chi sono

Sono Maria Serena, ho insegnato letteratura italiana. Oggi scrivo e sono qui per riflettere, dialogare raccontare. I miei interessi sono rivolti alla comune condizione umana, anche quella raccontata dalla letteratura. Vorrei partecipare alla costruzione di un pensiero nuovo e diverso, fondato su radici antiche, che riconosca uguaglianza e giustizia a tutti.

venerdì 1 giugno 2012

Libertà e responsabilità: a lezione di...


È proprio vero che le storie, come dicono molti scrittori, ti vengono a cercare. Le trovi per strada, in casa ed anche tra le righe di un dialogo in web tra insegnanti mentre si cerca di tracciare il profilo di un ipotetico bravo insegnante. Interventi di tanti tipi: tecnici o istintivi, formali o appassionati. E tra questi il flash di una storia che nasce da qualche frase scritta da una prof che racconta un esempio della sua quotidiana lotta per educare alla libertà e alla responsabilità. I non addetti ai lavori forse non sanno che un insegnante non fa, non può fare come gli pare; forse tutti ricordiamo una scuola in cui chi sta in cattedra detta le sue regole, ma non è esattamente questa la verità.
Ci si incrocia e ci si scontra con le regole: no, non quelle delle circolari ministeriali, ma quelle del regolamento della scuola. E quel regolamento ha sì lo scopo di dare efficacia al funzionamento dell’insieme, ma anche quello di cautelare chi, in veste di dirigente, detta norme. In base a quelle norme se succede qualcosa di storto, ad esempio un ragazzo non è adeguatamente sorvegliato procura danni a se stesso o ad altri, la responsabilità è di chi non vigilava. E Pilato, ancora una volta, spreme il sapone dal dispenser e si asciuga la phon…
E si arriva al misure restrittive: niente pipì se non ad orario fisso, ricreazione e merenda in aula e non in corridoio o in cortile, nell’entrare o uscire da scuola l’alunno è sorvegliato come pure in caso di cambio classe per andare in palestra o laboratorio eccetera: avanti marsch; non si pensa, si esegue.
Educazione alla libertà: ma che scherziamo? Basta con questi buonismi che rovinano gli studenti eccellenti e privilegiano i mediocri.
Una voce sommessa di un’amica, Elena, che sussurra la sua storia:


Io mi scontro tutti i giorni con bidelli gendarmi. Insegno in una scuola dove le parole "libertà e responsabilità" hanno perso la battaglia contro "controllo". Gli intervalli devono esser fatti obbligatoriamente in classe. Nel mio piccolo ho introdotto delle libertà (i miei vanno ai servizi senza chiedere il permesso) ma, è una goccia nell'oceano.


Leggo e rivedo me stessa nella medesima situazione; non inganni il tono essenziale delle frasi di Elena. La sua battaglia non è affatto piccola. Un insegnante ha un grosso peso sulle spalle e disobbedire espone a pesanti conseguenze. Lei, Elena, subirebbe pesanti conseguenze se il ragazzino o la ragazzina inciampa mentre va al bagno fuori orario, o se mettendo il naso fuori classe durante la ricreazione combinasse qualche guaio. Lei lo sa: ma fieramente insegna la libertà, dignitosamente afferma la sua libertà e fa benissimo, e dobbiamo ammirare le persone con la schiena dritta, le persone come lei. Coraggio amica.
Non è affatto una goccia nell’oceano, non è volontarismo, non è voler raddrizzare le storture invece di aggredire il sistema. E tu lo sai, tu senti, tu sei consapevole della verità: e la verità è che ogni nostro atto e perfino un sorriso o un cenno di mano sono diversi se sono quelli di un insegnante verso i suoi ragazzi.
Niente di quello che si fa in classe va perduto, rimane per sempre a tutti i livelli.
Lo abbiamo detto tante volte? Non abbastanza.
Vai tranquilla Elena. Vai con il tuo cuore sapiente in classe. I tuoi ragazzi imparano più da un tuo piccolo gesto di libertà che non da ore ed ore di pallosissime prescrizioni et similia.

