chi sono

Sono Maria Serena, ho insegnato letteratura italiana. Oggi scrivo e sono qui per riflettere, dialogare raccontare. I miei interessi sono rivolti alla comune condizione umana, anche quella raccontata dalla letteratura. Vorrei partecipare alla costruzione di un pensiero nuovo e diverso, fondato su radici antiche, che riconosca uguaglianza e giustizia a tutti.

martedì 22 gennaio 2008

Un contributo del blogger FRANKRAMSEY

Frank Ramsey, matematico
Questa non è una pagina di analisi politica. Faccio solo delle osservazioni sulla situazione economica nazionale ed internazionale.
La crisi delle banche americane che offrivano mutui immobiliari senza una adeguate garanzia di rimborso ha determinato una perdita del sistema bancario internazionale molto consistente per cui si è ridotta la capacità di offrire alla clientela finanziamenti di qualsiasi genere. Si tratta cioè di una contrazione della capacità di credito oggettiva. A questa si aggiunge, come sempre accade dopo un periodo di euforia finanziaria, una stretta sulle condizioni per fare nuovo credito con una conseguente riduzione soggettiva del credito.
Le banche sono tra loro intimamente interconnesse per cui la contrazione della capacità di credito sul mercato americano determina una contrazione per tutte le banche del mondo. Questa riduzione può essere più o meno forte, ma è certa. Allo stato attuale la libertà con cui si muovono i capitali ha impedito di fare la somma delle perdite e stabilire a quanto ammonta la perdita totale in ambito mondiale.
Questo è un problema serio, ma non è il solo. Il rastrellamento di risorse da parte degli Stati Uniti per condurre le guerre in Irak ed Afganistan e le necessità di finanziare le spedizioni in appoggio degli USA da parte degli alleati NATO ha creato una naturale riduzione delle risorse da destinare al credito.
La guerra, come è sempre stato, ha determinato una tendenza inflattiva in quanto utilizza risorse solo per attività distruttive e non di reddito (almeno finché la guerra non consenta un rientro dell'investimento per razzie o prelievo di risorse dai vinti).
Questa inflazione che si è sviluppata negli Stati Uniti è stata interpretata dal Presidente della FED come un pericolo per la stabilità monetaria da contrastare con un aumento dei tassi di interesse americani che a loro volta hanno trascinato i tassi di tutto il mondo al rialzo.
Pertanto oltre alla contrazione delle disponibilità del credito si è è avuto un aumento del costo del denaro con ulteriore riduzione della possibilità da parte degli operatori di accedere a capitali di prestito.
Non faccio questa analisi per esaminare le cause della recessione in atto, ma per comunicare che ci sono per noi europei degli strumenti per riprendere il cammino dello sviluppo economico e rendere migliore la vita dei nostri concittadini.
Nel 2006 la Comunità Europea ha costituito un formidabile strumento di sviluppo economico per gli operatori economici delle micro imprese e delle piccole e medie imprese.
Si tratta di una partecipazione al capitale di rischio delle imprese che fanno investimenti di circa il 25% del programma di spesa, un fondo di garanzia sui prestiti con fondi della Banca Europea degli Investimenti per un totale di 11 miliardi di euro da erogare tra il 2007 ed il 2013. Poiché la Banca Europea per gli Investimenti finanzia il 50% dei programmi di spesa questa è una ulteriore provvista finanziaria utilizzabile e considerando che le imprese devono apportare solo il 25% del costo del progetto si sono predisposti, senza problemi di carenza di provvista di fondi, finanziamenti alle piccole e medie imprese per oltre 35 miliardi di euro in 7 anni.
Il problema è che questi fondi in Italia devono essere gestiti dalle Regioni e solo la Lombardia ha sottoscritto la convenzione con la Comunità Europea. Altre Regioni ci stanno lavorando. Altre ancora la ignorano.
Ma i fondi europei se non vengono da noi utilizzati vengono presi da altri stati europei che li richiedono e noi li perdiamo.
Ricordiamo che la legge 488 per lo sviluppo economico con fondi comunitari fu approvata nel 1992 e il primo utilizzo fu nel 1996. Se le Regioni opereranno con i tempi dello Stato, è sicuro che perderemo quasi tutti questi fondi per lo sviluppo economico.
L'occasione è buona in quanto in questo inverno della recessione si devono effetture quegli investimenti che alla primavera della ripresa determineranno uno sviluppo economico consistente e tale da far riprendere alla maggior parte degli italiani la strada della fiducia nel futuro.
Tutto dipende dagli organismi burocratici delle Regioni che devono sottoscrivere una convenzione e definire l'organismo finanziario che farà le istruttorie per l'accesso a questi fondi.
Se perdiamo questa occasione non potremo che confermare il giudizio del Financial Times che siamo il paese peggio governato d'Europa.
Spero proprio che quella sia un infelice giudizio di un concorrente economico e non l'iscrizione sulla pietra tombale della nostra economia.
Un motivo di pessimismo mi è dato dal racconto di un dirigente in pensione (da più di 20 anni) di una primaria banca italiana che si era recato dall'allora Presidente della Campania per illustrargli la possibilità di fornirgli i finanziamenti della Banca Europea degli Investimenti per finanziare la parte non coperta dai fondi strutturali comunitari per i progetti dello smaltimento dei rifiuti. I progetti finanziati dalla Comunità europea erano di 13 inceneritori, numerose discariche, sistemi di raccolta differenziata e così via. Un programma simile a quello (realizzato) dalla Lombardia.
La burocrazia regionale fece scadere i fondi comunitari che non vennero più riproposti dalla UE. E adesso la Campania si trova in questa situazione.
Speriamo che sia un esempio che non verrà più seguito.
N.B. : il fondo di garanzia è un fondo che in caso di insolvenza del debitore rimborsa la banca creditrice di capitale e interessi per un importo variabile dal 50% al 100% della perdita.
Permette ad imprenditori che non abbiano garanzie adeguate per la banca di accedere al credito.


