chi sono

Sono Maria Serena, ho insegnato letteratura italiana. Oggi scrivo e sono qui per riflettere, dialogare raccontare. I miei interessi sono rivolti alla comune condizione umana, anche quella raccontata dalla letteratura. Vorrei partecipare alla costruzione di un pensiero nuovo e diverso, fondato su radici antiche, che riconosca uguaglianza e giustizia a tutti.

giovedì 23 settembre 2010

PREFERISCO LA MORTE di Fermina Daza

La teoria

“Sempre più ricerche dimostrano che gli studenti che si sentono connessi agli insegnanti, ai compagni, alla scuola stessa, raggiungono risultati migliori negli studi. Riescono a resistere meglio ai pericoli dell’adolescenza moderna: i ragazzi emotivamente connessi hanno percentuali inferiori di violenza, bullismo e vandalismo, ansia e depressione, uso di droghe e suicidio, assenze ingiustificate e abbandono scolastico.”
(Daniel Goleman, Intelligenza sociale, Edizione Mondolibri,2006, pag.20)

La pratica

“La scuola che vorrei è una scuola morta. Senza ragazzi urlanti e professori arrabbiati. La vorrei silenziosa e cupa. Solo un cumulo di cemento addormentato. La vorrei così, ancor priva del suo primo sbadiglio.
La vorrei così, addormentata.
La vorrei senza problemi e senza ansie altrimenti preferisco la morte”
(alunno N.N. - anno scolastico 2009-2010)

Inutile commentare. Utile documentare.

12 commenti:

Serena Peterlin ha detto...

Non basterà un principe a cavallo e ammantato d'azzurro a risvegliare questa scuola.
NN ha ragione.
NN ha una lucidità da scienziato/a.
NN vede e descrive una scuola che, purtroppo assomiglia a quella di mezzo secolo fa. I professori non urlavano, ma sibilavano come mostri onnipossenti; e forse non era meglio né peggio.
NN ha diritto ad essere ascoltata/o e le dico che senza una partecipazione di tutte le componenti sociali e una riflessione critica spietata questa potrebbe essere anche la scuola dei suoi figli.

Abbraccio con cuore NN, perchè sono stata anche io. E forse lo sono ancora.

Antonio Saccoccio ha detto...

abbraccio anch'io NN. anch'io sono stato NN.

UTILISSIMO DOCUMENTARE.

brava fermina! ;)

Antonio Saccoccio ha detto...

e va beh commentare è inutile, ma un commentino NN ci sta sempre! :D

Loretta Bertoni ha detto...

Mi auguro che tutti noi siamo stati NN per poter capire quanto sta dietro a queste parole, quanta rabbia, quanta delusione. Quanta stanchezza...Certo NN, meglio la morte di una lenta e dolorosa agonia.

Lasciami commentare questo, caro NN: quale documentazione potremmo portare noi, che sia migliore della tua lucida testimonianza? Non esistono documenti che possano urlare più forte delle tue parole, non esistono pugnali che possano affondare la lama nel cuore più di quanto hai scritto...

Fermina Daza ha detto...

NN è una forza della natura,grande carattere, grande scrittura.... La vedo crescere e mi dico che è forte ...la mia NN...

Loretta Bertoni ha detto...

La tua NN? Fermina, un bacio per tanta forza. Ora capisco tutto...

Serena Peterlin ha detto...

