chi sono

Sono Maria Serena, ho insegnato letteratura italiana. Oggi scrivo e sono qui per riflettere, dialogare raccontare. I miei interessi sono rivolti alla comune condizione umana, anche quella raccontata dalla letteratura. Vorrei partecipare alla costruzione di un pensiero nuovo e diverso, fondato su radici antiche, che riconosca uguaglianza e giustizia a tutti.

martedì 12 aprile 2011

Letteratura scientifica, scienziati letterati e scrittori non solo umanisti

Sir  Arthur Charles Clarke
Partecipare, fluttuando nel cyberspazio, alla blogoclasse di Andreas Formiconi, per il corso primavera 2011 è un’occasione per imparare molto e di riflettere altrettanto. La recente blogolezione sulla letteratura scientifica, ad esempio, ha riattivato una mia riflessione depositata da tempo in fondo a qualcuno dei miei magazzini-bagaglio di lettrice ostinata, soprattutto di narrativa e poesia e non solo.
La letteratura scientifica è un campo specialistico, di cui il post fornisce una analisi importante; ma è pur sempre una forma di scrittura. Per questo motivo ho letto, e mi sono soffermata, su alcuni passaggi sui quali si mi si è spalancata la porta del mio magazzino di bagagli letterari.
Mi sono allora chiesta: quando scrive un cosiddetto letterato sente questa stessa esigenza? E’ disposto a immaginare che chiunque possa replicare o ripercorrere i suoi passaggi? E perché si sentirebbe libero di non farlo? Dove finisce, in questo caso, il decantato “patto narrativo” caro alla narratologia, ai semiologi, ai critici letterari?  Oppure a volte si immagina, ancora, la scrittura letteraria come un hortus conclusus ai non addetti ai lavori e aperto solo agli ortolani iniziati?
In realtà non sempre è così. La scrittura elitaria, simbolica,  volutamente oscura (o indifferente alla reazione del lettore) è una pratica decadente su cui si può consentire o meno; ma, a mio avviso, sono molti i grandi scrittori che non hanno seguito queste tracce e non hanno perseguito una scrittura che può fare a meno della logica, della dichiarazione dell’itinerario seguito e della possibilità per chi legge di orientarsi ripercorrendolo. Naturalmente dicendo questo sto interpretando il passo citato e lo riferisco ad un ambito non scientifico in senso stretto.
Eppure tra i suddetti grandi scrittori, e tra quelli ho letto con maggior interesse, che ho riletto e considerato irrinunciabili ce ne sono molti che non hanno formazione umanistica, non hanno esercitato la professione di letterato o non sono vissuti del mestiere di scrivere. Quale relazione c’è tra la scrittura e una mente, un’indole di formazione diversa?
Ecco perché mi sono ritagliata, all’interno della vivace e dinamica blogoclasse un ruolo di curiosa e affamata ascoltatrice, e mi sono limitata a un commento solo marginale dicendo anche che nel post di Andreas ho trovato un potente indizio ed una spiegazione.
A riprova, divagando e continuando a fluttuare, ho cominciato a scrivere un elenco di autori che amo molto e non solo da me, e ho unito a questa raccolta di nomi gli essenziali relativi dati biografici (colti su web, tanto per non uscire dalla blogoclasse o dal cyberspazio). Non ho elencato i più classici dei classici solo perché è arcinota la loro storia. Infatti, ad esempio, che Dante facesse parte dell’Arte dei Medici e degli Speziali e che avesse formidabili conoscenze filosofiche, teologiche e scientifiche (relativamente alla cultura medievale ovviamente) è nozione universale e familiare, così come il fatto che Machiavelli si considerasse un politico e uno storico piuttosto che un letterato, e potremmo continuare l'elenco.
Ho scritto, invece, un elenco, casuale e all’impronta, di autori messi giù man mano che mi venivano in mente. Ed ecco i risultati: grandi scrittori, di formazione  ed esperienza scientifica, tecnologica, commerciale, biologica, spesso poliedrica  o  comunque di cultura anche non letteraria o umanistica.
Non avanzo essuna pretesa di esaurire l’argomento con questo elenco, che rappresenta, più che altro un divertimento, un raccoglier frutti nel bosco; o forse uno spolverare il  magazzino-bagagli di lettrice ostinata e forse caotica.