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mercoledì 16 gennaio 2008

DIECI ARGOMENTAZIONI LOGICHE su BENEDETTO XVI e gli "SCIENZIATI" della SAPIENZA

CITAZIONE d'AUTORE sulle NOTECELLULARI
Il Blogger FrankRamsey
htpp://FRANKRAMSEY.splinder.com
in un mirabile esercizio di logica confuta le 10 principali affermazioni di coloro che ritengono eticamente corretta la censura di Benedetto XVI.
da http://pratico.splinder.com/
(si ringraziano il sito del PRATICOMONDO e FRANKRAMSEY per la cortese collaborazione)

1) Il Papa non è un accademico di fama
Il Papa è un accademico di fama per la definizione stessa di fama e di accademico. Se non si condivide il suo pensiero questo non significa che si debbano cancellare le definizioni. Questo è il solito giochetto di chi ha torto e cerca di cambiare le regole del gioco per avere ragione. Ricordiamo che il medioevo è stato, in Italia, un periodo storico molto lungo e fucina di idee che ha fortemente inciso sui periodi storici successivi che, con una definizione molto approssimativa, vengono considerati non oscurantisti. Le cose stanno in un modo molto più complesso. Nel medioevo troviamo anticlericalismo, sette integraliste (condannate dalla Chiesa come eretiche) che compivano massacri nei confronti di chi non aderiva, scienziati che facevano studi che si possono considerare moderni e ciarlatani. Tutto ciò proprio come adesso. Ad esempio ciarlatani sono quelli che affermano che occorre studiare le cellule staminali da embrione per curare malattie genetiche. Se avesse la cura di sentire esperti del settore saprebbe che: allo stato attuale solo da staminali da adulti si sono ottenuti risultati, che questa ricerca è osteggiata dalle società farmaceutiche, che l’uso di cellule da embrioni fin ora non ha portato nessun vantaggio se non una riduzione della spesa nella conservazione degli embrioni utilizzati. In fondo si tratta della solita storia: si fa quello che conviene all’industria, ma non ai cittadini. Non mi sembra che il suo pensiero possa essere considerato superiore ad un qualunque Buttiglione, soprattutto considerando che non si schioda dal medioevo.

2) il processo a Galileo
Personalmente, per i guasti che ha fatto, la condanna a Galilei l’avrei fatta più pesante. Purtroppo solo nel XX secolo, grazie a logici matematici come Frank Ramsey e Ludwig Wittgenstein abbiamo capito quali errori e contraddizioni derivino dalle teorie di Galileo. All’epoca dei fatti già si subodorava l’imbroglio nel fatto che le leggi fisiche venivano derivate tramite un sillogismo errato: dal particolare all’universale, quindi se si commette un errore può essere dimostrato tutto ed il contrario di tutto.

