo della giornalista-conduttrice Federica Sciarelli.
Ricostruisco schematicamente:
Si parla del tentato rapimento, a Napoli, di una neonata da parte di una rom. In studio c’è Massimo Converso, Presidente dell’Opera Nomadi, e in collegamento video c’è Piera Marzi mamma di Denise Pipitone accompagnata dal suo legale.
Converso è coerente con il suo ruolo e difende i rom dall’accusa di essere responsabile di rapimenti di bambini.
Sciarelli invita al confronto con Piera Maggi che da quattro anni cerca la piccola Denise di cui si hanno tracce (possibili, ma non certe) in un video girato a Milano da una guardia giurata, che ha filmato una donna rom intenta all’accattonaggio con una bambina (o bambino?) somigliante a Denise.
Piera Maggi non accusa di rapimento nessuno, ma rivolge un appello a Converso: “Perché i rom non hanno mai risposto alle nostre richieste di collaborazione nella ricerca di Denise?”
Converso risponde che è inutile, che quei rom forse non erano rom, che comunque i rom non rapiscono.
Piera replica accoratamente facendo presente quello che, in sostanza, il video mostra.
Sciarelli aggiunge :”Anche se sapessero o avessero notizie se Piera Maggi continua ad usare questo tono non si farebbero vivi per paura” (?)
Converso minaccia Piera e il suo legale di querela dicendo che si considera ingiustamente accusato di omertà.
Piera Maggi, con il suo avvocato, spiega la sua posizione: “La bimba del video potrebbe essere Denise, perché non aiutarla a verificare?”
Sciarelli chiude l’argomento.
A questo punto è necessario chiedersi alcune cose.
La prima: L’argomento e la ragion d’essere della trasmissione “chi l’ha visto” è la ricerca di persone scomparse; perché, dunque, invitare Massimo Converso se si dà per certo che i nomadi non hanno relazioni con i rapimenti e le sparizioni di bambini?

La seconda: Sciarelli ha affermato che il tono della mamma di Denise e del suo avvocato potrebbe scoraggiare eventuali testimoni. Crede dunque nella probabilità che i testimoni ci siano? Allora perché non ha rivolto lei stessa un appello in quella direzione?

La terza: Se invece ha ragione Converso e non c'è attinenza tra l’appello della mamma di Denise e il fatto di Napoli (e potrebbe essere così) allora perché Sciarelli ha convocato in trasmissione Piera Maggi e l’ha invitata al confronto con Converso?

La mia tesi è, per chiarezza e a scanso di equivoci, che è ingiusto accusare un intero popolo di rapimenti senza prove, ma che sono proprio questi, e anche peggiori, gli effetti che si ottengono se si accostano incongruamente fatti e persone, come ha fatto la giornalista-presentatrice tv Federica Sciarelli.
La Sciarelli invece di svolgere un servizio pubblico e fare chiarezza, ha mescolato dolore e delitti con assoluta disinvoltura. Ha esposto la sofferenza di Piera Maggi alle minacce di una immeritata querela.
E’ proprio in questo modo che si crea il polverone mediatico in cui tutto è relativizzato, in cui si confondono le idee, si suscitano rancori e si offre in pasto al pubblico, che sgranocchia pop-corn ed emozioni, patatine e lacrime umane con la stessa avidità, anche l’angoscia e i sentimenti di una mamma colpita nel più crudele dei modi.Un giusto prezzo per aumentare gli ascolti?

S O S ALLARME PER I BAMBINI: difendiamoli sempre!




Il tentato rapimendo di una neonata a Napoli riaccende il caso della scomparsa di DENISE PIPITONE




A quanto pare siamo un popolo di mitomani suggestionabili, e di questa sindrome sono vittime soprattutto le mamme di bambini rapiti, o di cui si è tentato il rapimento. Non ci sono parole per commentare le affermazioni espresse ieri sera, a Chi l'ha visto, dal presidente dell’opera Nomadi, Massimo Converso, che ha sostenuto questa tesi incredibile. Dunque a Napoli c’è un covo di odio razziale e non è vero che una rom abbia tentato di rapire una neonata, ma un gruppo di belve scatenate ha tentato il linciaggio di un’innocente. Dunque i rom non delinquono, ma si trincerano dietro una presunzione di innocenza. La rom in questione, che era già nota alla polizia, già arrestata e fuggita dalla comunità a cui era stata affidata, per furto, il 26 aprile, è stata ora condotta al Centro di prima accoglienza di Poggioreale, e il suo fermo è stato oggi confermato. Forse la polizia scambia lucciole per lanterne? E quale interesse avrebbe una mamma a simulare un rapimento?
Ma tutto questo non è importante per l’Opera Nomadi, che vive di finanziamenti statali, ed è mantenuta con le tasse del popolo italiano.
Ma il momento più assurdo della serata è stato l’attacco dello stesso Converso contro la mamma di Denise Pipitone, che insisteva a chiedere la collaborazione dei rom per rompere il muro di silenzio sulla scomparsa della sua bambina. Nessuno dei presenti, nemmeno l’algida Federica Sciarelli, ha avuto un moto di solidarietà nei confronti di Piera Maggio, la mamma di Denise(clicca qui il sito : www.cerchiamodenise.it/) Si è badato solo a mantenere una sorta di equidistanza, un’inopportuna e inutile par condicio.
Chi ha seguito la trasmissione non ha potuto non chiedersi: perché? Se è vero che i rom non rapiscono i bambini allora perché vengono sorpresi con neonati e bambini, non loro, in braccio mentre li strappano dal seggiolone, dalla carrozzina, dalle loro case? E se è vero che i rom non possono fare nulla per ritrovare Denise perché negare l’evidenza, e cioè che una creatura molto simile a Denise è stata filmata (e da una guardia giurata insospettita) in compagnia di rom? Se è vero che non sono implicati e se non possono nulla è forse un buon motivo per negare attenzione e solidarietà a una mamma che cerca sua figlia? L’Opera nomadi si rende responsabile di un atteggiamento di indifferenza. Almeno questo sarà ammesso.
In realtà noi non siamo un popolo di mitomani e di mamme suggestionabili.
Siamo persone che vogliono e devono costruire intorno ai bambini una barriera di legalità, di leggi, di protezione.
I bambini sono una priorità su tutto, anche, piaccia o non piaccia, sui rom e i loro protettori d’ufficio i quali dovrebbero, semmai, denunciare i casi sotto gli occhi di tutti: bambini mendicanti, bambini sfruttati ai semafori, bambini cui si insegna a rubare (o sono massacrati di botte).
E’ quasi una bambina anche la giovane rumena quindicenne stuprata e selvaggiamente picchiata, proprio oggi, da sette suoi connazionali che l’avviavano alla prostituzione.
Quindici anni: tempo di scuola e di risate per lei.
Sei mesi: tempo di latte e di ninne-nanne d’amore per la piccolina di Napoli.
QUATTRO ANNI di dolore per la scomparsa di DENISE.
Per ora non c’è altro da dire.

PROTEGGIAMO I BAMBINI



Proteggiamo i bambini

Un articolo di Maria Serena Peterlin
per Edunet BLOG
Una lettera scarlatta virtuale. Un marchio infamante colpisca chiunque insidia l’infanzia
L’avvincente romanzo di Nathaniel Hawthorne, poi tradotto in un film di discreto successo, è una denuncia dell’intolleranza, poiché la “A” scarlatta marchiava l’adultera e, se a volte poteva diventava una tragica infamia, rappresentava sempre una punizione disumana (l’adulterio, reato demodé, si risolve altrimenti).
Però, a volte e per reazione indignata, viene il desiderio di immaginare un modo di rendere immediatamente riconoscibili gli individui che si macchiano di infamie e reati violenti quali la pedofilia, l’abuso, il rapimento contro i bambini o addirittura i neonati.
Il fatto più recente accaduto a Napoli ieri sera. Ed è proprio uno di quelli che suscita orrore e sdegno .
La cronaca, e non la nostra ancestrale paura di ciò che perseguita da sempre l’immaginazione di genitori e di famiglie, registra un fatto realmente accaduto a Napoli, Via Principe di Napoli, a Ponticelli. Una rom si è introdotta in un appartamento e ha rapito una neonata dal suo seggiolone. Fortunatamente la mamma è riuscita a raggiungerla in tempo ed ha ripreso la sua bambina.
Sono fatti che non possiamo accettare, sono evidenze che smentiscono la politica, buonistica, della giustizia all’insegna del “cittadini arrangiatevi”. Sia detto chiaramente:non possiamo e non intediamo CHIEDERE di marchiare, con una lettera scarlatta la fronte di pedofili, rapitori, violentatori di bambini. Però è necessario creare intorno al nostri bambini una barriera protettiva che scoraggi al massimo l’intenzione criminosa. Se accade che anche i famiglia ci siano abusi si intervenga, perché è possibile farlo.
Ma non possiamo accettare che si continui a generalizzare e a calunniare le famiglie per proteggere i veri delinquenti. Facciamo presto.