Ma anche il caos ha il suo perché.
Elenco alla rinfusa
 sir Arthur Charles Clarke (Minehead, 16 dicembre 1917 – Colombo, 19 marzo 2008) è stato un autore di fantascienza e inventore britannico.
Isaac Asimov (Petroviči, 2 gennaio 1920 – New York, 6 aprile 1992) è stato un biochimico e scrittore statunitense di origine russa. Le sue opere sono considerate una pietra miliare sia nel campo della fantascienza che delladivulgazione scientifica.
Fëdor Michajlovič Dostoevskij, in russo: Фёдор Михайлович Достоевский[?] /ˈfʲodər mʲɪˈxajləvʲɪtɕ dəstɐˈjɛfskʲɪj/ ascolta[?•info] (Mosca, 11 novembre 1821 – San Pietroburgo, 28 gennaio 1881), è stato uno scrittore e filosofo russo. È considerato uno dei più grandi romanzieri russi dell'Ottocento e in generale di ogni tempo.
Lev Nikolaevič Tolstoj, in russo: Лев Николаевич Толстой[?], /ˈlʲɛf nʲɪkɐˈlaɪvʲɪtɕ tɐlˈstoj/ ascolta[?•info] (Jasnaja Poljana, 28 agosto 1828 – Astapovo,20 novembre 1910[1]), è stato uno scrittore, drammaturgo, filosofo,pedagogista, educatore, esegeta, teologo, editore ed attivista sociale russo.
Honoré de Balzac (Tours, 20 maggio 1799 – Parigi, 18 agosto 1850) è stato uno scrittore francese, considerato fra i maggiori della sua epoca.Romanziere, critico, drammaturgo, giornalista e stampatore, è considerato il principale maestro del romanzo realista francese del XIX secolo.
Carlo Emilio Gadda (Milano, 14 novembre 1893 – Roma, 21 maggio 1973 ottenne la laurea in ingegneria elettrotecnica. Come ingegnere lavorò in Sardegna, in Lombardia, in Belgio ed in Argentina.
Eugenio Montale (Genova, 12 ottobre 1896 – Milano, 12 settembre 1981) è stato un poeta, giornalista e critico musicale italiano, premio Nobel per la letteratura nel 1975 iscritto all'istituto tecnico commerciale "Vittorio Emanuele", dove si diplomerà in ragioneria,
Italo Calvino nacque nel 1923 a Cuba (esattamente a Santiago de Las Vegas, presso L'Avana), dentro un grande bungalow del coloratissimo giardino botanico tropicale diretto dai genitori. Il padre Giacomo, detto Mario, fu un agronomo di origine sanremese, mentre la madre, Dorotea Evelina Mameli, detta Eva, nativa di Sassari, diplomata in matematica e laureata in scienze naturali, lavorò come assistente di botanica all'Università di Pavia.  Intellettuale di grande impegno politico, civile e culturale, è stato forse il narratore italiano più importante del secondo novecento.
Johan August Strindberg (Stoccolma, 22 gennaio 1849 – 14 maggio 1912) fu uno scrittore e drammaturgo svedese.La vita di Strindberg fu tumultuosa, tessuta di esperienze complesse e scelte radicali e contraddittorie, a tratti rivolta contemporaneamente a molteplici discipline non direttamente attinenti alla figura ufficialmente letteraria dell'autore: scultura, pittura e fotografia, chimica, alchimia, teosofia.
Aleksandr Isaevič Solženicyn, in russo Алекса́ндр Иса́евич Солжени́цын, traslitterato anche come Aleksandr Isaevič Solženitsyn oAleksandr Isaevich Solzhenitsyn, pronuncia Aliksàndr Soljenìzn(Kislovodsk, 11 dicembre 1918 – Mosca, 3 agosto 2008), è stato unoscrittore, drammaturgo e storico russo. Nel 1924, a causa degli espropri ordinati dal regime, si trovò nella miseria. Ciò non toglie che Aleksàndr continui gli studi e si laurei in matematica nel 1941.
Joseph Roth frequentò la scuola commerciale fondata a Brody da un magnate e filantropo ebreo, il barone Maurice de Hirsch. Diversamente dalle scuole ortodosse chiamate Cheder, non vi si tenevano solo lezioni di religione, ma, oltre all'ebraico e allo studio della Torah, si studiavano il tedesco, il polacco e materie pratiche. Fece la carriera militare, fu giornalista,
Fracesco Redi : Studiò a Firenze e a Pisa e lì si laureò nel 1647 in Filosofia e Medicina. Dopo la laurea Redi frequentò per tutto il 1648 la scuola di disegno di Remigio Cantagallina, come annotava nel proprio Libro di Ricordi. Continuò poi gli studi a Roma fino al 1654. Successivamente, a Firenze, entrò a servizio dei Medici e si dedicò allo studio delle lingue.


