chi sono

Sono Maria Serena, ho insegnato letteratura italiana. Oggi scrivo e sono qui per riflettere, dialogare raccontare. I miei interessi sono rivolti alla comune condizione umana, anche quella raccontata dalla letteratura. Vorrei partecipare alla costruzione di un pensiero nuovo e diverso, fondato su radici antiche, che riconosca uguaglianza e giustizia a tutti.

lunedì 9 giugno 2008

Edunet-Rete dei blog sull'educazione,la scuola e l'infanzia: EDUNET : Bambini, circoncisione e difesa della vita dal concepimento

Edunet-Rete dei blog sull'educazione,la scuola e l'infanzia: EDUNET : Bambini, circoncisione e difesa della vita dal concepimento

A proposito di giovani e adolescenti

UNDER 20 e... NOI...
disegno di NaDa, anni 19

Ma loro, come ci guardano e come ci vedono? La domanda non è schizofrenica, semmai è imbarazzante: probabilmente è preferibile non rispondere se vogliamo presevare le nostre orgogliose sicurezze. E tuttavia sarà meglio non cercare risposte presumendo di entrare nella loro testa. Credo sia preferibile accettare una realtà per me evidente: NON ci vedono come ci vediamo noi. Un'altra razza ha un'altra testa. E sotto i vent'anni si è un'altra razza. Sarebbe dunque certamente più sano per tutti accettare i ruoli e non sovrapporvisi. .


Credo anche, detto così all'ingrosso, che si possa ricavarne un messaggio, o meglio un abbozzo di messaggio.
Un giovane "artista", uno dei ragazzi più buoni e rispettosi tra quelli che ho conosciuto. Una persona corretta che respinge bulli e bullismo. Mi ha inviato questo disegno, insieme ad altri, e credo che nel groviglio di quella coda "metafisica" (che si riflette nel simbolo del punto interrogativo) siano rappresentate, inespresse, molte cose semplici ed alcune complesse.
E' necessario dare a ciascun ragazzo il tempo di dipanare e riordinare se stesso. Questa operazione dovrà farla da solo; ma noi non dobbiamo crearvi intorno un altare idolatrico. Dobbiamo invece dargli il senso del reale e quello del ritmo vitale. Dobbiamo trasmettergli conoscenza e esperienza; ma anche lasciare sempre che abbia una sua vita personale nella quale vivere per conto suo i suoi sogni e i suoi incubi. Gli dobbiamo lasciare spazi di paure personali da elaborare con calma. E aspettare che il suo tempo si sviluppi. Nel frattempo, però, trasciniamolo nella vita quotidiana dandogli spazio e responsabilità. Non cerchiamo di esibirci, pensando di aver capito come ci vede lui. Saremmo immediatamente ridicoli.
Ora vado a cercare NaDa su Msn. Credo che lo troverò là prima o poi...

Aborto: un conflitto tra persone, o tra una persona e una non persona?

Recentemente (www.pratico.splinder.com) ho detto di essere contraria all'aborto. Ovviamente non mi permetto di giudicare le persone. Ho espresso un'opinione sulla questione.
Mi è stato risposto che questa scelta è spesso dovuta alla necessità di preservare la salute psico-fisica della donna, e che si tratta di scegliere tra una persona e una "non persona". Diverso sarebbe nuocere a un neonato (vedi bambino nigeriano morto in seguito a circoncisione) che è senziente e cosciente ecc.
Su questo specifico aspetto ho riflettuto e dico che:
Un conflitto tra una persona (adulto?) e una non-persona (embrione?) è solo una allucinante ipotesi che non ha nessuna dimostrazione morale e fisica possibile.
Invece ha una sua evidenza all'interno di una dinamica sociale nella quale conta solo la logica del più forte.
Quanto al confronto tra embrione e neonato in termini di, attributi psico-fisici e personalità (senziente, cosciente, pensante, autocoscienza) chi l'afferma dimostra poca o nessuna esperienza in materia non solo della presenza di un embrione nel corpo materno, ma soprattutto della presenza di un neonato in una famiglia o nella vita di una madre.
Ma l'abortire non vuole dire soltanto abolizione di un embrione in quanto tale (e che è una presenza impercettibile), ma significa togliere di mezzo le conseguenze del suo sviluppo e quindi proprio le conseguenze che la presenza di un bambino avrebbe nella vita. Per cui le tesi che apparentemente sostengono le ragioni di una "madre" in realtà le negano un diritto. Quello di essere coscientemente felice della maternità, e quello di non adeguarsi a un modello sociale in cui la maternità è un ostacolo e una fatica.
Questa mi sembra propaganda, nuda e cruda, a favore di un modello sociale e culturale antiumanistico.

