chi sono

Sono Maria Serena, ho insegnato letteratura italiana. Oggi scrivo e sono qui per riflettere, dialogare raccontare. I miei interessi sono rivolti alla comune condizione umana, anche quella raccontata dalla letteratura. Vorrei partecipare alla costruzione di un pensiero nuovo e diverso, fondato su radici antiche, che riconosca uguaglianza e giustizia a tutti.

lunedì 18 agosto 2008

Fieno in collina


LEGALITA', TOLLERANZA E SOLIDARIETA'

TOLLERANZA E SOLIDARIETA' oppure LIBERTA' e GIUSTIZIA?
Vado dipanando fili della mente; mi accade quando cerco di ritrovare una direzione, una linea semplice in un marasma che confonde. Vado dipanandoli e ne cerco l’inizio; come di una matassa aggrovigliata dalla noncuranza, o da un gattaccio sfrenato.
E mi accorgo che nel quadro che osservavo è accaduto che immagini e cornici si siano scambiate e si muovono come se il punto di vista fosse insolitamente fugace.
La mobilità dei riferimenti, il galleggiamento imposto dall’incertezza, la perdita della prospettiva, la sensazione di tessere una dannata tela di Penelope è, però, una sensazione diffusa.
Solo ricominciando a trovare i nostri riferimenti questo quadro sconvolto andrà lentamente a posto. Invece ci siamo privati (o ci hanno privato senza che noi ce ne opponessimo abbastanza) dei nostri punti cardinali e ci dirigiamo ansiosamente verso mete mutevoli senza l’aiuto di nuove coordinate e avendo cancellato la rassicurante ragnatela geometrica dei tradizionali meridiani e paralleli.
Quali? I “soliti”, “quelli del passato” direbbe forse qualcuno ancora convinto che la loro assenza generi libertà, mentre genera solo disorientamento.
I soliti valori dunque: la nostra cultura, la fede, la famiglia; e poi il rispetto, la sensibilità, l’onestà, la franchezza.
Invece ci parlano, e molti si sono lasciati convincere, di “solidarietà” e di “tolleranza”.
Allora chiedo: forse nel rispetto del prossimo non è già implicita la solidarietà?
E quanto alla tolleranza, forse nella millenaria storia nostra cultura non era già contenuto il dialogo, la conoscenza, il confronto?
Io penso che solidarietà e tolleranza siano bandiere rispettabili, ma sussidiarie e secondarie.
La giustizia sociale comprende e assorbe questi concetti: un cittadino libero e dignitoso non chiede solidarietà a livello politico e sociale (semmai a livello interpersonale), ma chiede diritti e doveri per sé e per gli altri.
Un cittadino e una cittadina responsabili e lavoratori non chiedono la tolleranza, anzi la considerano un fantoccio delle vere libertà che costituiscono il bene supremo della persona e della società.
Un cittadino e una cittadina coraggiosi e attivi, come sono stati i nostri padri e madri e come noi sappiamo essere, vuol essere produttivo e partecipante al progetto del bene comune e non chiedere tolleranza. Anzi si sentono offesi dall’essere “tollerati”, e invece chiedono di partecipare attivamente alla vita civile e sociale.
Finché salute glielo consentano. Ecco questo era il filo che cercavo. Ed ora la matassa può essere svolta.

COMUNICAZIONE SU WEB

Rappata telematica con premessa neocomunicazionale... ;)
Mi viene da riflettere sulle difficoltà di comunicazione in ambito telematico. Tutto in tempo reale: ma ognuno ha un tempo reale diverso. Non vi sembra una gemmazione della comunicazione che riproduce in modo identico su un terreno diverso effetti simili alla comunicazione dei tempi delle carrozze postali a cavalli?
Il buon corsiero portava le lettere da un capo all'altro del mondo civilizzato, il buono scrittore non sapeva se il destinatario fosse ancora nel luogo in cui indirizzava, il buon destinatario aspettava altrove le notizie del buono scrittore, ma non sapeva quando le avrebbe ricevute e... e il buon corsiero si accontentava comunque di una rozza coperta per la sua schiena sudata, un secchio d'acqua e uno di biada!
Non mi fregate l'idea. Anche se non è “bella” è protetta dal diritto d'autore il mio nome è mariaserena!