 E per ora ci fermiamo. 
Non ho citato Primo Levi perché sull'autore di "Se questo è un uomo" rimando al bel post di notanative:  "La chimica delle parole: Primo Levi narratore e scienziato

31 commenti:

Andreas Formiconi ha detto...

Eh questa osservazione è interessante, mi ha sempre impressionato tanto ... sono convinto che l'elenco potrebbe diventare molto lungo ...

Serena Peterlin ha detto...

A me sembra, pensando ai giovanissimi che, volenti o nolenti si accostano alla scrittura, che questi esempi, ben raccontati, potrebbero anche far aprire la mente.
Mi piacerebbe abbattere la vecchia convenzione in base alla quale o si è portati le discipline umanistiche oppure per quelle scientifiche.
Ci sarebbe tanto da dire!

Fermina Daza ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Fermina Daza ha detto...

In punta di piedi aggiungo Paolo Volponi, laureato in legge, direttore dei servizi sociali della Olivetti.
Io trovo molto interessante la trattazione dei temi legati al rapporto tra letteratura e industria. Su google libri è possibile prendere visione del suo "Scritti dal margine".

Serena Peterlin ha detto...

Aggiungiamo Fermina :-)
A come ho scritto è stato un elenco estemporaneo; le integrazioni sono preziose!

Anonimo ha detto...

Bulgakov, che era un medico :)
Se solo riuscissi a ritrovare il file di appunti che avevo buttato giù in fretta con "le mie radici" ispirata dal Coltivare le connessioni andreasiano e parafrasando La ricerca della radici di Primo Levi!
Il caos impera, ma il tempo si trova quando c'è interesse!
Comunque, veloce veloce, forse gli scienziati-letterati hanno un punto di vista più ampio (oltre a uno stile comunicativo chiaro) avendo un PLE capace di considerare le "cose" sotto molteplici aspetti. Devo tornarci sopra.

Serena Peterlin ha detto...

Grazie Notanative :-) non ci avevo pensato!
Interessante anche l'ipotesi sul punto di vista.

Tikli ha detto...

Forse è un'osservazione stupida,ma credo che aldilà della scelta di una professione lontana dall'ambito umanistico,scrivere sia un modo per tornare in contatto con sè stessi e con la propria umanità,con le domande che in quanto uomini prima che professionisti è impossibile non farsi...perciò tanti uomini di formazione non prettamente umanistica si sono dati alla scrittura secondo me,perchè dava loro modo di fermarsi e di riflettere su sè stessi e sugli altri in maniera diversa,anche più personale,cosa a cui forse il loro "esercizio" quotidiano non lasciava molto spazio.
ps.chiedo scusa se il mio commento non c'entra molto con l'argomento :)

Serena Peterlin ha detto...