lunedì 2 giugno 2008

MADRI: nonostante gli psicologi


Nessuno può lanciare la prima pietra contro la mamma che ha dimenticato la sua bambina in automobile, con le conseguenze tragiche che sappiamo. Nessuno. Perché la tragedia l’ha colpita e segnata in modo irreversibile e nulla più può essere detto. Solamente l’umana pietas (che va più in là della comune eppur nobile compassione che ci accumuna nella condizione del soffrire insieme) deve ispirarci nel rivolgerle un pensiero.
Invece sgomentano le diagnosi e le opinioni degli psicologi che non si sono fatti mancare l’occasione per esprimere pareri e consulenze ed hanno sentenziato: “si tratta della sindrome della mamma acrobata: la madre acrobata coordina dal proprio posto di lavoro i passaggi del proprio cucciolo tra persone e istituzioni che la sostituiscono. E’ la paurosa metafora della nostra vita metropolitana: accadrà ancora.”
Ebbene questo non possiamo condividerlo. In questo modo si formula una diagnosi preoccupante e che potrebbe diventare una categoria in cui incasellare ben altri fatti, egoismi e sofferenze che ricadono comunque sui nostri bambini, e non solo su madri in vario modo e misura sofferenti.
Non credo sia giusto dare una definizione e una diagnosi senza indicare le cause più generali e complete di un possibile malessere di queste dimensioni e gravità.
Come possiamo sostenere che una comune condizione di vita, per quanto frenetica, assillante ed alienante conduca a simili tragedie? Se accettiamo che l’esistenza della donna contemporanea possa condurre alla sindrome della madre acrobata dovremmo affrettarci a ricostruire il nostro mondo, a smantellare tutta la realtà sociale e il ruolo delle donne nel mondo del lavoro.
Se quello che è successo è causato dal tipo di vita di relazioni e lavoro al quale si conformano oggi le donne, allora c’è molto da rifare urgentemente.
Se invece ci sono situazioni eccezionali, estreme, forse patologiche e personali (sulle quali non sarebbe giusto né pensabile qui indagare) allora si eviti di lanciare una definizione al di fuori dell’ambito strettamente medico o professionale.
Perché potrebbe accadere che i prossimi quindici – trenta giorni di talk-show televisivi (mattutini-pomeridiani-serali) vengano inondati di psicologi presenzialisti, ma non solo: soprattutto di presunte mamme-acrobata (opportunamente sfocate in video) che declameranno il loro malessere contagiandosi e impanicandosi con un effetto domino. Ci potrebbero essere interviste, confessioni, scene isteriche in diretta; e a casa ricatti e accuse e vittimismi reciproci: “Sono una mamma acrobata!”, “Ti sbagli, sono io, il padre, l’acrobata!”. E ci potrebbero essere piccoli bambini che si terrorizzano.
Con tutto il necessario rispetto dovuto a chi esercita una professione delicata, credo che la psicologia non sia una materia che si possa mandare allo sbaraglio per affidarla a opinioni o analisi, nonché diagnosi fai-da-te; e si sbaglia a volere uno psicologo dovunque, come il prezzemolo in ogni minestra.
Per controbilanciare l’effetto di queste preoccupazioni ho pensato a ben altre eroine senza sindromi.
Ho pensato, dunque, alle mamme che difendono e proteggono da sempre (ora come in passato) i loro bambini durante le guerre e le carestie, a quelle che affrontano ed hanno affrontato sciagure naturali ed epidemie o malattie e miserie personali. A quelle che sono riuscite a inventare la sopravvivenza giorno per giorno.
Ho pensato anche a un personaggio che ho sempre amato: alla protagonista del romanzo “La Storia” di Elsa Morante (forse il più straordinario libro sulla seconda Guerra Mondiale) in cui una poverissima maestra ebrea, né bella né giovane, viene violentata da un soldato tedesco ubriaco e concepisce, fa nascere e cresce tra mille paure e tenerezze il piccolo Useppe : un gracile ed epilettico figlio da nascondere e nutrire nella Roma affamata e travolta dalla guerra. E arriva fino in fondo alla sua storia senza dimenticarlo nemmeno un attimo.

Mi sono chiesta se …