chi sono

Sono Maria Serena, ho insegnato letteratura italiana. Oggi scrivo e sono qui per riflettere, dialogare raccontare. I miei interessi sono rivolti alla comune condizione umana, anche quella raccontata dalla letteratura. Vorrei partecipare alla costruzione di un pensiero nuovo e diverso, fondato su radici antiche, che riconosca uguaglianza e giustizia a tutti.

venerdì 28 dicembre 2007

La CLASSE è TORNATA

eBOOK : La classe non è . doc



Sono venuti a trovarmi quando hanno saputo dell’ebook. Sono venuti in gruppo, altri hanno inviato sms o hanno mandato saluti e messaggi.
I ragazzi della mia classe iscritta in terza nell’anno 2001-2002 e diplomatasi nel 2003-2004 hanno adesso 22 anni. Lavorano tutti, ma non tutti hanno trovato impiego corrispondente al loro diploma. Lavorano tutti, anche quelli che stanno facendo l’università. Tranne Gabriele che ha preso la Laurea breve in tecnico di radiologia da un mese ed aspetta il primo lavoro. Ovviamente sono perversamente fiera di tutti, e soprattutto di quelli che, con un diploma tecnico, adesso studiano scienze storiche o filosofia. Non è una novità perché quasi tutte le mie classi hanno avuto dei laureati in lettere, compreso Michele Lapiccirella che mi veniva a trovare dicendo ironico: ”Lo sai vero che hai fatto dei danni? Perché la colpa è tua se mi sono iscritto a lettere…”
Insomma non esibisco volentieri i sentimenti; ma qualche volta i sentimenti tracimano e allora è giusto rassegnarsi e lasciarsi navigare sulle onde increspate dalla tenerezza. Hanno telefonato e insistito, organizziamo noi. Allora ho risposto, venite da me. Sono venuti ed hanno voluto portare loro la pizza. E con la pizza un bellissimo mazzo di fiori, due bottiglie di vino del nonno di Davide, e una bottiglia di rosso speciale (questo lo deve bere la professoressa ha sentenziato Nick).
Non sono regali scontati. I miei ex selvaggioni non erano tipi da regalo né da fiori: tantomeno da fiori con un significato. “Matteo! spiegale tu!” hanno intimato al filosofo, e lui senza esitazione né imbarazzo ha spiegato: “Il girasole perché noi giriamo intorno a lei, gli iris per l’amicizia, il tulipano perché ci stava bene, e la rosa rossa… perché la rosa rossa ci voleva insomma!”
Insomma sì! Li ho abbracciati: tanto più alti e imponenti di me, così uguali e così cambiati. La tavola era apparecchiata con qualche piccolo antipasto; si sono tolti i giacconi e si sono dati subito da fare: Riccardo e Matteo hanno messo in tavola la pizza e siamo stati benissimo. Parlato, ricordato, riso. Poi ho fatto la sorpresa: ho tirato fuori la carta geografica dell’Europa della loro aula. Sottratta al macero perché ridotta com’era dalle loro incursioni e decorazioni sarebbe stata eliminata. Me l’ero presa l’ultimo giorno di scuola con loro. E’ indescrivibile: ci sono nomi di città modificati, disegni, scritte, risultati di partite, esclamazioni del loro lessico scolastico etc. Praticamente commossi ma soprattutto divertiti se la sono rimirata e studiata come tornati ragazzini. Poi hanno sparecchiato e pulito tutto. Sono andati sul terrazzo a fumare qualche sigaretta e se ne sono andati portando via il sacchetto della spazzatura. (Ci pensiamo noi!)
Mi è venuta in mente la sera della festa di fine d’anno del quinto anno estate 2004; sempre affettuosi e divertenti, ma con qualche trasgressione che ha lasciato tracce non proprio signorili a casa della collega.
Invece a casa mia sono stati perfetti. Ma con me, dopo il travolgente inizio del primo anno in terza sono stati sempre “diversi”. E io con loro sono sempre stata diversa.


Perché non esiste un modo di insegnare o di essere persone. Esiste una realtà, in questo caso scolastica, con cui si deve interagire inventandosi un linguaggio complesso e dedicato. E non esiste un modo per farsi rispettare ed amare diverso da quello di amare e rispettare per primi.
E sono contentissima che sia andata così. Basta.
Ho detto davvero troppo stavolta.

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