3) la Chiesa nega l'evoluzionismo
Anche questa è una conseguenza delle idee di Galileo che, pensando il mondo in forma deterministica credeva di dimostrare che Dio non esiste. Per fortuna questo problema è aperto: nessuno può dimostrare che Dio esiste o che non esiste. Dico per fortuna perché nell’uno o nell’altro caso si farebbero polpette di chi non crede alla dimostrazione.

4) Il Papa agita ferocemente lo spauracchio del relativismo come fosse una clava
Il relativismo è lo strumento per cancellare regole del gioco facendo finta di stare al gioco. Mi spiego: tutti sono liberi di fare le loro regole e di attenersi ad esse. Ma se queste sono contraddittorie non si può far finta di niente. Il relativismo è una forma di violenza esercitata contro chi vuole attenersi a delle regole e viene costretto, con la forza o a persuasione ad attenersi a regole in contrasto con quelle che ritiene giuste per conformismo o convenienza. Mi sembra che battersi contro il relativismo sia proprio una battaglia per la libertà.

5) il Papa si oppone alla ricerca scientifica in campo biomedico
L’opposizione a certe ricerche in campo biomedico è essenzialmente un difendere chi non può difendersi (gli embrioni non hanno sindacati o partiti politici).

6) il Papa professa infondate teorie sulla nascita della vita
Le teorie scientifiche (se galileiane) sono costantemente soggette a revisione (per passaggi dal particolare all’universale: cfr il gioco della logica di Lewis Carrol). Quindi anche il Papa ha diritto a fare le sue teorie visto che ne fanno tante i cosiddetti scienziati. E non è detto che siano infondate visto che i preti di logica ne capiscono perché la studiano in seminario.

7) Il Papa rifiuta di accettare i necessari sistemi di limitazione delle nascite e di protezione dalle infezioni di natura sessuale...
I sistemi di limitazione delle nascite sono un portato della filosofia liberale dell’ottocento, condannata dalla Chiesa, in quanto partendo dal presupposto che occorre arricchire i ricchi per far mangiare i lavoratori comportava la necessità di limitare le nascite per evitare che una popolazione giovane e povera si ribellasse al potere economico composto per lo più da vecchi ricchi, viziosi e prepotenti. Il contenimento della popolazione è uno dei motivi dell’invecchiamento e del declino della società occidentale. Mi sembra che se tutti avessero pari opportunità e il modello di sviluppo non fosse quello di cercare di accaparrarsi i mezzi di produzione non si porrebbe nemmeno il problema di contenere le nascite.

8) Il Papa attenta alla laicità dello stato con la propria ingerenza...
Non ho mai visto il papa che mandasse cecchini o autobombe per fare propaganda. Piuttosto sembra che la sua grande cultura e la difficoltà di trovare nel cosiddetto mondo laico interlocutori in grado di parlare al suo livello ha generato il panico nei radicali. E si tira fuori l’ingerenza o lo si costringe a non parlare alla Sapienza.

9) il perseverare della tesi secondo la quale l'omosessualità...
Penso che non sia un reato avere l’opinione che certe situazioni siano considerate disordini. Alcuni non sono d’accordo, padronissimi. Qui si considera che non è lecito avere certe opinioni e ciò è in spregio alle libertà riconosciute dalla costituzione. Lasciamo perdere le teorie “scientifiche” per quanto sopra detto.

10) l'aver aggiunto anche la perla secondo la quale gli animali non hanno l'anima...
Non credo che sia contro ragione pensare che gli animali non hanno anima, per gli atei non l’avrebbero neppure gli uomini. Non credo che nessuno possa dare dimostrazioni scientifiche in merito. L’opinione su fatti incerti è lecita. Se i temi di un dibattito dovessero essere questi penso che sarebbe tempo perso fare un dibattito per totale carenza di informazioni e adesione a idee già dimostrate fallaci, oltre alla totale carenza di informazioni nel campo della logica moderna.
FRANKRAMSEY




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Il futuro della scuola - Una nota antipatica


In Ialia si sono dimenticati di progettare la scuola?
Facciamo una semplicissima ipotesi per immaginare e prevedere quanto potrebbe realisticamente accadere entro i prossimi 4-6 anni nella scuola elementare dell’obbligo.
Partiamo dalla realtà delle contestazioni a Letizia Moratti (ex Ministro della Pubblica Istruzione) per le nuove regole realtive alle iscrizioni nei nidi e nella scuola materna del Comune di Milano
Integriamo i dati suddetti con una elementare riflessione sulla situazione parallela nelle scuole private e nell’asilo famigliare (quello gestito da giovanili nonni sull’orlo di una crisi da prestazioni extra-età).

