chi sono

Sono Maria Serena, ho insegnato letteratura italiana. Oggi scrivo e sono qui per riflettere, dialogare raccontare. I miei interessi sono rivolti alla comune condizione umana, anche quella raccontata dalla letteratura. Vorrei partecipare alla costruzione di un pensiero nuovo e diverso, fondato su radici antiche, che riconosca uguaglianza e giustizia a tutti.

giovedì 21 maggio 2015

Io non mi vergogno

Considerato quello che quotidianamente accade nel nostro paese, e  penso non abbiamo bisogno di elencare esempi recenti, ci sarebbero molte buone ragioni per invocare che scenda un manto di vergogna sui responsabili. Sì su di loro.
Ma proprio per questo io non mi vergogno e non condivido la vergogna. Me ne chiamo fuori dopo una vita che è ed è sempre stata di personali battaglie, spesso perse perché non condivise è vero, ma che consentono di non lasciarmi ammucchiare nella massa pecorile che giudiziosamente e accortamente sceglie ed ha sempre scelto il cosiddetto  male minore, che ha fatto e fa spallucce, che ha sempre detto e dice che non si può far altro.
Non è così: ogni nostra azione quotidiana può essere azione di semina per il futuro e per cambiare la realtà.
Chiunque semina sa che ci vuole tempo. Specie se si è in pochi.
Questo non significa che si smette di seminare, di pensare, di dissentire.
Questo non significa che ci si lascia omologare e soffocare dal conformismo. E non significa che non ci resti altro che la nota tattica delle tre scimmie che non vedono-sentono-parlano.
Siamo persone e non scimmie. Uomini fummo ed or siam fatti sterpi fa dire Dante ai suicidi: e non è forse un suicidio civile arrendersi, tacere, annuire storcendo le labbra, forse, ma senza affermare anche con i fatti una diversa e opposta convinzione?
E proprio per queste ragioni io dico che mai e poi mai, anche se il nostro navigare fosse solitario e con piccioletta barca, anche se la nostra fosse semplicemente una posizione coerente solo con la propria personale coscienza, mai bisogna lasciarsi andare verso la schiera di chi si vergogna in conto terzi, e tanto meno lo deve fare chi, pur eseguendo i riti inevitabili imposti da un minimo di convivenza e sopravvivenza alla routine,  continui ad avere un pensiero, una parola ed un cuore liberi.
Quelli che si vergognano godono e, sotto sotto, si compiacciono tra sé e sé della acquietante remissività impotente e giustificante che li fa apprezzabili ai molti; il tutto en attendant una redenzione che altri (come sempre) eseguirà, se il fato lo vorrà, anche per loro. E allora siano loro a vergognarsi.
Io no, io non mi vergogno.