Apprezzo molto, Ilaria, questa riflessione. E' vero, se lo scrittore scienziato sente questa esigenza e si ferma a riflettere non coglie aspetti che ad altri possono sfuggire.
Penso che lo scrittore scienziato più difficilmente ceda alla tentazione della ricerca delle parole d'effetto, dell'aggettivo originale; la riflessione su se stesso fatta da un medico, da un chimico o un matematico è probabilmente un itinerario diverso.
Sono molto colpita dalle tue osservazioni e da quelle di Notanative e ci sto riflettendo :-)

Andreas Formiconi ha detto...

Mario Tobino, psichiatra

Serena Peterlin ha detto...

Correggo:
E' vero, se lo scrittore scienziato sente questa esigenza e si ferma a riflettere * coglie aspetti che ad altri possono sfuggire.

Serena Peterlin ha detto...

@ Andreas: grazie prof!

Serena Peterlin ha detto...

Leon Battista Alberti
(architetto, matematico, musicista... ecc ecc)

Serena Peterlin ha detto...

Giuseppe Bonaviri, cardiologo

Serena Peterlin ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Serena Peterlin ha detto...

Jack London (di lui sarò sempre impunemente innamorata), non proprio uno scienziato, ma nemmeno un umanista, e copio da wikipedia per non commuovermi: "vagabondo, fece lo strillone di giornali, il pescatore clandestino di ostriche, il lavandaio, il cacciatore di foche, il corrispondente di guerra russo-giapponese, l'agente di assicurazioni, il coltivatore e, appunto, il cercatore d'oro prima di diventare uno scrittore di successo..."
Ciao Jack!

Anonimo ha detto...

Galileo

gs ha detto...

Anche se non era uomo di scienza, anche Italo Svevo non fu letterato di professione e forse da questo deriva la sua grandezza.
Aggiungo inoltre un poeta molto poco conosciuto, sul quale solo ora si iniziano a fare studi di un certo peso, ossia Lorenzo Calogero. Calabrese, medico, Calogero per tutta la vita coltivò l'attività letteraria come un'amante segreta; cercò di far pubblicare, senza successo, le sue poesie ma ebbe una certa notorietà solo dopo la morte nel 1961.
Concludendo, anche Louis-Ferdinand Cèline era medico.

Serena Peterlin ha detto...

@notanative :-) certamente!
@gs : sono d'accordo su tutti e tre gli autori citati.
Ma poi cos'è un "letterato di professione"?
Forse è proprio questo il problema: se sia più naturale fare di una passione artistica qualcosa come un mestiere o viceversa

Serena Peterlin ha detto...

poi ci sarebbero Mao, Ho-Chi-Minh del quale ho trovato su internet questa poesia:
LA ROSA

La rosa s'apre, la rosa
appassisce senza sapere
quello che fa.
Basta il profumo
di rosa
smarrito in un carcere
perchè nel cuore
del carcerato
urlino tutte le ingiustizie
del mondo.

Ho-Chi-Minh

Tikli ha detto...

Accidenti,non si può dire che Jack London non avesse lo spirito d'adattamento!
Comunque si,molto probabilmente gli scrittori-scienziati, non avendo un amore per la parola in sè o per il modo in cui è espressa ma più per il contenuto del testo,prediligono uno stile più scarno e diretto...anche se non ne sono certa,perchè chi ci dice che la passione per la scrittura sia venuta dopo l'amore per la scienza e non sia invece stata sempre parte di loro?C'è da porsi a questo punto per ognuno di loro un dilemma:scienziato-scrittore o scrittore-scienziato?:)

Serena Peterlin ha detto...