giovedì 1 maggio 2008

I MAGGIO - FESTA DEL LAVORO

I MAGGIO 2008 : TUTTI IN PIAZZA -
MA IL PROBLEMA DEL LAVORO NON E' AL 1° POSTO

Ci sono tanti modi per avvilire una festa importante come quella del I Maggio.
E uno è certamente quella del concerto sulla Piazza S. Giovanni a Roma.
Il cosiddetto concertone.
Niente contro la musica.
E’ che, temo, non mancheranno neanche questa volta i predicatori dilettanti, i cantanti profetici, i presentatori affabulanti, i vip finto-straccione che spanderanno parole finto-democratiche e poi se ne torneranno al loro solito lusso da sfigati di successo (pippa tu che pippo anch’io).
Per tutto il tempo qualche presentatore tv di cui non voglio nemmeno sapere il nome strillerà, urlerà andrà in euforia assegnando a piene mani complimenti e esclamazioni sperticati del genere: “Grande”, “Eccezionale!”, “Straordinaria emozione” e, peggio di tutti, “Da brivido lungo la schiena”. (anche perché dove altro dovrebbero correre i brividi? Sui denti? Sul polpaccio? Sul capello artificiale, sul seno al silicone o sullo zigomo rifatto?)
Insomma il I Maggio è una festa troppo importante e che dovrebbe rivendicare e ricordare il lavoro e il lavoratore per essere trasformata nell’ennesimo evento taroccato per tale.
Invece San Giovanni sarà nuovamente devastata da schifezze e rifiuti, da fumo e pasticche, da tanta pessima musica e da altrettanta stupidità.
Non consola pensare che anche questa passerà.
Perché non passerà senza far danno e senza dare, ai giovani, il cattivo esempio di avvizzite rockstar che si vestono da pischelli, da opinioniste e opinionisti repellenti e da comici di risulta (giuro non so chi ci va, ma tanto non cambia) in cerca di visibilità.
Speriamo che questa presunta festa decada presto.
Sarebbe assai meglio che i sindacati smettessero di fare giochi di ruolo virtuale e tornassero sui temi vitali per i lavoratori veri e si mettessero, anche loro, a faticare.
Senza pop star, senza sponsor, senza ammiccamenti, senza poltrone di potere. Solo in difesa dei del lavoro che sia restituito alla sua dignità, al suo valore intrinseco per la costruzione del futuro della nostra società e delle nostre famiglie.
Per ricominciare a chiamare lavoro solo quello che davvero merita questo nome.
Evviva il I Maggio del Lavoro. "POSSIBILMENTE CON UN FIORE..." (B.C.)

mercoledì 23 aprile 2008

Questa insostenibile PERCEZIONE DI VIOLENZA A ROMA

http://notecellulari.splinder.com IL BLOG DI Maria Serena PETERLIN su giovani, scuola, problematiche educative e del lavoro

Le opinioniste e gli opinionisti di tendenza evoluta e democratica e i loro confidenti o amiche ed amici in politica, nonché gli amministratori e mass-mediologi politicamente corretti non hanno le nostre stesse allarmate percezioni.
Quindi non avvertono che Roma è cambiata. Non percepiscono le frotte di rom, romeni e simili che ovviamente non lavorano, invadono autobus e metropolitane senza biglietto, si appropriano di incroci e semafori, sostano fuori dei supermercati cercando di ottenere la gestione del tuo carrello della spesa e, ubriacandosi tra un carrello e l’altro, espletano le loro funzioni corporali dove capita. Opinioniste ed opinionisti di tendenza evoluta e democratica con i loro confidenti o amici in politica, non percepiscono dunque nemmeno l’asfissiante puzza di orina che ristagna nei luoghi suddetti, non vedono squarciate le gomme dell’auto dalle bottiglie lasciate in terra (mica pretenderete che un ubriaco vada a smaltire i rifiuti nell’apposito cassonetto…) e non devono subire le insolenze dei lavavetri che, se non paghi, ti lanciano la bottiglia con tutta l’acqua contro la macchina e sotto il naso dei vigili urbani. (A proposito, Daniela Serafini, 51 anni e suocera di Francesco er pupone Tottigol, forse stanca di babysitterare i nipotini, è stata l’anno scorso assunta nei vigili; fa un figurone in divisa. Mi rivolgerò a lei la prossima volta.)
Ma queste sono solo fastidiose strane percezioni di chi, oltretutto colpevole di abitare le diffuse periferie romane, prende l’autobus o la metropolitana per motivi di studio o lavoro o è costretto ad usare l’auto. Invece le sventate e imprudenti lavoratrici su turni notturni, o quelle che escono di casa per fatti loro anche in pieno giorno, dovrebbero smettere di provocare quelle brave persone ed usare un più adeguato taxi, come fa chi frequenta le redazione dei quotidiani o i seminari in Ateneo o si adatta a partecipazioni e comparsate in tv e consulenze in Campidoglio; in questo modo eviterebbe di infastidire i nuovi padroni di Roma. C’è solo un piccolo problema: i tassinari romani non si avventurano ovunque e rifiutano le corse dirette alle zone che considerano a rischio. Perché anche loro hanno strane percezioni e ne hanno abbastanza di violenze e rapine.
Chi, al contrario, abita nell’ex prestigioso centro storico ha la percezione di non poter dormire nottetempo e fino all’alba, però in compenso è allietato da risse e cori multietnici (teppisti italiani inclusi), da stereo a tutto volume sotto le finestre, da gente che si attacca ai campanelli e citofona bestemmie e parolacce, da gruppi di percussionisti fai da te eccetera, da prostituzione e spaccio con tossici in azione ecc; anche loro i nuovi padroni di Roma e questa volta la percezione è by night. Ma al mattino ci lasciano generose donazioni in cocci e deiezioni, cartacce e resti di cibo vomitato.
Quanto sei bella Roma…
Inoltre, a Roma, c’è la delinquenza percepita chez soi; ossia quella che ti strangola in casa per rapina.
Per non farsi mancar nulla c’è anche un aumento degli investimenti dei pedoni sulle strade, percezione on the road. E le vittime non hanno colore o nazione; muoiono e stop.
«Qui siamo dimenticati da Dio e dagli uomini, lo scriva, lo scriva» dice una signora che abita in zona La Storta a un giornalista di Repubblica.
I giornalisti scrivono e stanno sulla notizia: ma poi perché “dimenticano”?
E cosa ha fatto Veltroni in questi lunghi anni? E cosa fece a sua volta, prima di lui Rutelli?

Hanno spalancato le porte della città alla percezione della violenza.
Che non scherza, nemmeno allo stadio: percezione sportiva.
Nemmeno negli pseudo-murales in realtà vandalismi allo stato brado e che nulla hanno a che fare con la graffiti art: percezione spray
Anche perchè i delinquenti (di qualsiasi origine) vandalizzano e insozzano, molestano e violentano, rubano e rapinano, accoltellano e uccidono davvero.
Sappiamo tutti che queste cose accadono (in misura comunque minore) anche altrove; ma attenzione la differenza sta tutta in questo particolare.
Altrove ACCADONO a Roma invece si PERCEPISCONO.