Andiamo con ordine.
A)Prendiamo a riferimento 2 graduatorie (scelte casualmente) di bimbi ammessi nel comune di Milano zona 1 (centro)
I esempio : 9 domande: ammessi 5 di cui 3 con cognomi stranieri 2 italiani. Non ammessi 4 italiani
II esempio: 18 domande: ammessi 11 di cui 5 con cognomi stranieri 6 italiani. Non ammessi 7 italiani

B) Abbiamo un totale di ammessi 18 ammessi di cui 10 bambini non italiani e 8 bambini italiani

C) Solitamente gli ammessi precedono i non ammessi anche in considerazione di un reddito più basso (deve essere presentata “dichiarazione ISEE del nucleo familiare utile al fine di ottenere un punteggio più favorevole in graduatoria e calcolare correttamente il contributo relativo alla refezione scolastica” (CIRCOLARE n.20 del 17 dicembre 2007)

D) Gli 11 bambini italiani non ammessi probabilmente frequenteranno le scuole private (o i nonni) e vivranno in una realtà famigliare o scolastica a cui i piccoli non italiani o con situazioni economiche svantaggiate non hanno motivo di accedere.

E) I 18 bambini ammessi appartengono necessariamente a realtà socio-culturali caratterizzate da; richiesta di integrazione, eterogeneità, reddito medio o basso; può inoltre accadere che la loro situazione famigliare sia di svantaggio o con difficoltà. Ed è sacrosanto favorirne ancora di più l’integrazione.

Abbiamo dunque : 18 bambini “comunali” e 11 “privati”.
Perché gli 11 bambini “privati” sono stati esclusi? Perché le loro famiglie pagano tasse più alte?

Quando questi mini-scolari confluiranno insieme nella scuola dell’obbligo, dove finalmente tutti potranno avere libero accesso, si formeranno nuove classi nelle quali alcuni (i comunali) chiederanno probabilmente di essere ammessi rimanendo ancora insieme, nelle stesse classi (col gruppo di origine) mentre gli altri, di necessità, entreranno … casualmente ed in ordine sparso.
Il nucleo, il nocciolo della classe sarà dunque formato da un gruppetto di bambini con esperienze simili e affinità varie, mentre tutti gli altri dovranno integrarsi.

Questo non va. Tutti i bambini hanno diritto al nido e alla scuola. Tutte le famiglie hanno esigenze di lavoro. Tutti i cittadini sono uguali e con gli stessi diritti. Perché accusare Moratti di togliere il nido e la materna solo quando questo accade a famiglie non in regola e non regolarizzabili? Perché si omette di ricordare tutti gli altri (circa un terzo) che non hanno avuto accesso al servizio comunale?
E perché non si valutano le conseguenze socio-affettive e didattico-pedagogiche, già problematiche, dell’attuale situazione che è già in evidente equilibrio molto precario?
Ci troviamo a rimpiangere la scuola postunitaria del libro Cuore, e in particolare la classe del protagonista, Enrico dove sedevano negli stessi banchi il figlio del carbonaio, dell’avvocato, del ferroviere, dell’impiegato, del muratore. E dove perfino l’infame Franti aveva il suo posto tra i compagni.
La scuola postunitaria ha riconosciuto diritto alla scuola elementare per tutti.
E siamo fermi ancora là.
Infatti non abbiamo ancora ottenuto che lo stesso diritto sia esteso alle materne e ai nidi in favore di tutte le famiglie che ne facciano richiesta. Ma quanto, da allora è cambiata la società, la vita delle famiglie e il ruolo femminile?

giovedì 10 gennaio 2008

Nidi e Scuole Materne - Fioroni attacca Moratti: ed è subito fumo


FIORONI TUONA CONTRO MORATTI: ed è subito fumo
Curioso e tempestivo l’eroico furore di Fioroni contro Moratti.