Sulla scorta delle tue belle domande, Ilaria, stavo pensando che l'amore per la parola potrebbe davvero essere un'arma a doppio taglio.
E mi sono venuti in mente i notissimi versi di Montale "Non chiederci la parola che squadri da ogni lato/l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco/lo dichiari e risplenda come un croco/perduto in mezzo a un polveroso prato."
E allora mi chiedo anche se lo scienziato, che ha bisogno di parole che squadrino l'argomento (mi esprimo con imprecisione, da non scienziata; aiutatemi a dirlo meglio), muta in cultore della parola bella oppure montalianamente relativizza la possibilità della parola stessa quando scrive poesie o romanzi?
Concetto ancora informe.

ps: Davide Maria Turoldo, teologo, prete, poeta.
E dato che siamo in argomento: Karol Wojtyla ... papa. :-)

Andreas Formiconi ha detto...

Io credo che esistano gli uomini, che sono composti da donne e uomini ... la nostra lingua non distingue ma voi avete capito. Ecco, esistono gli uomini appunto, che trovano conveniente vestirsi. Fanno bene a vestirsi gli uomini, da eschimese in Groenlandia e da aborigeno in Australia, sennò starebbero scomodi e potrebbero anche ammalarsi.

In che differisce un eschimese da un aborigeno? Certo nel vestito, e poi? E poi sono uguali nell'essere uomini e quindi ben diversi l'uno dall'altro, ma uomini tutti e due. Gli uomini possono essere l'uno più timoroso, l'altro più curioso, l'altro ancora prepotente e il suo dissimile empatico e così via.

Il poeta e lo scienziato sono uomini egualmente curiosi, ma proprio tanto curiosi. Tutti e due rischiano facilmente di finire in bocca a una fiera quando vanno esplorando la Natura. sono proprio lo stesso tipo. Differiscono meramente nel vestito, di poeta l'uno, di scienziato l'altro. E come l'eschimese veste da eschimese e l'aborigeno da aborigeno perché è capitato loro di nascere in luoghi diversi, così il poeta veste da poeta e lo scienziato da scienziato perché è capitato loro di passare da luoghi diversi.

Se la fortuna arride un minimo, con il tempo le necessità della vita si fanno meno cogenti. Allora l'animo curioso prorompe facilmente, di modo che proprio la curiosità che aveva indotto il poeta a fare il poeta lo porti a uscire dal vestito di poeta per provare quello dello scienziato, e viceversa.

Magari certi trapassi emergono più facilmente, possono essere più appariscenti. Fare lo scienziato è oggi complicato, richiede strutture, lavoro di gruppo, equipaggiamenti. All'inverso, scrivere una storia e pubblicarla è più semplice, si può fare da soli. Ma sono assolutamente convinto che il poeta non cessi mai di esplorare e non sta certo a pensare se è vestito adeguatamente alla bisogna.

Dico poeta e non letterato: ho conosciuto poeti che non hanno mai scritto una riga e letterati più noiosi di un ragioniere triste.

Tikli ha detto...

Poeta e Scienziato:Due modi di conoscere la natura,due "strade" diverse per esplorare il bosco ritornando alla metafora di Coltivare le Connessioni...:) forse però integrando le due strade questi uomini hanno avuto una visione più completa.
ps.Come,come ho potuto dimenticarlo?!John Keats,chirurgo!:D

Serena Peterlin ha detto...

:-) sì. Evviva!
Le metafore sono davvero insostituibili.
L'immagine finale del poeta che non scrive è come se mi si materializzasse davanti. Da un vedo lato il poeta dalle poesie non scritte e quindi non tradotte in parole; accanto a lui lo scienziato che osserva e ricerca ed a volte ha bisogno di inventarne: ma sono sue.

Sullo sfondo qualche letterato togato e babbione che scuce parole a in rima a vecchi dizionari; parole che nessuno leggerà, tranne i poveri studenti costretti a compitare libri scolastici.

Serena Peterlin ha detto...

Mi riferivo al commento di Andreas; e mi accorgo che mi connettevo anche ad Ilaria. Funziona!

Serena Peterlin ha detto...