C’è un’altra N.N. che posso documentare.
Ad undici anni N.N. fu iscritta in prima media e cominciò a seguire le terribili lezioni di latino. E piovvero i compiti in classe.
N.N. prese bruttissimi voti; per l’esattezza prese 1 ai primi tre compiti. Eppure le sembrava di studiare, faceva i compiti a casa, si sforzava mandare a memoria le regole e di seguire la sua prof che la rimproverava deridendola esattamente come rimproverava tutti i somari della classe.
N.N. non si sentiva somara, ma indegna. Si sentiva piena di paura. A casa non avrebbero capito. Il ritornello dei genitori era “se gli altri prendono la sufficienza la devi prendere anche tu”.
Al terzo 1 (scritto come una violenta lama blu sul compito) N.N. non voleva nemmeno tornare a casa, ma aveva troppa paura per andare altrove.
Aveva pianto in classe (di nascosto per non farsi canzonare) e pianse per tutta la strada.
Arrivata a casa si fermò davanti alla porta, lesse il nome di suo padre sul cartellino del campanello e pensò dentro di sé una frase terribile e sproporzionata per una ragazzina così piccola, (ma lei non lo sapeva e la trovava appropriata). L'aveva sentito al catechismo: “Padre ho peccato contro il cielo e contro di te, e non sono degno di esserti figlia”.
Suonò tuttavia il campanello e, non appena le fu aperto si precipitò al bagno, a lavarsi la faccia.
Poi andò a tavola: si sedette davanti al suo piatto di pasta (coperto da un altro piatto perché non si freddasse troppo) e cominciò a mangiare.
- Come è andata la scuola ?- chiese la mamma casalinga che stava per andare a fare il riposino pomeridiano
- Niente di nuovo. – Rispose piano N.N.
E cominciò a mentire.

Loretta Bertoni ha detto...

Una bellissima storia, Mariaserena. Una bellissima storia molto vera, che purtroppo tanti NN vivono ogni giorno, vittime di un sistema sbagliato che li priva dei propri sogni. Un abbraccio fortissimo, Mariaserena cara...

Fermina Daza ha detto...

"...un sistema sbagliato che li priva dei propri sogni!". Mi fermo spesso a pensare a questo sistema sbagliato e mi rendo conto che il disagio nei confronti della vita viene progressivamente importato e accumulato all'interno delle aule e lì rimane latente ed inespresso per lunghissimi periodi.
La capitalizzazione dello stress è un fenomeno in costante crescita. Gli strumenti per monitorare il disagio ci sono ma difficilmente vengono usati. Non c'è tempo...bisogna andare avanti col programma. Dei grilli per la testa degli alunni se ne occupi chi ha più ore...
E io me ne occupo molto volentieri... anche se alcune volte ho la sensazione di svuotare il mare col cucchiaino!

Serena Peterlin ha detto...

Sì Lory, una storia come tante ( mi verrebbe da dire una storia sbaglia). Vera, sì certo: il documento è sempre una testimonianza vera, col solo limite della soggettività di chi lo redige. E tuttavia...
Di queste storie ne sappiamo molte, almeno tante quante sono le persone su cui ci siamo fermati a pensare.
Ma gli insegnanti non dovrebbero fare proprio questo? Fermarsi a pensare su le persone che hanno davanti per più di un motivo:
1) quelli che indica Fermina
2) il fatto che la persona alunna/o riflette molto sui suoi insegnanti e quindi a me pare evidente che se le riflessioni non si intrecciano qualcosa non va
3) le persone alunni crescono. E se reincontrandoli ci si vuole bene e ci si stima... è una gioia a cui è stupido rinunciare.
4) .... dite voi. :-)

Loretta Bertoni ha detto...

E' giustissimo Serena, basterebbe fermarci a pensare...innanzitutto al fatto che chi ci sta di fronte non sono semplici "studenti", ma persone. Dovremmo imparare ad affiancarci a loro, a stimarle, a rispettarle e soprattutto ad amarle (il che non significa che dobbiamo condividerne ogni pensiero o azione, ma solo che dobbiamo rispettarli). Tutte queste persone. Amarle fino al punto che ci permetta di fondere e intrecciare, come tu dici, i nostri pensieri e le nostre sensazioni. Tutto questo è assolutamente possibile, solo chi non ci crede non riesce a farlo, ma questo è davvero un peccato, un peccato mortale...it is not just a pity, it is a sin.

Serena Peterlin ha detto...

Semplificando soprattutto per me, che sono ostinatamente sul realismo, aggiungerei che se si crede nell'importanza del proprio lavoro, se se ne sente la valenza etica,se non lo si semplifica, se si lotta contro tutto/i per esserne all'altezza allora lo si ama davvero.
L'amore è una bella parola se non la lovizziamo facendola diventare come un pieno/vuoto a perdere.
Fa un bell'effetto solenne ed emozionante, ma solo se non lo lasciamo vuotare pesa.