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lunedì 3 marzo 2008

LE CONFESSIONI DELLA PROFI

Quella volta che ... HO TIRATO I'ANTOLOGIA IN TESTA all'ALUNNO...
Quasi vent’anni fa… era il 1989
Non dico che sia stato un gesto didattico di grande stile. Ma per giudicare, se qualcuno proprio ci tenesse a farlo, bisognerebbe conoscere bene il clima che si crea qualche volta in classe. E sarebbe anche utile entrare dentro alle situazioni personali, agli stati d’animo, alle aspettative di una insegnante.
Insomma una come me (e come io ero allora) che insegna letteratura perché la ama, è una che ci crede, come si dice adesso in un gergo jolly, ed agisce di conseguenza.
Una che ci crede e che va in classe decisa a scardinare la presunta ignoranza e a spargere sapore di letteratura e sapore di poesia, ma non sempre trova ventisei o ventotto occhi-orecchi spalancati con annesso cervello connesso.
A volte è tutto il contrario; e proprio quella classe del 1989, di giovani manzi da carne e non da vibrazione estetica, aveva intenzione di pascolare tutt’altro. Però io dignitosa e fedele alla consegna quella mattina volevo spiegare la mia lezione. E non solo.
Ero anche convinta che di fronte alla grandezza dell’arte anche le belve s’incantassero (se l’ha fatto Orfeo, pensavo convinta, perché io no? Già perché? Beata incoscienza e beato anche Orfeo).
Ero inoltre determinatissima a leggere e commentare il testo. Foscolo. Uno di quelli su cui vorresti sentire un palpitare all’unisono cuori e anime, in cui vorresti che quel “Né più mai toccherò le sacre sponde” fosse assorbito come linfa vitale: nettare a cui abbeverarsi avidamente. (Ragazzi qui la correlativa “né” è usata in senso evocativo, vedete? Il poeta sottintende che non solo ha perduto fortuna, affetti, amici e patria, ma che non potrà nemmeno più ritornare in patria dopo la sua morte: “Né più mai toccherò…” capite?)
Invece niente, o press’a poco niente. Classe maschile al 90 per cento. Una decina di facce atteggiate a conveniente accondiscendenza, ma distanti anni luce, altre cinque o sei abbastanza interessate, altrettante con aria compita ma la testa altrove (pressorè dopo c’è Prosperini: compito di matematica…), in fondo agli ultimi banchi i soliti zaini uso trincea e barricata dietro alle quali succede qualsiasi trasgressione concepibile in ambito scolastico, e poi l’andirivieni al bagno (posso uscire professoressa? scusate ma per voi l’ora di lettere è diuretica? No è che gli altri non ci mandano! Ah, grazie della fiducia allora ).
Comunque la lezione si avvia, e dopo un po’ molti stanno con la testa sulla immortale Antologia Pazzaglia dello Zanichelli editore; e non solo le ragazze (brave porelle, e carine e intelligenti) prendono appunti; ma qualcuno segue davvero, e chiede spiegazioni, e interrogato interloquisce: insomma la lezione salpa quasi felice e veleggia verso Itaca-Zante tra passato e presente, tra illusione e poesia. Tanto che, perfino Andrea, all’ultimo banco dietro la barricata apre un tenue spiraglio e il solito insofferente è quasi rassegnato. Insomma in qualche modo mi seguono tutti più o meno; tutti, tranne quello al terzo banco della fila centrale il perfido Massimo S.
Lui continua a distrarsi, a parlottare, a sgomitare il compagno. Lui mi sfida o meglio non mi si fila per niente
E’ un ragazzo con gli occhiali, i capelli corti color carotene, alto e robusto, ma sempre raggomitolato per cercare di non farsi notare.
Uno organizzato: decide lui quando studiare, infatti amministra (o così vorrebbe) la scuola e l’impegno scolastico, ha l’agenda delle verifiche e si presenta volontario quando ritiene sia il caso per poi pretendere di avere assolto il suo compito.
E’ un tipo che mi fa innervosire perché secondo me lui considera la scuola come lo sportello delle poste: vado, scrivo il telegramma, pago e ritiro la ricevuta. E la ricevuta è la sufficienza anche in Italiano, materia che lui sopporta appena. La cosa che mi fa ringhiare dentro, ma cerco di dominarmi. Quindi lo richiamo, lo sgrido, lo invito a seguire. E lui risponde: “sì sì, seguo”, “Massimo ma come segui se parli?”, “Questa l’ho fatta in terza media, la so a memoria” risponde con impudenza.
Petulante e insopportabile: come può pensare che un testo fatto “in terza media” possa esser stato analizzato e spiegato come si deve fare al triennio delle superiori. (E silenziosamente mi domando : perché? Perché con tanta letteratura disponibile, alle medie si debbono fare gli autori del programma che poi sarà della maturità… a quale scopo?).
Tuttavia proseguo la spiegazione, approfondisco, chiarisco i risvolti storici, i collegamenti classici. Insomma una spiegazione fatta coscienziosamente (Massimo S. se ne infischia e continua; per non far vedere che ride tiene la testa china). Vado aventi: definizione di sonetto e tipi di sonetto; le rime, le assonanze del testo. Il mondo classico nel Foscolo, il richiamo ai temi ortisiani e a quelli dei Sepolcri…
Massimo non cambia atteggiamento, mi sbircia e finge di mettersi serio ma continua, batto la mano sulla cattedra per richiamarlo all’attenzione, annuisce con degnazione, ma prosegue, e io alzo la voce per sottolineare i concetti. Niente. Quasi un duello. A un certo punto vedo che non finge nemmeno più e si distrae completamente. Ho l’antologia in mano; un bel volumone di peso discreto. Il testo lo conosco a memoria ovviamente (e comunque non mi serve per spiegare, ma per indicare le pagine ai ragazzi).
Quindi continuo la spiegazione … “Tu non altro che il canto avrai del figlio … o materna mia terra …”
Vedo che l’ho completamente perso e non resisto per cui d’impulso lancio il libro in volo planare verso Massimo. I compagni dei banchi davanti a lui hanno visto la mossa e si spostano svelti e il libro atterra sul malcapitato colpendolo tra naso e fronte.
Ne segue una scena epica: la classe si rotola dalle risate, qualcuno allibisce, Massimo si alza feroce (per un attimo penso mi voglia picchiare…)
Poi borbotta oscure minacce (genitori, denunce, ritorsioni).
Oggi mi chiedo come mi sia venuto in mente di fare una cosa simile e come ho fatto lanciarmi così sconsideratamente nella sfida. Non è un gesto che avrei potuto giustificare né è stato un atto razionale, misurato e pensato.
A distanza di vent’anni però confesso che mi rivedo con soddisfazione e non solo stupore. Perché so che il gesto, inconsueto e censurabile certamente, era però in piena coerenza con me stessa: con la determinazione a cogliere sempre la loro attenzione, di stravolgere il loro convenzionalismo, di dimostrare che ci vuole anche coraggio, sfida e prepotenza quando si ha in mente di ottenere qualcosa di importante. E per me trasmettere un insegnamento era importante. Era importante far arrivare nella loro testa la letteratura e una poesia: magari non con il libro allegato.
Ma quel che è fatto è fatto.

domenica 2 marzo 2008

CICCIO E TORE : due bambini sbadati

Allineati e coperti, i bambini imparino la lezione.
Dunque l’Italia respira rassicurata: nessuna violenza.
I due fratellini di Gravina hanno avuto un incidente; e di quelli ne capitano tanti: una di quelle fatalità che stavolta è toccato a loro.
I bambini moderni vivono nel miglior paese, nella migliore società e nelle migliore condizioni possibile; infatti tutti si occupano con zelo amoroso di loro; certamente chi disobbedisce corre i suoi rischi.
A 12 anni non si disobbedisce. A 12 anni si è soldatini perfetti.
E quindi se Ciccio e Tore sono finiti nel pozzo e vi sono morti è colpa loro?
E’ possibile. Disobbedienti, ribelli, capaci di sporcarsi i calzoni in una giornata, sempre in giro a giocare, con in tasca palloncini e pennarelli, incapaci di dialogare, di spiegarsi, di adeguarsi alle esigenze di una doppia famiglia che sta affrontando la separazione, la lotta per l’affidamento, lo scontro sulle reciproche accuse.
(E che accuse. Le cronache dei giorni della scomparsa parlavano chiaro.)
Basta con i mostri in prima pagina, il popolo si rassicuri e i bambini non temano: purché, una buona volta, imparino la lezione.
La consegna è : Zitti, fermi, seduti davanti alla tv, coi compiti sempre fatti e i calzoni puliti. Aiutare in casa, dormire presto, lavarsi le orecchie col sapone. E se i genitori hanno i loro problemi cerchino di collaborare e non rompano le scatole.
Altrimenti… attenti a dove mettono i piedi, c'è il pozzo.

mercoledì 27 febbraio 2008

Quei bambini in fondo ad un pozzo - Diritti negati all'infanzia

Poche righe per mantenere vivo il discorso sui bambini, sulla loro condizione, sui diritti negati all'infanzia.

