Narrare costa. Specie se si narra emozionandosi, senza paludarsi di vesti ufficiali, mettendosi in gioco e accettando che gli altri ci vedano diversamente da come vorremmo.
I primi che non sempre ci vedono come siamo sono proprio i nostri figli se siamo genitori, i nostri ragazzi se siamo insegnanti, i nostri giovani se siamo adulti. E non è un piccolo particolare.
Per anni ci è stato detto che anche l'insegnante è un professionista, che deve usare tecniche di insegnamento, che deve razionalizzare i suoi strumenti, e potremmo lungamente elencare altri ragionevoli e buoni motivi per cui il nostro dovrebbe essere un lavoro come tanti, eppure molti di noi sanno di non aver scelto questa professione dopo una lunga e lucida analisi del mercato del lavoro.
E allora a me è sembrato, leggendo il post di Gianni Marconato, che una risposta su com'è il "bravo prof", si debba cercare anche frugando a ritroso come dire... spudoratamente.
E con queste parole, tanto per esser coerente, ho cercato di spiegare il senso del mio post precedente, andando a ritroso.
E’ giusto cercare di guardare avanti, di vedere lontano, di prepararsi al futuro. Ma volte si deve esser disposti camminare all’indietro, la vita vera è fatta anche di ritorni, ed io, spesso, ritorno.
Questa volta sono ritornata in un luogo ancora famigliare, sono rientrata nel ning Lascuola che funziona con uno scopo che considero utile: raccontare.
Narrare è possibile. E qualcuno deve pur farlo.
3 commenti:
Buon viaggio, Mariaserena. Le tue parole mi sono compagne preziose.
ma si viaggia meglio in compagnia... :))
Ti lascio un saluto e una traccia del mio passaggio...
Isher
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