Curioso, tempestivo e pro domo sua.
Da cosa e da dove parte l’educazione alla legalità per Juan Miguel, Ken Evan, Pinto, Shane Chathuka, Kesha, Kahadija, Mohamed, Jahin?
Chi mai si sognerebbe di negare a questi fanciulli il diritto alla scuola?
E infatti i nomi dei bimbi che ho trascritto sono leggibili, insieme a tanti altri, negli elenchi delle graduatorie definitive degli ammessi ai Nidi d’Infanzia 2007-2008 del Comune di Milano.

http://www.comune.milano.it/portale/wps/portal/CDM?WCM_GLOBAL_CONTEXT=/wps/wcm/connect%2Fcontentlibrary%2FHo+bisogno+di%2FHo+bisogno+di%2F&categ=IT_CAT_Bisogni_11_01&categId=com.ibm.workplace.wcm.api.WCM_Category/IT_CAT_Bisogni_11_01/5e3b3300446e01b6bb21bbd36d110d8a/false
CAT_Bisogni_11_01/5e3b3300446e01b6bb21bbd36d110d8a/false

Anche una lettura veloce (ma assai istruttiva) degli elenchi evidenzia la percentuale spesso superiore al 50% di bimbi non italiani. E l’elenco è bellissimo, e preso così fa allegria. Io immagino con tenerezza quei piccolissimi frequentanti tutti diversi e tutti uguali che giocano insieme nel nido.
Ma ci sono anche gli esclusi. E ce ne sono sia tra i nomi e cognomi stranieri sia, molti, tra quelli italianissimi. Il nido è certamente un diritto di tutti i bambini di tutte le famiglie che ne hanno necessità o che lo considerino importante per i loro figli.
L’ottusità impedisce di capire, la strumentalizzazione gonfia e fa confusione, l’arroganza solleva comodi polveroni che nascondono la verità.
Letizia Moratti ha il coraggio delle decisioni scomode e dell’immagine non accattivante.
Ma non è lei che esclude i bambini dal nido.
I nostri bimbi, (figli e nipoti) sono esclusi regolarmente da graduatorie comunali che non riescono ad accoglierli tutti.
Non ci sono abbastanza nidi e scuole materne, questa è l’odiosa verità.
E le famiglie escluse si debbono caricare la spesa delle scuole private, questa è l’amara realtà. Famiglie non abbastanza “povere”, madri non abbastanza “lavoratrici”, coppie non abbastanza disastrate si vedono negare il nido. Una realtà che dura da anni.
Senza che il dottor eclettico Fioroni abbia battuto ciglio né piegato il pincenez per buttar l’occhio sulle graduatorie.
Ora Moratti fa un’azione di anti-immagine ed è anche troppo facilmente contestabile.
La conseguenza è che pomposamente si sciorinano tutte le intrepide crociate dei nullafacenti, di quelli che parlano solo per essere approvati, e annuiscono solo per essere ricambiati.

Moratti ha tentato di restituire legalità ad una situazione già di per sé odiosa e difficile. Tutti sanno che evasori organizzati e lavoratori in nero risultano nullatenenti indipendentemente dalla nazionalità ed entrano più facilmente nelle graduatorie: ma parliamo comunque di una guerra tra poveri.
Nessuno neghi il nido, la scuola materna e quant’altro serve a una serena crescita dei bambini. I bambini sono un tesoro di tutti. Non accorgiamocene solo quando si tratta di dire belle frasi come queste a pronto effetto.
Ricordiamocelo anche tutte le volte che i riflettori non si accendono dai salotti mediatici e dai canapè country delle amiche del cuore.
E ricordiamocelo per tutti i diritti di tutti i bambini: compresi di quelli che crescono a Pianura, tra miasmi (che puzzano) e diossine (che uccidono).
La scuola non è sacra solo quando fa comodo.
E poi smettiamola con questo lessico dal sacrestia anni cinquanta: la scuola non è sacra; è un elementare ovvio diritto anche per una coppia (italiana o non) da 1500 euro al mese guadagnati in due: mutuo/affitto, vitto, spese, debiti, medicine e affini compresi (a cui aggiungere spericolatamente la retta scolastica privata).
Fioroni si rimbocchi dunque le maniche invece di minacciare e sbraitare vanamente.