L'Alfieri scriveva i suoi diari durante i viaggi descrivendo la corte di Vienna o la Scandinavia, mentre Marco Polo sulla Cina dettava memorie. Ma i loro contemporanei leggevano in tempi successivi e non immediatamente, unpo' come per i post e i commenti; e noi li leggiamo solo oggi.
E' solo per questo motivo che Marco Polo o Alfieri non cambiano (cambierebbero) opinioni nel confronto delle loro realtà e delle nostre?
Ok. Post criptico,forse confuso...
E te lo dico con un rap
Ti dico
ti dico
mi leggi fratello
ti dico
confermo
ma tu non leggi quello
leggi rileggi
io sono andato altrove
leggi ci pensi
mi chiedi di quel dove
luogo
non luogo
io vado
e tu mi leggi
luogo non luogo
ritorno e non conosci
luogo non luogo
pensi rifletti parli
luogo
non luogo...
mi sa meglio
se parti
yo!

OLIMPIADI - INAUGURAZIONE ALLA PECHINESE

L’inaugurazione alla pechinese
Mi ero disposta a seguire l’apertura dei giochi Olimpici con curiosità ed interesse. Avevo ancora presente il ricordo bellissimo delle Olimpiadi invernali di Torino dove lo spettacolo è stato non solo grandioso ed elegante, ma anche pieno di armonia, di invenzioni geniali, di esibizioni di grandi artisti.
L’inaugurazione di Pechino mi sembrata invece angusta e soffocante; posso riassumere la mia impressione con questa frase : ho visto l’annientamento dell’individuo e il trionfo della massificazione anonimizzante.
Mi è parso che gli ideatori avessero realizzato, usando l’elemento umano passivizzato e reso automatico, un programma a metà tra un software di videogioco e uno di computer graphic ma di quelle da commodore 64, per chi se lo ricorda ancora.
Uomini come chiodini piantati in un gioco, e senza nemmeno i colori intonati; uomini come burattini frenetici e isterici, uomini come ricami ossessivi. E bambini impettiti che cantavano come bamboline di gesso in un carillon di latta.
E’ questo che succede quando il tempo della civiltà si spegne in quello della fine della libertà individuale? Mi sono intristita e ho lasciato il televisore a parlare da solo. Quando sono tornata sfilavano atleti multicolori, camminavano ridendo e in un ordine approssimativo, sventolavano bandiere e videocamere. Meno male. La vita continua. Forse è stato davvero un bene assegnare le Olimpiadi a Pechino; forse il contatto con i ragazzi e gli atleti del libero mondo innescherà un prodigio: quello dell’amore contagioso per la libertà. Sperare è umano, inaugurare alla pechinese è robotico.

Olimpiadi: Medaglie esentasse?

CAMPIONI, ANCHE IN TIRCHIERIA...
Non è questione di tempi di vacche (grasse o magre), né di tempi di par condicio (calcio-atletica). E’ una questione di feeling, come al solito. E sarebbe interessante capire se gli olimpionici italiani questo feeling lo sentono con i furbi e con i privilegiati o con gli onesti e i lavoratori. Probabilmente da quando si è pensato bene di fare un brutto funerale all’idea socialista sono passati in secondo e terzo piano le parole, lavoro, lavoratore, giustizia sociale uguaglianza e così via. Però anche per una questione di immagine (tanto cara ai nostri giovani baldanzosamente pechinesi) i suddetti atleti di new generation avrebbero potuto, come dire, evitare il mugugno e la pretesa.
Evitare di pietire una ridicola solidarietà sulle tasse ai premi ottenuti, evitare di confrontarsi con altri sportivi, evitare di dedicare a se stessi (Pellegrini) la vittoria, evitare insomma sia l’autocelebrazione sia il vittimismo.
Le tasse si pagano, sportivamente o meno.
L’Italia paga: i ticket anche sulle medicine, le tasse sulle pensioni e gli stipendi, balzelli e imposte su tutto; paga senza fiatare.
E invece loro argentati e dorati, ma con una splendente faccia di bronzo, alzano la voce e fanno polverone?
A regà; datevi una bella regolata. E’ una questione di feeling: l’Italia vi ha amato perché vincete, perché potreste essere d’esempio, perché siete una bella immagine. Ma l’Italia potrebbe fare anche a meno delle vostre prestazioni, mentre non può fare a meno dei milioni di campioni del lavoro e della vita onesta che quotidianamente, come dicono oggi gli eleganti dello stile linguistico libero, si “fanno un mazzo tanto”.
Per cui pascolate sui vostri premi e sui vostri ingaggi di generosi sponsor. E non rompeteci il feeling.