Oggi i soliti programmi televisivi di svago opinionistico intrattenevano (non essendo ancora arrivata la fondamentale notizia dell’esclusione di nota cantante dall’imprescindibile San Remo baudiano) gli spettatori sul ritrovamento dei corpi di Fratellini Pappalardi.
Criminologhi e giornalisti (compreso Luca Giurato...), giuristi allo sbaraglio e pie donne di buone maniere si contrapponevano: il padre è colpevole e innocente? Eh si, Eh già, Eh no...
Le notizie recenti riferiscono che il genitore Pappalardi, alla notizia, abbia detto: “Se c’è un Dio scopriranno la verità! Ora è chiaro che sono innocente!”
Che Dio lo perdoni. Non solo per il bestemmione che gli è sfuggito, ma soprattutto perché i bambini erano a lui affidati e a lui si deve comunque chieder conto del perchè non li ha protetti, custoditi e curati abbastanza da prevenirne la morte. Perchè i bambini non si possono perdere di vista, non si minacciano, non si lasciano abbandonati.
Ma questa pur minima consuetudine di un affetto paterno non è stata concessa a Francesco e Salvatore.
Questo è lo scandalo odioso di cui nemmeno si parla.
Questo dimostra che i diritti fondamentali dei bambini sono in attesa di qualcuno che si occupi di farli rispettare ed attuare: perché la nostra tetra e sterile società è così indaffarata da aver ben altri pensieri.

Francesco e Salvatore Pappalardi di 13 e 11 anni sono stati ritrovati.
Morti e innocenti.
In fondo a un pozzo forse di fame, di freddo, di ferite.
Forse sono morti laggiù dopo 24 o 48 ore di agonia.
Forse invece gettati lì dopo la morte.
Disgrazia o omicidio non sono comunque senza colpevoli.

martedì 19 febbraio 2008

ESISTONO DAVVERO ANCHE I "GENITORI MANNARI"?

Esistono davvero anche i “Genitori mannari?”
“Teheran, 18 feb. - (Adnkronos/Aki) - Sospetta che la figlia, di 14 anni, abbia una relazione con un uomo e, per salvare il suo onore, decide di ucciderla, a colpi di pietra. E' successo in una località deserta in periferia di Zahedan…”
Agrigento, pedofilo resta in carcere "E' stato un raptus, l'ho violentata"L'uomo, secondo quanto emerso dalle indagini, si era presentato in caserma per la firma insieme alla sua piccola vittima. Poi ha consumato la violenza. E' stata la madre della bimba a denunciare l'accaduto ai carabinieri dopo che la bambina tra le lacrime le aveva raccontato tutto. Gli esami medici hanno confermato le lesioni sulla bimba. (Repubblica.it)
Forse non sarebbe necessario citare i particolari di queste orrende notizie già state rese note e amplificate.
E tuttavia mi hanno colpito, appunto, due dettagli.
Nella prima notizia: è proprio il padre a massacrare la figlia lapidandola.
Nella seconda: è proprio la mamma affida una bambina di 4 anni a un uomo, noto pedofilo. Perché?
E come se non bastasse, stando alla seconda notizia, (cito nuovamente perché è incredibile) : l’uomo (pedofilo già processato e condannato) si era presentato in caserma per la firma insieme alla sua piccola vittima.
Aggiungo, ma chiunque legga avrà già capito, una sola considerazione : un pedofilo pregiudicato e con obbligo di firma va in caserma con una bambina e… nessuno alza nemmeno un sopracciglio?
Spero che la notizia sia smentita, altrimenti non abbiamo speranza né per noi, né per le nostre creature.
Il problema pedofilia c’è, ed è un cancro sociale dei più mostruosi, ma di cui si parla pensando che riguardi sempre situazioni lontane. Non è così.

Ma la cosa peggiore è il problema di fondo: stando così le cose i bambini sono cittadini senza diritti.
Ossia non sono tutelati nella realtà effettuale quotidiana e non sono garantiti.
Sono persone, ma dipendono dagli adulti. E le famiglie non sempre sanno o vogliono proteggerli.
Questo è il discorso di fondo: le famiglie sono tutte affidabili, credibili, affettuose, protettive e responsabili? E’ evidente che no.
Le autorità e gli addetti alla sicurezza sono scrupolosi, attenti e severamente vigili come è necessario particolarmente quando si tratta di minori? Evidentemente non abbastanza o non sempre.

Insomma è inutile fare campagne e denunce se non si riesamina a fondo il problema. L’ho già scritto, ma ripeto brevemente: se un insegnante avesse affidato una sua alunna (dai 3 mesi ai 18 anni) a un qualsiasi persona non autorizzata, avrebbe passato guai seri anche se non si fossero verificati danni o violenze, e se invece l’incidente o la violenza fossero accaduti sarebbe finita sotto processo penale.
Invece accade che le violenze, sessuali e non, nascano e si perpetrino nelle famiglie.
Questo significa che si deve vigilare di più e che i bambini vanno tutelati anche al di là della famiglia e anche affiancando le famiglie.
Perché tra un padre che lapida una bambina di 14 anni e una famiglia che affida (spero solo per ignoranza) una bimba di quattro anni ad un adulto pregiudicato pedofilo non c’è vera differenza morale.
Me auguro sinceramente che sia falsa la notizia della presenza in caserma del pedofilo con la piccola innocente violentata. Altrimenti uno Stato che si esprime in tal modo, nella negligenza di addetti disattenti, deve provvedere rapidamente a risolvere i suoi problemi

giovedì 14 febbraio 2008

pedopornografia e pedofilia: fermiamoli


PEDOFILIA E PEDOPORNOGRAFIA : vecchie sciagure del nostro tempo
Mariaserena news - L'opinione personale
Poco fa i telegiornali hanno dato la notizia che un docente universitario è stato fermato al’aeroporto, di ritorno dalla Thailandia, e sorpreso in possesso di materiale pedopornografico con immagini in cui egli stesso era protagonista di abusi verso fanciulli.

Siano vere o presunte le accuse e dimostrata (o meno) la colpa credo che si dovrebbe riflettere sulla specificità del protagonista per stabilire, per il futuro un principio.

Un docente che insegni in scuole di qualunque ordine e grado e che venga riconosciuto colpevole dei reati di abuso sessuale verso bambini e minori, o che sia trovato in possesso di materiale pedo-pornografico deve essere rimosso dal suo ufficio.
Deve pagare la sua pena secondo legge e poi non deve più ritornare né a scuola né all’università.
Lo stesso principio dovrebbe valere per medici, infermieri, personale ausiliario e qualsiasi lavoratore possa trovarsi nelle condizioni di interagire con bambini o giovani.
Affermo che lo stesso principio deve valere anche per docenti universitari che spesso hanno grande influenza sull’orientamento del pensiero e delle opinioni degli studenti: a meno che non si torni a sostenere (come mi accadde di ascoltare ad un convegno al CNR) che pedagogia e pedofilia sono affini, anzi disse esattamente : "La pedofilia è un aspetto della pedagogia".
Ricordo bene il nome del relatore che fece quella sciagurata osservazione, ma non lo rendo noto solo perché, disgraziatamente, non ho altre prove oltre alla mia testimonianza. Ricordo benissimo le sue parole di cui fui l’unica a scandalizzarmi: era l’anno 1984: evidentemente quel seme malvagio, che esiste da troppo tempo, ha prosperato e si è diffuso indisturbato.
Ma adesso basta. Cerchiamo di fermarlo.