mercoledì 9 gennaio 2008

Quando ci si capisce, è scuola - Michele Lapiccirella

Michele stava seduto all'ultimo banco fila centrale: anzi mi pare che in terza avesse esordito come primo banco nella fila laterale sinistra, vicino alla finestra seduto accanto a Fiorino, ma poi Fiorino legò con Lucia e si misero insieme e Michele migrò. Se ricordo male lui mi correggerà, perchè non è uno che lascia correrre.
Però dal suo ultimo banco aveva guadagnato uno spazio maggiore di autonomia e osservazione. Dicono che i Prof vanno a simpatia. Definizione strumentale; perchè se io fossi andata a simpatia non solo lo avrei lodato sperticatamente ogni minuto, ma non gli avrei mai rotto le scatole con i miei predicozzi. In realtà con alcuni ragazzi si stabilisce un rapporto di comprensione, di empatia naturale che assomiglia a una corrente. E questa corrente scorre fluida e felice, per cui ci si può anche contestare e scontrare, ma sempre rafforzando il legame.
Michele era considerato da qualche sussiegosa, collega, pomposamente corretta e presa dal suo ruolo, un solenne rompiscatole. Ma per me questa era una vera qualità, perchè lui non era mai banale, mai lecchino (anzi era un provocatore nato), mai secchione, mai servile, mai con la schiena piegata. Tranne quella volta che la piegò fisicamente: ossia entrò in aula e si mise seduto come al solito, ma dopo cinque minuti si accasciò e si mise a dormire con la testa sul banco. Si svegliò (con lo sguardo ancora perso nel sogno, ma un po' mortificato) solo alla campanella. Poi seppi dal collega B. di Educazione Fisica, che il rompiscatole aveva lavorato fino a tardissimo, e non era un evento eccezionale, per collaborare con lui nel predisporre una manifestazione sportiva per portatori di handicap (pallacanestro per disabili).
Insomma Miche era uno curioso, polemico e domandoso. Aveva un fantastico cane di nome da vero uomo: Guido (non Fuffi, Jason o Joker). Leggeva giornali e libri, aveva idee politiche discretamente accese, sue proprie, elaborate e fondate. Le colleghe pomposamente corrette gli preferivano studenti correttamente falsi, e senza pensiero. Alunni che di fronte al tre o al quattro strisciavano implorando un'altra possibiltà. Intendiamoci, non dico che la seconda possibilità (o la terza o la quarta) non debbano esser chieste con civile e compunta educazione; ma nemmeno lasciando striscie di bava gorgogliante sui banchi e sui pavimenti. E io detesto la bava. Michele non strisciava, non protestava: incassava ma si imbufaliva; e gli lampeggiavano gli occhi neri. In più sulla felpa portava la kefià. Ihhh che paura. Lui mi ha sempre sopportato e dialogato con la mia visione democratica, ma non anticlericle (nella quale lui invece sguazzava felice) e ci siamo capiti.
Quando ci si capisce, appunto, la scuola è servita.
Perchè ne parlo all'impefetto? Perchè Michele era un mio alunno, e io ero la sua prof. Mentre adesso Michele è un mio collega e insegna lettere. Lui dice che non siamo colleghi (rompe, rompe...) perchè sono andata in pensione proprio mentre lui è entrato in servizio. Embè?
Intanto io sono una-profi-per-sempre, (come i preti e i diamanti) e poi l'importante è che la corrente continui. E che in cattedra ci vadano, finalmente, quelli giusti. Come Michela Lapiccirella. Evvai Michè!
(La tua tesina su Intellettuali e fascismo credo di averla ancora)

lunedì 7 gennaio 2008

EBook - La classe non è doc - Mariaserena Peterlin

clicca qui
"La classe non è doc" eBOOK -
scaricabile dal sito Lulu.com, alla pagina
Maria Serena Peterlin libri ed eBook