Per te questa canzone Elena, è una canzone d’amore perché la scuola senza affetto e senza passione non è scuola.

Every Breath You Take - Police (Sting) - 1983
Every Breath You Take
Every breath you take
Every move you make
Every bond you break
Every step you take
I'll be watching you.

Every single day
Every word you say
Every game you play
Every night you stay
I'll be watching you.



7 commenti:

Gianni Marconato ha detto...

Con insegnanti come Elena la scuola ha certamente un radioso futuro

Anonimo ha detto...

Grazie Serena per le belle parole, le leggo solo ora.

Vorrei però spiegare che in realtà non credo di correre grossi rischi, e ci tengo a spiegarlo perchè magari possono provare a farlo anche gli altri docenti.

Quando scrivo che i miei vanno in bagno senza chiedere il permesso non vuol dire che ci vanno tutti assieme e in un'ora qualunque.


Funziona così, dopo un periodo di training in cui si è creata una relazione di "fiducia" e collaborazione tra me e gli alunni, spiego loro che se vogliono andare in bagno, possono farlo, uno per volta, solo nelle mie ore (perchè ovviamente non posso imporre un metodo ad altri colleghi) quando non spiego (in genere spiego per 15-20 minuti) quando fanno esercizi al banco, quando interrogo e loro sono già stati interrogati.

Inoltre insisto sulla gentilezza. Se si alzano in due per andare in bagno non devono litigare per andarci.

Nella scuola precedente, dove i ragazzi erano più liberi, è andata benissimo. Non andavano quasi mai in bagno e se ci andavano non chiedevano il permesso, nè venivano meno alle regole di gentilezza.

In questa scuola, non si riesce. Sono condizionati. Fatta eccezione per due o tre più vivaci che approfittano per sgranchirsi le gambe senza dovermi stressare con "prof posso andare in bagno" tutti gli altri ripetono a macchinetta la domanda, e malgrado io da dicembre dica loro "potete andarci senza permesso" loro rispondono "a sì è vero..." ma poi chiedono sempre il permesso.

Questo è quanto.

Aggiunta finale: quando fai lezione e vieni interrotto da quel "posso andare in bagno" magari mentre correggi un esercizio a qualcuno, o mentre lo rispieghi, è veramente fastidioso. Se non vieni interrotto è meglio.

Quindi se è meglio per noi, ed è meglio per loro, perchè dobbiamo pretendere che ci chiedano il permesso?

F@v@ron ha detto...

Scusa Serena, il commento anonimo era mio! Non mi sono firmata

Elena

Serena Peterlin ha detto...

Cara Elena, è vero, di solito non succede niente di grave, e certamente non accadrà nulla ai tuoi ragazzi; ho interpretato la situazione perché, come sappiamo, queste regole vengono solitamente imposte (anche piuttosto duramente) con la scusa che può accadere di tutto e che di tutto il docente è responsabile. E purtroppo è vero.
Razionalità e senso della professione ci fanno vedere le cose in modo diverso: ma al "bidello gendarme" che anche io ho conosciuto applica, non gli vien chiesto di ragionare.
Davvero impressionante quello che scrivi: "In questa scuola, non si riesce. Sono condizionati. "
Non è una bella cosa.

F@v@ron ha detto...

ma in effetti, il bidello, non lo sa nemmeno perchè non è in aula. Lui osserva solo una persona che esce e che rientra.

e comunque i nostri bidelli sono stressatissimi da questo ipercontrollo a cui però non si oppongono.

Serena Peterlin ha detto...

A me è capitata una scuola (per fortuna ci sono stata solo un anno) in cui il personale operava (dietro ordine della preside) come una rete di spionaggio.
Molto pedagogico.
Stress per tutti, a volontà... :(

Serena Peterlin ha detto...

Le tue risposte Elena, mi hanno fatto riflettere sul cosa significa raccontare/leggere di scuola.
Mi spiegherò meglio (spero) in un successivo post.
Il succo (provo a spremere...) è che la normalità del buon insegnante è fatta anche di trasgressioni alle regole (quelle burocratiche ovviamente) e proverò a dire perché.
:))