martedì 22 gennaio 2008

Un contributo del blogger FRANKRAMSEY

Frank Ramsey, matematico
Questa non è una pagina di analisi politica. Faccio solo delle osservazioni sulla situazione economica nazionale ed internazionale.
La crisi delle banche americane che offrivano mutui immobiliari senza una adeguate garanzia di rimborso ha determinato una perdita del sistema bancario internazionale molto consistente per cui si è ridotta la capacità di offrire alla clientela finanziamenti di qualsiasi genere. Si tratta cioè di una contrazione della capacità di credito oggettiva. A questa si aggiunge, come sempre accade dopo un periodo di euforia finanziaria, una stretta sulle condizioni per fare nuovo credito con una conseguente riduzione soggettiva del credito.
Le banche sono tra loro intimamente interconnesse per cui la contrazione della capacità di credito sul mercato americano determina una contrazione per tutte le banche del mondo. Questa riduzione può essere più o meno forte, ma è certa. Allo stato attuale la libertà con cui si muovono i capitali ha impedito di fare la somma delle perdite e stabilire a quanto ammonta la perdita totale in ambito mondiale.
Questo è un problema serio, ma non è il solo. Il rastrellamento di risorse da parte degli Stati Uniti per condurre le guerre in Irak ed Afganistan e le necessità di finanziare le spedizioni in appoggio degli USA da parte degli alleati NATO ha creato una naturale riduzione delle risorse da destinare al credito.
La guerra, come è sempre stato, ha determinato una tendenza inflattiva in quanto utilizza risorse solo per attività distruttive e non di reddito (almeno finché la guerra non consenta un rientro dell'investimento per razzie o prelievo di risorse dai vinti).
Questa inflazione che si è sviluppata negli Stati Uniti è stata interpretata dal Presidente della FED come un pericolo per la stabilità monetaria da contrastare con un aumento dei tassi di interesse americani che a loro volta hanno trascinato i tassi di tutto il mondo al rialzo.
Pertanto oltre alla contrazione delle disponibilità del credito si è è avuto un aumento del costo del denaro con ulteriore riduzione della possibilità da parte degli operatori di accedere a capitali di prestito.
Non faccio questa analisi per esaminare le cause della recessione in atto, ma per comunicare che ci sono per noi europei degli strumenti per riprendere il cammino dello sviluppo economico e rendere migliore la vita dei nostri concittadini.
Nel 2006 la Comunità Europea ha costituito un formidabile strumento di sviluppo economico per gli operatori economici delle micro imprese e delle piccole e medie imprese.
Si tratta di una partecipazione al capitale di rischio delle imprese che fanno investimenti di circa il 25% del programma di spesa, un fondo di garanzia sui prestiti con fondi della Banca Europea degli Investimenti per un totale di 11 miliardi di euro da erogare tra il 2007 ed il 2013. Poiché la Banca Europea per gli Investimenti finanzia il 50% dei programmi di spesa questa è una ulteriore provvista finanziaria utilizzabile e considerando che le imprese devono apportare solo il 25% del costo del progetto si sono predisposti, senza problemi di carenza di provvista di fondi, finanziamenti alle piccole e medie imprese per oltre 35 miliardi di euro in 7 anni.
Il problema è che questi fondi in Italia devono essere gestiti dalle Regioni e solo la Lombardia ha sottoscritto la convenzione con la Comunità Europea. Altre Regioni ci stanno lavorando. Altre ancora la ignorano.
Ma i fondi europei se non vengono da noi utilizzati vengono presi da altri stati europei che li richiedono e noi li perdiamo.
Ricordiamo che la legge 488 per lo sviluppo economico con fondi comunitari fu approvata nel 1992 e il primo utilizzo fu nel 1996. Se le Regioni opereranno con i tempi dello Stato, è sicuro che perderemo quasi tutti questi fondi per lo sviluppo economico.
L'occasione è buona in quanto in questo inverno della recessione si devono effetture quegli investimenti che alla primavera della ripresa determineranno uno sviluppo economico consistente e tale da far riprendere alla maggior parte degli italiani la strada della fiducia nel futuro.
Tutto dipende dagli organismi burocratici delle Regioni che devono sottoscrivere una convenzione e definire l'organismo finanziario che farà le istruttorie per l'accesso a questi fondi.
Se perdiamo questa occasione non potremo che confermare il giudizio del Financial Times che siamo il paese peggio governato d'Europa.
Spero proprio che quella sia un infelice giudizio di un concorrente economico e non l'iscrizione sulla pietra tombale della nostra economia.
Un motivo di pessimismo mi è dato dal racconto di un dirigente in pensione (da più di 20 anni) di una primaria banca italiana che si era recato dall'allora Presidente della Campania per illustrargli la possibilità di fornirgli i finanziamenti della Banca Europea degli Investimenti per finanziare la parte non coperta dai fondi strutturali comunitari per i progetti dello smaltimento dei rifiuti. I progetti finanziati dalla Comunità europea erano di 13 inceneritori, numerose discariche, sistemi di raccolta differenziata e così via. Un programma simile a quello (realizzato) dalla Lombardia.
La burocrazia regionale fece scadere i fondi comunitari che non vennero più riproposti dalla UE. E adesso la Campania si trova in questa situazione.
Speriamo che sia un esempio che non verrà più seguito.
N.B. : il fondo di garanzia è un fondo che in caso di insolvenza del debitore rimborsa la banca creditrice di capitale e interessi per un importo variabile dal 50% al 100% della perdita.
Permette ad imprenditori che non abbiano garanzie adeguate per la banca di accedere al credito.


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mercoledì 16 gennaio 2008

DIECI ARGOMENTAZIONI LOGICHE su BENEDETTO XVI e gli "SCIENZIATI" della SAPIENZA

CITAZIONE d'AUTORE sulle NOTECELLULARI
Il Blogger FrankRamsey
htpp://FRANKRAMSEY.splinder.com
in un mirabile esercizio di logica confuta le 10 principali affermazioni di coloro che ritengono eticamente corretta la censura di Benedetto XVI.
da http://pratico.splinder.com/
(si ringraziano il sito del PRATICOMONDO e FRANKRAMSEY per la cortese collaborazione)

1) Il Papa non è un accademico di fama
Il Papa è un accademico di fama per la definizione stessa di fama e di accademico. Se non si condivide il suo pensiero questo non significa che si debbano cancellare le definizioni. Questo è il solito giochetto di chi ha torto e cerca di cambiare le regole del gioco per avere ragione. Ricordiamo che il medioevo è stato, in Italia, un periodo storico molto lungo e fucina di idee che ha fortemente inciso sui periodi storici successivi che, con una definizione molto approssimativa, vengono considerati non oscurantisti. Le cose stanno in un modo molto più complesso. Nel medioevo troviamo anticlericalismo, sette integraliste (condannate dalla Chiesa come eretiche) che compivano massacri nei confronti di chi non aderiva, scienziati che facevano studi che si possono considerare moderni e ciarlatani. Tutto ciò proprio come adesso. Ad esempio ciarlatani sono quelli che affermano che occorre studiare le cellule staminali da embrione per curare malattie genetiche. Se avesse la cura di sentire esperti del settore saprebbe che: allo stato attuale solo da staminali da adulti si sono ottenuti risultati, che questa ricerca è osteggiata dalle società farmaceutiche, che l’uso di cellule da embrioni fin ora non ha portato nessun vantaggio se non una riduzione della spesa nella conservazione degli embrioni utilizzati. In fondo si tratta della solita storia: si fa quello che conviene all’industria, ma non ai cittadini. Non mi sembra che il suo pensiero possa essere considerato superiore ad un qualunque Buttiglione, soprattutto considerando che non si schioda dal medioevo.

2) il processo a Galileo
Personalmente, per i guasti che ha fatto, la condanna a Galilei l’avrei fatta più pesante. Purtroppo solo nel XX secolo, grazie a logici matematici come Frank Ramsey e Ludwig Wittgenstein abbiamo capito quali errori e contraddizioni derivino dalle teorie di Galileo. All’epoca dei fatti già si subodorava l’imbroglio nel fatto che le leggi fisiche venivano derivate tramite un sillogismo errato: dal particolare all’universale, quindi se si commette un errore può essere dimostrato tutto ed il contrario di tutto.

3) la Chiesa nega l'evoluzionismo
Anche questa è una conseguenza delle idee di Galileo che, pensando il mondo in forma deterministica credeva di dimostrare che Dio non esiste. Per fortuna questo problema è aperto: nessuno può dimostrare che Dio esiste o che non esiste. Dico per fortuna perché nell’uno o nell’altro caso si farebbero polpette di chi non crede alla dimostrazione.

4) Il Papa agita ferocemente lo spauracchio del relativismo come fosse una clava
Il relativismo è lo strumento per cancellare regole del gioco facendo finta di stare al gioco. Mi spiego: tutti sono liberi di fare le loro regole e di attenersi ad esse. Ma se queste sono contraddittorie non si può far finta di niente. Il relativismo è una forma di violenza esercitata contro chi vuole attenersi a delle regole e viene costretto, con la forza o a persuasione ad attenersi a regole in contrasto con quelle che ritiene giuste per conformismo o convenienza. Mi sembra che battersi contro il relativismo sia proprio una battaglia per la libertà.