“La classe non è .doc” parla di ragazzi e di scuola, di insegnanti, di dirigenti e della quotidiana vita scolastica. Racconta solo fatti accaduti e persone reali. Non è un’opera di fantasia, però mi sono presa la libertà di interpretare ciò che ho raccontato.
Potrebbe essere definito un diario, anche se non ho registrato sistematicamente giorno per giorno fatti e pensieri.
Ho cominciato quasi per caso: non pensavo a un libro o a un romanzo.
Come insegnante di lettere nel triennio di un Istituto Tecnico di Roma-Eur avevo avuto una terza classe maschile, considerata da tutti come la peggiore di sempre. Ma quella sfida è stata la più interessante e coinvolgente della mia vita di insegnante.
Scrivevo per esprimere le mie riflessioni e qualche contestazione, la passione e l’amore per l’insegnamento, ma anche l’insofferenza e la delusione verso molte situazioni che non riuscivo a condividere e ad accettare. Ho continuato a scrivere e, mentre avevo sempre maggiore motivazioni nel lavoro in classe, trovavo sempre più difficile parlare con alcuni colleghi.
I ragazzi della classe protagonista del mio scritto hanno saputo (non da me) che scrivevo di loro, ma hanno avuto in lettura il testo solo al termine del triennio e dopo la maturità. La loro gioia, l’emozione, l’entusiasmo con cui si sono riconosciuti in ciò che avevo elaborato mi hanno reso felice. Potrei citare le loro lettere, gli sms, le frasi che mi hanno detto, ma ne sono gelosa.
Il passaggio dal file di Word alla realizzazione dell’e-Book è stata opera del team del sito del Praticomondo: è stato interessante affidare ad altri giovani non solo la parte informatica, ma anche la scelta della grafica e della struttura dell’opera. La formula e-Book multimediale ha reso l’insieme molto più vivace perchè ha semplificato la consultazione (che non è rigida), ed abbiamo potuto aggiungere molte foto dei miei ragazzi e qualcuna che racconta anche di me.
Il risultato è ora sul web. Libero e gratuitamente fruibile.
Tenterò una schematica spiegazione delle convinzioni su cui si basa l’e-Book.
All’insegnamento si arriva per tante strade, e nemmeno io ci sono arrivata in prima battuta da neolaureata: però, senza mezzi termini, credo che insegnare senza amare questo lavoro sia colpevole e disonesto.
Nel corso degli anni ci siamo tutti lamentati del fatto che il “livello degli studenti” si abbassava; pochissimi però hanno voluto ammettere che (prima) si era abbassato anche il livello dell’insegnamento.
Insegnare stanca è il titolo di un libro molto interessante di Ossola-Bertinetto del 1982: aggiungerei che anche “imparare e studiare è, per chi vi si impegna, faticoso”. Ed è ancora più faticoso quando gli insegnanti sono meno motivati e coinvolgenti e da quando è diventato evidente che il termine degli studi non apre più la strada del lavoro.
C’è un altra questione fondamentale: la scuola esiste per tutti; però alcuni ragazzi hanno alle spalle famiglia e cultura, altri hanno astuzie e strategie socio-culturali, altri hanno esperienze evolute, altri sono, uso con affetto queste espressioni anche nel libro, ruspanti, non bio-tech, non protetti. Io credo che la loro aggressività, la cosiddetta indisciplina o la maleducazione, il piccolo bullismo (non parlo di fenomeni di delinquenza vera, che peraltro sono, nonostante il clamore mediatico, eccezioni) sono punti di debolezza, sono carenze sulle quali si deve intervenire, sono una sfida a cui l’insegnante non dovrebbe sottrarsi.
Prima di iniziare a distribuire nozioni e concetti è dunque fondamentale conoscere la classe.
E ogni classe è un fenomeno a sé, è un reticolo vivo e interattivo, a volte renitente e insolente.
Purtroppo accade che gli insegnanti non conoscano abbastanza i loro alunni o non si pongano il problema, accade che affermino: “Sono qui per insegnare e se loro non seguono sono affari loro, il mio lavoro è spiegare e non fare lo psicologo”.
Ma la psicologia non c’entra e non è una giustificazione.
Inoltre può accadere che i dirigenti chiedano voti e disciplina e non interventi educativi.
Però la magia dell’insegnamento è anche questa: una volta chiusa la porta dell’aula siamo di fronte ai nostri ragazzi, ai loro occhi e ai loro sentimenti; e se vogliamo, se ci mettiamo in gioco, se non alziamo barriere, tutto può ancora accadere.

