chi sono

Sono Maria Serena, ho insegnato letteratura italiana. Oggi scrivo e sono qui per riflettere, dialogare raccontare. I miei interessi sono rivolti alla comune condizione umana, anche quella raccontata dalla letteratura. Vorrei partecipare alla costruzione di un pensiero nuovo e diverso, fondato su radici antiche, che riconosca uguaglianza e giustizia a tutti.

giovedì 27 ottobre 2011

Mariastella e la rivoluzione delle Barbie - di Mariaserena

Mariastella Gelmini 
LA SVENTURATA (che fu nominata all'Istruzione) DISPOSE.


Credeva fosse una casa di bambole, invece era la scuola pubblica.
(post già pubblicato già nel Settembre 2009, ma ovviamente profetico.)

Si avverte che qui si fa un po' di satira, in regime di reciproca libertà.

La fortunata Mariastella quella volta ebbe in regalo un gioco bellissimo e nuovo; una grande, anzi enorme Scuola della Barbie con tanto di Miur, Usp e compagnia bella, con tanto di kit per la costruzione di mini-grandi scuolette, con tanti Big Jim prof e amiche della Barbie-maestre.
Aperta la confezione la gongolante Mariastella cominciò quello che riteneva il più bel gioco della sua vita. Si mise gli occhiali rosa, poi li tolse e scelse quelli blu-elettrico e dispose gli edifici, le aulette, le palestrine ed i mini-laboratori.
 
Mise i vestitini alle sue piccole mini alunne ed ai piccoli mini-alunni che ora sembravano i nanetti di Biancaneve del giardino, pettinò le maestre e lucidò vigorosamenti i prof Big-Jim.
 
Poi si dedicò all’edificio miur e, appolaiatasi sulla sua poltrona a viale Trastevere giocò a fare le ordinanze e le circolari. Arrivò a casa sua lo zio economista che le disse:
 

- Mariastella sei felice?
- Oh sì zietto Economista!
- E lo sai, vero, che nonostante tu sia piccola piccola hai avuto un bellissimo dono?
- Ooohhh sì zietto Economista!
- Lo sai vero che per un bel po’ devi accontentarti vero?
- Oh sì certo!
- Ok allora adesso gioca pure, ma non chiedere altro!

La felice Mariastella si fece prudente;

mise gli occhiali marroni e continuò: il gioco era bello ma doveva durare più a lungo del previsto. Quindi impose alle sue bambole lunghe sedute di pettinatura in contropelo e piccole classi piene di nanetti vocianti, ai suoi Big-Jim riservò i pantaloni ritagliati dai sacchetti del supermercato e impose il compito di rastrellare anche il giardino e lavare le auto, ai giocattoli bidelli chiese di andare a far ore nel condominio limitrofo per arrotondare. 
Ora pensava di aver finito la parte spiacevole e di poter cominciare a giocare alla Barbie.
Improvvisamente invece vide tante piccole figure magre e in braghe di tela arrampicarsi sul tetto della enorme Scuola della Barbie (con tanto di Miur). Le piccole figure parlavano e gridavano; qualcuna addirittura agitava i pugni.

- Chi siete cattivelli?
- Come chi siamo? Siamo i precari! Siamo tanti, qualificati e sempre più arrabbiati! 
- Ohhh! che volete? Tornate nella scatola dei giochi, aspettate fino a che non vi chiamo?
- Noi aspettiamo da anni: adesso vogliamo giocare alla cattedra di 18 ore!!
E scoppiò una sarabanda furiosa: le barbie-maestre si strappavano i capelli, i nanetti in classe si sporgevano dalle finestre gridando 
- Aria aria! Rivogliamo Biancaneve! Ridateci anche la Strega, anche quella di Hansel e Gretel, ridateci l’Orco, ma questa Mariastella non ci piace! Ci ammucchia come i wurstel sulla polenta! Vogliamo uscire! 

I big Jim inferociti si strapparono i pantaloni di polietilene della Sma e gridavano: abbasso i tagli evviva la libertà!

Mariastella indossò gli occhiali blu elettrico e disse severa lasciando trasparire un leggero accento dell'Oltrepo':
Oh! Signùr!! Basta qui non si fa politica!
Qui non si critica il gioco del Ministro che sono io! 
Se non vi piace andatevene!
Qui non si accettano repliche!
Qui non si fa beneficenza!
Questo è il mio gioco e non un ammortizzatore sociale!
Qui si prendono pochi soldi e si lavora di più, ma in compenso non tutti ne prendono lo stipendio!
Rispose per tutti una bella e giovane precaria vestita di rosa (in realtà dovremmo dire che aveva a carico 2 figli, un affitto, spese auto e menage anch'esso precario, ma si vestiva di rosa ugualmente):
- E che è, ALCATRAZ o la SCUOLA PUBBLICA?
A questo punto scoppiò addirittura un finimondo, uno tsunami, un’eruzione globale: tutti i componenti dell’enorme Scuola della Barbie (con tanto di Miur, Usp e compagnia bella, con tanto di kit per la costruzione di mini-grandi scuolette, con tanti Big Jim prof e amiche della Barbie-maestre ) si fecero sentire con grida e proteste.
Mariastella perplessa cambiò pettinatura ed occhiali, andò perfino a Ballarò a difendere il suo santo protettore, ma non riusciva comunque a capire e si ripeteva laconica, in uno spiccato accento bresciano, ma interrogando solo se stessa:
- Ma da quando le Barbie si ribellano?

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