5) il Papa si oppone alla ricerca scientifica in campo biomedico
L’opposizione a certe ricerche in campo biomedico è essenzialmente un difendere chi non può difendersi (gli embrioni non hanno sindacati o partiti politici).

6) il Papa professa infondate teorie sulla nascita della vita
Le teorie scientifiche (se galileiane) sono costantemente soggette a revisione (per passaggi dal particolare all’universale: cfr il gioco della logica di Lewis Carrol). Quindi anche il Papa ha diritto a fare le sue teorie visto che ne fanno tante i cosiddetti scienziati. E non è detto che siano infondate visto che i preti di logica ne capiscono perché la studiano in seminario.

7) Il Papa rifiuta di accettare i necessari sistemi di limitazione delle nascite e di protezione dalle infezioni di natura sessuale...
I sistemi di limitazione delle nascite sono un portato della filosofia liberale dell’ottocento, condannata dalla Chiesa, in quanto partendo dal presupposto che occorre arricchire i ricchi per far mangiare i lavoratori comportava la necessità di limitare le nascite per evitare che una popolazione giovane e povera si ribellasse al potere economico composto per lo più da vecchi ricchi, viziosi e prepotenti. Il contenimento della popolazione è uno dei motivi dell’invecchiamento e del declino della società occidentale. Mi sembra che se tutti avessero pari opportunità e il modello di sviluppo non fosse quello di cercare di accaparrarsi i mezzi di produzione non si porrebbe nemmeno il problema di contenere le nascite.

8) Il Papa attenta alla laicità dello stato con la propria ingerenza...
Non ho mai visto il papa che mandasse cecchini o autobombe per fare propaganda. Piuttosto sembra che la sua grande cultura e la difficoltà di trovare nel cosiddetto mondo laico interlocutori in grado di parlare al suo livello ha generato il panico nei radicali. E si tira fuori l’ingerenza o lo si costringe a non parlare alla Sapienza.

9) il perseverare della tesi secondo la quale l'omosessualità...
Penso che non sia un reato avere l’opinione che certe situazioni siano considerate disordini. Alcuni non sono d’accordo, padronissimi. Qui si considera che non è lecito avere certe opinioni e ciò è in spregio alle libertà riconosciute dalla costituzione. Lasciamo perdere le teorie “scientifiche” per quanto sopra detto.

10) l'aver aggiunto anche la perla secondo la quale gli animali non hanno l'anima...
Non credo che sia contro ragione pensare che gli animali non hanno anima, per gli atei non l’avrebbero neppure gli uomini. Non credo che nessuno possa dare dimostrazioni scientifiche in merito. L’opinione su fatti incerti è lecita. Se i temi di un dibattito dovessero essere questi penso che sarebbe tempo perso fare un dibattito per totale carenza di informazioni e adesione a idee già dimostrate fallaci, oltre alla totale carenza di informazioni nel campo della logica moderna.
FRANKRAMSEY




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Il futuro della scuola - Una nota antipatica


In Ialia si sono dimenticati di progettare la scuola?
Facciamo una semplicissima ipotesi per immaginare e prevedere quanto potrebbe realisticamente accadere entro i prossimi 4-6 anni nella scuola elementare dell’obbligo.
Partiamo dalla realtà delle contestazioni a Letizia Moratti (ex Ministro della Pubblica Istruzione) per le nuove regole realtive alle iscrizioni nei nidi e nella scuola materna del Comune di Milano
Integriamo i dati suddetti con una elementare riflessione sulla situazione parallela nelle scuole private e nell’asilo famigliare (quello gestito da giovanili nonni sull’orlo di una crisi da prestazioni extra-età).

Andiamo con ordine.
A)Prendiamo a riferimento 2 graduatorie (scelte casualmente) di bimbi ammessi nel comune di Milano zona 1 (centro)
I esempio : 9 domande: ammessi 5 di cui 3 con cognomi stranieri 2 italiani. Non ammessi 4 italiani
II esempio: 18 domande: ammessi 11 di cui 5 con cognomi stranieri 6 italiani. Non ammessi 7 italiani

B) Abbiamo un totale di ammessi 18 ammessi di cui 10 bambini non italiani e 8 bambini italiani

C) Solitamente gli ammessi precedono i non ammessi anche in considerazione di un reddito più basso (deve essere presentata “dichiarazione ISEE del nucleo familiare utile al fine di ottenere un punteggio più favorevole in graduatoria e calcolare correttamente il contributo relativo alla refezione scolastica” (CIRCOLARE n.20 del 17 dicembre 2007)

D) Gli 11 bambini italiani non ammessi probabilmente frequenteranno le scuole private (o i nonni) e vivranno in una realtà famigliare o scolastica a cui i piccoli non italiani o con situazioni economiche svantaggiate non hanno motivo di accedere.

E) I 18 bambini ammessi appartengono necessariamente a realtà socio-culturali caratterizzate da; richiesta di integrazione, eterogeneità, reddito medio o basso; può inoltre accadere che la loro situazione famigliare sia di svantaggio o con difficoltà. Ed è sacrosanto favorirne ancora di più l’integrazione.

Abbiamo dunque : 18 bambini “comunali” e 11 “privati”.
Perché gli 11 bambini “privati” sono stati esclusi? Perché le loro famiglie pagano tasse più alte?

Quando questi mini-scolari confluiranno insieme nella scuola dell’obbligo, dove finalmente tutti potranno avere libero accesso, si formeranno nuove classi nelle quali alcuni (i comunali) chiederanno probabilmente di essere ammessi rimanendo ancora insieme, nelle stesse classi (col gruppo di origine) mentre gli altri, di necessità, entreranno … casualmente ed in ordine sparso.
Il nucleo, il nocciolo della classe sarà dunque formato da un gruppetto di bambini con esperienze simili e affinità varie, mentre tutti gli altri dovranno integrarsi.

Questo non va. Tutti i bambini hanno diritto al nido e alla scuola. Tutte le famiglie hanno esigenze di lavoro. Tutti i cittadini sono uguali e con gli stessi diritti. Perché accusare Moratti di togliere il nido e la materna solo quando questo accade a famiglie non in regola e non regolarizzabili? Perché si omette di ricordare tutti gli altri (circa un terzo) che non hanno avuto accesso al servizio comunale?
E perché non si valutano le conseguenze socio-affettive e didattico-pedagogiche, già problematiche, dell’attuale situazione che è già in evidente equilibrio molto precario?
Ci troviamo a rimpiangere la scuola postunitaria del libro Cuore, e in particolare la classe del protagonista, Enrico dove sedevano negli stessi banchi il figlio del carbonaio, dell’avvocato, del ferroviere, dell’impiegato, del muratore. E dove perfino l’infame Franti aveva il suo posto tra i compagni.
La scuola postunitaria ha riconosciuto diritto alla scuola elementare per tutti.
E siamo fermi ancora là.
Infatti non abbiamo ancora ottenuto che lo stesso diritto sia esteso alle materne e ai nidi in favore di tutte le famiglie che ne facciano richiesta. Ma quanto, da allora è cambiata la società, la vita delle famiglie e il ruolo femminile?

giovedì 10 gennaio 2008

Nidi e Scuole Materne - Fioroni attacca Moratti: ed è subito fumo


FIORONI TUONA CONTRO MORATTI: ed è subito fumo
Curioso e tempestivo l’eroico furore di Fioroni contro Moratti.