Il titolo “La classe non è .doc” è nato come nome di un file di word che stavo salvando. Avevo scritto “La classe”, ma quando ho visto apparire il suffisso “.doc” ho sorriso; la mia classe era tutto, meno che un prodotto “doc”, e così ho aggiunto “non è”; il nomefile “La classe non è .doc” era molto più adatto, e tale è rimasto anche per altri motivi.
Il primissimo file conteneva dei giudizi che avevo scritto sui ragazzi quasi per gioco.
Nel nuovo esame di Maturità l’ammissione si basa sulla media aritmetica delle medie dei voti (scritti e orali, conteggio di crediti e debiti etc) mentre per decenni avevamo elaborato giudizi di ammissione. Per me redigere i giudizi era una prassi acquisita e quasi divertente. Avevo pensato: e se scrivessi come li vedo davvero questi ragazzi? Lo feci. Si trattava di giudizi liberamente ideati: atipici e anticonformisti; scritti ironicamente e più per mettere in luce il carattere, il comportamento, le attitudini e, diciamola tutta, l’umanità naïf e provocatrice; però evidenziavano anche la spaccatura, non priva di drammaticità, tra la realtà studentesca in senso sociale, affettivo e umano (lasciamo in questo frangente in ombra quello culturale) e la scuola solennemente declamata o genericamente ideata nei luoghi deputati della politica scolastica. Mentre li scrivevo constatavo quanto lontani fossero non solo i soloni dell’istruzione, ma anche i mass media, gli opinionisti e le stesse buone famiglie dalla nostra realtà di docenti alle prese con il problema quotidiano dell’istruzione e dell’educazione. Molti infatti non si rendono conto dello sgomento che un bravo e buon insegnante affronta nell’impatto con LA CLASSE. La domanda più pressante infatti è: “…e con questi da dove comincio?”
Il libro è nato così, e dai giudizi sono passata a raccontare la vita nella mia scuola: per descriverla dal di dentro, per raccontare come siamo noi e come sono loro, i ragazzi. È nato per amore verso questa professione che considero bella e in un certo senso fatata; una professione che rende la vita degna e nobile, un lavoro reale e costruttivo del quale non possiamo fare a meno né come individui né come cittadini, né come società. Una professione faticosa e seria, ma senza potere, senza monetizzazione credibile, senza ipocrisie e che dovremmo tutti rispettare. Noi insegnanti per primi.
Ho sempre detestato i cosiddetti “asinari” o “stupidari” scolatici: raccolte di bestialità e di orrori detti un po’ per ignoranzam, un po’ per ingenuità dai nostri ragazzi e golosamente collezionati e raccolti da qualche insegnante non degno del nome. Non mi sono mai piaciuti anche perché se, per contro, i ragazzi avessero pubblicato le asinerie o le isterie dei prof (che collezionano e raccolgono ora su Youtube, ma da sempre sui loro quaderni e diari) probabilmente la classe docente ne uscirebbe pestata e sconfitta da un punteggio in qualche caso umiliante.
Infine mi sono tolta qualche sassolino. Sono stata a volte considerata troppo materna dai colleghi. Questa è stata la critica che mi ha dato più fastidio in assoluto. Una modalità di apertura rispettosa e affettuosa verso i ragazzi non ha niente a che vedere con la maternità. Ribadisco anche nel libro la mia convinzione che l’unica modalità nella quale l’insegnamento trova un senso autentico è quella del dialogo. Insegnare è dialogare: non è semplice e ci mette di fronte a noi stessi fino in fondo. Ma è la specifica dignità del maestro degno di stima.
Ho parlato della scuola rappresentandola dal mio punto di vista.
Non è materiale per una fiction. Di quelle ce ne sono anche troppe.Mariaserena Peterlin Libri ed eBook

venerdì 4 gennaio 2008

Nota cellulare intransigente su musica e poesia

Si legge e si ascolta di tutto. E va bene così. Vi sono sollecitazioni, stimoli, blandizie, ammiccamenti, lusinghe che possiamo ammettere o sopportare evitando di sprecare cannonate per le mosche; vi sono anche commozioni facili, che agilmente trascinano ed entusiasmano e fanno dire: bella musica, grande poesia.
Allora mi permetto di dire una cosa che penso da tanto tempo, ma mi va di dire oggi perchè inizia un nuovo anno. La musica grande e vera, così come la poesia grande e vera possono permettersi qualsiasi argomento, possono incoronare la trasgressione, possono sfidare le regole e il gusto tradizionale.
Ma la lacrimuccia sentimentale no; la trivialità buffonesca no; il risciacquamento gastro-intestinale no; il relativismo pseudo artistico no; la mercificazione del reciproco consensuale apprezzamento no; hanno altre mete e non devono essere deviate da quelle.
Un esempio? Hanno mandato su Mtv poco fa un vecchio un concerto dei Queen: alla fine Freddie Mercury compariva con la corona regale, paludato di velluto ed ermellino e con un lungo mantello-velo bianco: trash? trasgressione? kitsch? eccesso? esibizionismo? Forse un mix tutto questo: però fino ad una frazione di secondo prima grandissima musica, ritmo, voce, intonazione, invenzione. E allora si deve accettare che l'artista giochi anche con il travestimento della corona e l’inno della regina.

Ma i liberi-belati della pseudo musica e della pseudo poesia non chiamiamoli arte. Nessuna corona per loro.
La tv? L'ho spenta


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