chi sono

Sono Maria Serena, ho insegnato letteratura italiana. Oggi scrivo e sono qui per riflettere, dialogare raccontare. I miei interessi sono rivolti alla comune condizione umana, anche quella raccontata dalla letteratura. Vorrei partecipare alla costruzione di un pensiero nuovo e diverso, fondato su radici antiche, che riconosca uguaglianza e giustizia a tutti.

giovedì 12 gennaio 2012

COME SI CAMBIA PER RICOMINCIARE


Tornare indietro un anno un giorno per vedere se per caso c'eri…

Storie del vecchio e nuovo secolo. Storie di mondi diversi. Storie di cambiamento. Il mio.

Storia del vecchio secolo

Si tolse il cappello e lo tenne umilmente tra le mani per tutta la durata del colloquio. E con le dita nodose mi mostrò come avrei potuto picchiare suo figlio. Era un vecchio contadino e suo figlio gli apparteneva, era suo e della terra che lo attendeva. Perché il contadino è il padre e la terra è la madre, e se nasci contadino alla terra devi tornare. Ma fino a quando sei nella scuola, appartieni alla scuola, perché la scuola è come il parroco, il sindaco, la levatrice, il maresciallo dei carabinieri, il medico.

Così disse il padre dalle dita nodose. Mi strinse la mano e sparì per sempre. Da quel momento il figlio non era più affar suo. E non tornò mai a reclamare per un brutto voto o per qualche vera o presunta ingiustizia patita dal sangue del suo sangue. Perché fino a quando sei nella scuola, appartieni alla scuola, e la scuola è importante come il parroco, il sindaco, la levatrice, il maresciallo dei carabinieri, il medico. E non tornò mai a reclamare nemmeno per una bocciatura, perché una malannata può capitare, perché bisogna avere pazienza con i terreni sterili, perché il buon contadino sa attendere, perché il buon contadino conosce gli imprevisti del mestiere.

Era un contadino e suo figlio gli apparteneva, era suo e della terra che lo attendeva per ingoiarlo. E solo quando fu il momento il buon contadino venne a reclamare ciò che era suo e della sua terra. E il figlio sparì per sempre tra le zolle.

È giusto così. Questo disse il patriarca mentre si toglieva il cappello. A chi appartenevano i ragazzi quando erano nella scuola? Ai genitori? Agli insegnanti? Alla scuola stessa? Il vecchio patriarca “sapeva le cose della terra” e non “le cose alte” e solo le cose della terra poteva e voleva insegnare a suo figlio. Alla scuola toccava prendersi cura delle cose alte, di quelle che ti consentono di mettere una firma, di leggere un contratto, di fare una dichiarazione, di capire un imbroglio, le cose alte su cui non puoi lavorare con la zappa.

Era così che la vedeva il patriarca che conosceva meglio di me, insegnante di ventiquattro anni, il mondo. Ed era uno che aveva rispetto per i maestri e per la scuola, per i contadini e per i campi. A ciascuno il suo, mi disse, chè a piantar cicorie tu non saresti capace, né a dire quando si raccolgono i finocchi.

Queste le parole del patriarca contadino che, guardando i libri, mi raccontava che a casa sua di tempo per leggere non ce n’era.


Storia del nuovo secolo

Il bidello mi corre incontro. Ha il baffo trafelato e l’occhio compassionevole di chi annuncia l’ennesimo cahier de doléance.

Prof, c’è la mamma di F.T. che vuole parlare urgentemente con lei! Con fare protettivo mi propone un eventuale depistamento. Le dico che non può riceverla? Sarei tentata di soddisfare il suo istinto paterno ma la mamma di F.T. non può attendere. Arrivo subito, gli rispondo. E così il baffo trafelato perde improvvisamente di tono e il sopracciglio lo segue a ruota inabissandosi sulla palpebra.

Si allontana un po’ più curvo del solito, ormai rassegnato ad assistere ad un’altra storia da tribunale in cui l’accusatore è anche giudice. E il giudizio spesso si tiene in pubblica piazza, davanti agli occhi di tutti, perché in televisione si fa così. Un processo che diventa spettacolo.

Ma io so che non farò processi e non ne riceverò. E mentre saluto la mamma da lontano, penso che la scuola è fatta di alunni, di docenti e di genitori trasparenti gli uni agli altri. Ci sono tutti gli ingredienti per confezionare una buona torta ma ciò che si tira dal forno è spesso e volentieri solo una grossa bolla d’aria, un sufflè destinato a perdere di tono come il baffetto del paterno bidello.

Stringersi la mano è stringere un patto, un patto di alleanza.

Io e la mamma di F.T. organizziamo un incontro rivolto a tutti i genitori della seconda. Un incontro informale, di quelli che non prevedono il finanziamento pon o pof, un incontro libero per decidere insieme il curricolo formativo e le modalità di partecipazione di ciascun genitore alle attività di classe. Un percorso comune e condiviso davvero.

Un incontro libero dettato non dalle logiche del pon e del pof ma dal bisogno di conservare la cultura continuando a creare culture. E i genitori sono culture. E le culture hanno difficoltà a trovare spazi che permettano una partecipazione attiva. È per questo che le culture vanno ospitate ed aiutate a costituire una rete che possa dare un grande contributo al cambiamento. E tu stessa devi essere cultura.

E nessun dirigente scolastico si opporrà all’idea di conservare la cultura creando le culture, soprattutto se la cosa si fa gratuitamente. E non la si fa gratuitamente perché si è fessi. La gratuità è il “prezzo” che si paga volentieri per poter essere liberi di provare a cambiare.

E il cambiamento inizia proprio lì dove operiamo. Nel concreto.

Fermina Daza

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