Curioso, tempestivo e pro domo sua.
Da cosa e da dove parte l’educazione alla legalità per Juan Miguel, Ken Evan, Pinto, Shane Chathuka, Kesha, Kahadija, Mohamed, Jahin?
Chi mai si sognerebbe di negare a questi fanciulli il diritto alla scuola?
E infatti i nomi dei bimbi che ho trascritto sono leggibili, insieme a tanti altri, negli elenchi delle graduatorie definitive degli ammessi ai Nidi d’Infanzia 2007-2008 del Comune di Milano.

http://www.comune.milano.it/portale/wps/portal/CDM?WCM_GLOBAL_CONTEXT=/wps/wcm/connect%2Fcontentlibrary%2FHo+bisogno+di%2FHo+bisogno+di%2F&categ=IT_CAT_Bisogni_11_01&categId=com.ibm.workplace.wcm.api.WCM_Category/IT_CAT_Bisogni_11_01/5e3b3300446e01b6bb21bbd36d110d8a/false
CAT_Bisogni_11_01/5e3b3300446e01b6bb21bbd36d110d8a/false

Anche una lettura veloce (ma assai istruttiva) degli elenchi evidenzia la percentuale spesso superiore al 50% di bimbi non italiani. E l’elenco è bellissimo, e preso così fa allegria. Io immagino con tenerezza quei piccolissimi frequentanti tutti diversi e tutti uguali che giocano insieme nel nido.
Ma ci sono anche gli esclusi. E ce ne sono sia tra i nomi e cognomi stranieri sia, molti, tra quelli italianissimi. Il nido è certamente un diritto di tutti i bambini di tutte le famiglie che ne hanno necessità o che lo considerino importante per i loro figli.
L’ottusità impedisce di capire, la strumentalizzazione gonfia e fa confusione, l’arroganza solleva comodi polveroni che nascondono la verità.
Letizia Moratti ha il coraggio delle decisioni scomode e dell’immagine non accattivante.
Ma non è lei che esclude i bambini dal nido.
I nostri bimbi, (figli e nipoti) sono esclusi regolarmente da graduatorie comunali che non riescono ad accoglierli tutti.
Non ci sono abbastanza nidi e scuole materne, questa è l’odiosa verità.
E le famiglie escluse si debbono caricare la spesa delle scuole private, questa è l’amara realtà. Famiglie non abbastanza “povere”, madri non abbastanza “lavoratrici”, coppie non abbastanza disastrate si vedono negare il nido. Una realtà che dura da anni.
Senza che il dottor eclettico Fioroni abbia battuto ciglio né piegato il pincenez per buttar l’occhio sulle graduatorie.
Ora Moratti fa un’azione di anti-immagine ed è anche troppo facilmente contestabile.
La conseguenza è che pomposamente si sciorinano tutte le intrepide crociate dei nullafacenti, di quelli che parlano solo per essere approvati, e annuiscono solo per essere ricambiati.

Moratti ha tentato di restituire legalità ad una situazione già di per sé odiosa e difficile. Tutti sanno che evasori organizzati e lavoratori in nero risultano nullatenenti indipendentemente dalla nazionalità ed entrano più facilmente nelle graduatorie: ma parliamo comunque di una guerra tra poveri.
Nessuno neghi il nido, la scuola materna e quant’altro serve a una serena crescita dei bambini. I bambini sono un tesoro di tutti. Non accorgiamocene solo quando si tratta di dire belle frasi come queste a pronto effetto.
Ricordiamocelo anche tutte le volte che i riflettori non si accendono dai salotti mediatici e dai canapè country delle amiche del cuore.
E ricordiamocelo per tutti i diritti di tutti i bambini: compresi di quelli che crescono a Pianura, tra miasmi (che puzzano) e diossine (che uccidono).
La scuola non è sacra solo quando fa comodo.
E poi smettiamola con questo lessico dal sacrestia anni cinquanta: la scuola non è sacra; è un elementare ovvio diritto anche per una coppia (italiana o non) da 1500 euro al mese guadagnati in due: mutuo/affitto, vitto, spese, debiti, medicine e affini compresi (a cui aggiungere spericolatamente la retta scolastica privata).
Fioroni si rimbocchi dunque le maniche invece di minacciare e sbraitare vanamente.

mercoledì 9 gennaio 2008

Quando ci si capisce, è scuola - Michele Lapiccirella

Michele stava seduto all'ultimo banco fila centrale: anzi mi pare che in terza avesse esordito come primo banco nella fila laterale sinistra, vicino alla finestra seduto accanto a Fiorino, ma poi Fiorino legò con Lucia e si misero insieme e Michele migrò. Se ricordo male lui mi correggerà, perchè non è uno che lascia correrre.
Però dal suo ultimo banco aveva guadagnato uno spazio maggiore di autonomia e osservazione. Dicono che i Prof vanno a simpatia. Definizione strumentale; perchè se io fossi andata a simpatia non solo lo avrei lodato sperticatamente ogni minuto, ma non gli avrei mai rotto le scatole con i miei predicozzi. In realtà con alcuni ragazzi si stabilisce un rapporto di comprensione, di empatia naturale che assomiglia a una corrente. E questa corrente scorre fluida e felice, per cui ci si può anche contestare e scontrare, ma sempre rafforzando il legame.
Michele era considerato da qualche sussiegosa, collega, pomposamente corretta e presa dal suo ruolo, un solenne rompiscatole. Ma per me questa era una vera qualità, perchè lui non era mai banale, mai lecchino (anzi era un provocatore nato), mai secchione, mai servile, mai con la schiena piegata. Tranne quella volta che la piegò fisicamente: ossia entrò in aula e si mise seduto come al solito, ma dopo cinque minuti si accasciò e si mise a dormire con la testa sul banco. Si svegliò (con lo sguardo ancora perso nel sogno, ma un po' mortificato) solo alla campanella. Poi seppi dal collega B. di Educazione Fisica, che il rompiscatole aveva lavorato fino a tardissimo, e non era un evento eccezionale, per collaborare con lui nel predisporre una manifestazione sportiva per portatori di handicap (pallacanestro per disabili).
Insomma Miche era uno curioso, polemico e domandoso. Aveva un fantastico cane di nome da vero uomo: Guido (non Fuffi, Jason o Joker). Leggeva giornali e libri, aveva idee politiche discretamente accese, sue proprie, elaborate e fondate. Le colleghe pomposamente corrette gli preferivano studenti correttamente falsi, e senza pensiero. Alunni che di fronte al tre o al quattro strisciavano implorando un'altra possibiltà. Intendiamoci, non dico che la seconda possibilità (o la terza o la quarta) non debbano esser chieste con civile e compunta educazione; ma nemmeno lasciando striscie di bava gorgogliante sui banchi e sui pavimenti. E io detesto la bava. Michele non strisciava, non protestava: incassava ma si imbufaliva; e gli lampeggiavano gli occhi neri. In più sulla felpa portava la kefià. Ihhh che paura. Lui mi ha sempre sopportato e dialogato con la mia visione democratica, ma non anticlericle (nella quale lui invece sguazzava felice) e ci siamo capiti.
Quando ci si capisce, appunto, la scuola è servita.
Perchè ne parlo all'impefetto? Perchè Michele era un mio alunno, e io ero la sua prof. Mentre adesso Michele è un mio collega e insegna lettere. Lui dice che non siamo colleghi (rompe, rompe...) perchè sono andata in pensione proprio mentre lui è entrato in servizio. Embè?
Intanto io sono una-profi-per-sempre, (come i preti e i diamanti) e poi l'importante è che la corrente continui. E che in cattedra ci vadano, finalmente, quelli giusti. Come Michela Lapiccirella. Evvai Michè!
(La tua tesina su Intellettuali e fascismo credo di averla ancora)

lunedì 7 gennaio 2008

EBook - La classe non è doc - Mariaserena Peterlin

clicca qui
"La classe non è doc" eBOOK -
scaricabile dal sito Lulu.com, alla pagina
Maria Serena Peterlin libri ed eBook