Ringrazio Roberta Ranzani che mi ha taggato su fB ("http://www.facebook.com/permalink.php?id=621689406&story_fbid=203582639664312)ricordandomi uno scritto importantissimo di Primo Levi sullo "Scrivere".Ne cito qui un brano che riguarda in particolare il mestiere di scrivere e in cui Levi risponde ad un giovane aspirante narratore, e risponde anche ad alcuni nostri dubbi: Lei ha ventisette anni, che vive in una piccola città, che ha compiuto senza eccessivi sforzi il Liceo Classico, e che ora ha trovato faticosamente un impiego modesto, che Le dà poco guadagno, una certa sicurezza e scarse gratificazioni.
Lei desidera scrivere, e più precisamente narrare; ed infatti scrive, ma vuole da me un consiglio e un indirizzo: come scrivere. Lei non mi pone, e non si pone, il dilemma fondamentale, cioè se scrivere o no, e così facendo mi mette fin dall'inizio in imbarazzo. Infatti, da quanto lei mi dice si desume che Lei si rappresenta il raccontare come un mestiere, mentre secondo me non lo è.
In Italia, oggi, ogni mestiere coincide con una garanzia: chi vive di scrittura, garanzie non ne ha. Di conseguenza, i narratori puri, quelli che ricavano di che vivere soltanto dalla loro creatività, sono pochissimi: non più di qualche decina. Gli altri scrivono a ore perse, dedicando il resto del loro tempo alla pubblicità, al giornalismo, all'editoria, al cinema, all'insegnamento o ad altre attività che con lo scrivere non hanno nulla in comune. Perciò Le raccomando in primo luogo, anzi, Le prescrivo, di tenersi caro il Suo impiego.
Se veramente Lei ha sangue di scrittore, il tempo per scrivere lo troverà comunque, Le crescerà intorno; e del resto, il Suo lavoro quotidiano, per quanto noioso, non potrà non fornirle le materie prime preziose per il Suo scrivere serale o domenicale, a partire dai contatti umani, a partire dalla noia stessa. La noia è noiosa per definizione, ma un discorso sulla noia può essere un esercizio vitale ed appassionante per il lettore: Lei che ha fatto gli studi classici certamente già lo sa.

Tikli ha detto...

E a me parte un sospiro,perchè non ci sono parole migliori di quelle usate da Primo Levi.Chi scrive per mestiere,chi guadagna soltanto tramite la scrittura,rischia d'incappare (non sempre naturalmente,dipende dalle persone) nel tristissimo "scrivere per soldi".E invece secondo me si scrive innanzitutto per sè stessi,per comunicare qualcosa agli altri,indipendentemente dal successo che ne deriverà...(naturalmente la letteratura scientifica,che è a scopo informativo,è un caso a parte.) Mi è venuta in mente una citazione del film L'attimo fuggente leggendo il tuo commento...:)
"Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana; e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento; ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l'amore, sono queste le cose che ci tengono in vita."-Prof. Keating

Tikli ha detto...

ps.ahahahahah già,siamo connesse,funziona!:D

Anonimo ha detto...

@Mariaserena, sono sempre io sotto mentite spoglie :)

@Ilaria, ti ho lasciato un link in un commento al tuo post sulla valenza della memoria olfattiva, per evitare troppi pasticci di pinga qui e pinga là lo copincollo, scusandomi con Mariaserena, ma è una cosa bella da ascoltare ed è un piacere condividerla.
Si tratta della versione audio (tratta da non so quale programma radio) di un bel racconto di Primo Levi dal titolo illuminante: I mnemagoghi.
Scaricabile da http://www.mediafire.com/?xnbzcbzwzwf

roberta

Serena Peterlin ha detto...

Funziona, sì, e volano i pensieri.
Pingate pure pure qui, a tutto spiano.
Abbiamo raggiunto (grazie Andreas!)un traguardo di tappa: la cifra comune tra scienziati e poeti è la curiosità. E, seppure come apprendista, io mi sento curiosa e affamata, folle :-)))