“La classe non è .doc” parla di ragazzi e di scuola, di insegnanti, di dirigenti e della quotidiana vita scolastica. Racconta solo fatti accaduti e persone reali. Non è un’opera di fantasia, però mi sono presa la libertà di interpretare ciò che ho raccontato.
Potrebbe essere definito un diario, anche se non ho registrato sistematicamente giorno per giorno fatti e pensieri.
Ho cominciato quasi per caso: non pensavo a un libro o a un romanzo.
Come insegnante di lettere nel triennio di un Istituto Tecnico di Roma-Eur avevo avuto una terza classe maschile, considerata da tutti come la peggiore di sempre. Ma quella sfida è stata la più interessante e coinvolgente della mia vita di insegnante.
Scrivevo per esprimere le mie riflessioni e qualche contestazione, la passione e l’amore per l’insegnamento, ma anche l’insofferenza e la delusione verso molte situazioni che non riuscivo a condividere e ad accettare. Ho continuato a scrivere e, mentre avevo sempre maggiore motivazioni nel lavoro in classe, trovavo sempre più difficile parlare con alcuni colleghi.
I ragazzi della classe protagonista del mio scritto hanno saputo (non da me) che scrivevo di loro, ma hanno avuto in lettura il testo solo al termine del triennio e dopo la maturità. La loro gioia, l’emozione, l’entusiasmo con cui si sono riconosciuti in ciò che avevo elaborato mi hanno reso felice. Potrei citare le loro lettere, gli sms, le frasi che mi hanno detto, ma ne sono gelosa.
Il passaggio dal file di Word alla realizzazione dell’e-Book è stata opera del team del sito del Praticomondo: è stato interessante affidare ad altri giovani non solo la parte informatica, ma anche la scelta della grafica e della struttura dell’opera. La formula e-Book multimediale ha reso l’insieme molto più vivace perchè ha semplificato la consultazione (che non è rigida), ed abbiamo potuto aggiungere molte foto dei miei ragazzi e qualcuna che racconta anche di me.
Il risultato è ora sul web. Libero e gratuitamente fruibile.
Tenterò una schematica spiegazione delle convinzioni su cui si basa l’e-Book.
All’insegnamento si arriva per tante strade, e nemmeno io ci sono arrivata in prima battuta da neolaureata: però, senza mezzi termini, credo che insegnare senza amare questo lavoro sia colpevole e disonesto.
Nel corso degli anni ci siamo tutti lamentati del fatto che il “livello degli studenti” si abbassava; pochissimi però hanno voluto ammettere che (prima) si era abbassato anche il livello dell’insegnamento.
Insegnare stanca è il titolo di un libro molto interessante di Ossola-Bertinetto del 1982: aggiungerei che anche “imparare e studiare è, per chi vi si impegna, faticoso”. Ed è ancora più faticoso quando gli insegnanti sono meno motivati e coinvolgenti e da quando è diventato evidente che il termine degli studi non apre più la strada del lavoro.
C’è un altra questione fondamentale: la scuola esiste per tutti; però alcuni ragazzi hanno alle spalle famiglia e cultura, altri hanno astuzie e strategie socio-culturali, altri hanno esperienze evolute, altri sono, uso con affetto queste espressioni anche nel libro, ruspanti, non bio-tech, non protetti. Io credo che la loro aggressività, la cosiddetta indisciplina o la maleducazione, il piccolo bullismo (non parlo di fenomeni di delinquenza vera, che peraltro sono, nonostante il clamore mediatico, eccezioni) sono punti di debolezza, sono carenze sulle quali si deve intervenire, sono una sfida a cui l’insegnante non dovrebbe sottrarsi.
Prima di iniziare a distribuire nozioni e concetti è dunque fondamentale conoscere la classe.
E ogni classe è un fenomeno a sé, è un reticolo vivo e interattivo, a volte renitente e insolente.
Purtroppo accade che gli insegnanti non conoscano abbastanza i loro alunni o non si pongano il problema, accade che affermino: “Sono qui per insegnare e se loro non seguono sono affari loro, il mio lavoro è spiegare e non fare lo psicologo”.
Ma la psicologia non c’entra e non è una giustificazione.
Inoltre può accadere che i dirigenti chiedano voti e disciplina e non interventi educativi.
Però la magia dell’insegnamento è anche questa: una volta chiusa la porta dell’aula siamo di fronte ai nostri ragazzi, ai loro occhi e ai loro sentimenti; e se vogliamo, se ci mettiamo in gioco, se non alziamo barriere, tutto può ancora accadere.

Il titolo “La classe non è .doc” è nato come nome di un file di word che stavo salvando. Avevo scritto “La classe”, ma quando ho visto apparire il suffisso “.doc” ho sorriso; la mia classe era tutto, meno che un prodotto “doc”, e così ho aggiunto “non è”; il nomefile “La classe non è .doc” era molto più adatto, e tale è rimasto anche per altri motivi.
Il primissimo file conteneva dei giudizi che avevo scritto sui ragazzi quasi per gioco.
Nel nuovo esame di Maturità l’ammissione si basa sulla media aritmetica delle medie dei voti (scritti e orali, conteggio di crediti e debiti etc) mentre per decenni avevamo elaborato giudizi di ammissione. Per me redigere i giudizi era una prassi acquisita e quasi divertente. Avevo pensato: e se scrivessi come li vedo davvero questi ragazzi? Lo feci. Si trattava di giudizi liberamente ideati: atipici e anticonformisti; scritti ironicamente e più per mettere in luce il carattere, il comportamento, le attitudini e, diciamola tutta, l’umanità naïf e provocatrice; però evidenziavano anche la spaccatura, non priva di drammaticità, tra la realtà studentesca in senso sociale, affettivo e umano (lasciamo in questo frangente in ombra quello culturale) e la scuola solennemente declamata o genericamente ideata nei luoghi deputati della politica scolastica. Mentre li scrivevo constatavo quanto lontani fossero non solo i soloni dell’istruzione, ma anche i mass media, gli opinionisti e le stesse buone famiglie dalla nostra realtà di docenti alle prese con il problema quotidiano dell’istruzione e dell’educazione. Molti infatti non si rendono conto dello sgomento che un bravo e buon insegnante affronta nell’impatto con LA CLASSE. La domanda più pressante infatti è: “…e con questi da dove comincio?”
Il libro è nato così, e dai giudizi sono passata a raccontare la vita nella mia scuola: per descriverla dal di dentro, per raccontare come siamo noi e come sono loro, i ragazzi. È nato per amore verso questa professione che considero bella e in un certo senso fatata; una professione che rende la vita degna e nobile, un lavoro reale e costruttivo del quale non possiamo fare a meno né come individui né come cittadini, né come società. Una professione faticosa e seria, ma senza potere, senza monetizzazione credibile, senza ipocrisie e che dovremmo tutti rispettare. Noi insegnanti per primi.
Ho sempre detestato i cosiddetti “asinari” o “stupidari” scolatici: raccolte di bestialità e di orrori detti un po’ per ignoranzam, un po’ per ingenuità dai nostri ragazzi e golosamente collezionati e raccolti da qualche insegnante non degno del nome. Non mi sono mai piaciuti anche perché se, per contro, i ragazzi avessero pubblicato le asinerie o le isterie dei prof (che collezionano e raccolgono ora su Youtube, ma da sempre sui loro quaderni e diari) probabilmente la classe docente ne uscirebbe pestata e sconfitta da un punteggio in qualche caso umiliante.
Infine mi sono tolta qualche sassolino. Sono stata a volte considerata troppo materna dai colleghi. Questa è stata la critica che mi ha dato più fastidio in assoluto. Una modalità di apertura rispettosa e affettuosa verso i ragazzi non ha niente a che vedere con la maternità. Ribadisco anche nel libro la mia convinzione che l’unica modalità nella quale l’insegnamento trova un senso autentico è quella del dialogo. Insegnare è dialogare: non è semplice e ci mette di fronte a noi stessi fino in fondo. Ma è la specifica dignità del maestro degno di stima.
Ho parlato della scuola rappresentandola dal mio punto di vista.
Non è materiale per una fiction. Di quelle ce ne sono anche troppe.Mariaserena Peterlin Libri ed eBook

venerdì 4 gennaio 2008

Nota cellulare intransigente su musica e poesia

Si legge e si ascolta di tutto. E va bene così. Vi sono sollecitazioni, stimoli, blandizie, ammiccamenti, lusinghe che possiamo ammettere o sopportare evitando di sprecare cannonate per le mosche; vi sono anche commozioni facili, che agilmente trascinano ed entusiasmano e fanno dire: bella musica, grande poesia.
Allora mi permetto di dire una cosa che penso da tanto tempo, ma mi va di dire oggi perchè inizia un nuovo anno. La musica grande e vera, così come la poesia grande e vera possono permettersi qualsiasi argomento, possono incoronare la trasgressione, possono sfidare le regole e il gusto tradizionale.
Ma la lacrimuccia sentimentale no; la trivialità buffonesca no; il risciacquamento gastro-intestinale no; il relativismo pseudo artistico no; la mercificazione del reciproco consensuale apprezzamento no; hanno altre mete e non devono essere deviate da quelle.
Un esempio? Hanno mandato su Mtv poco fa un vecchio un concerto dei Queen: alla fine Freddie Mercury compariva con la corona regale, paludato di velluto ed ermellino e con un lungo mantello-velo bianco: trash? trasgressione? kitsch? eccesso? esibizionismo? Forse un mix tutto questo: però fino ad una frazione di secondo prima grandissima musica, ritmo, voce, intonazione, invenzione. E allora si deve accettare che l'artista giochi anche con il travestimento della corona e l’inno della regina.

Ma i liberi-belati della pseudo musica e della pseudo poesia non chiamiamoli arte. Nessuna corona per loro.
La tv? L'ho spenta


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