Indurre la frustrazione fa parte della
strategia del potere, ossia della cosiddetta casta o meglio del potere
ramificato e complesso che ci può dominare, anche psicologicamente, usando i media, i nostri sentimenti, la nostra irrazionalità, il legittimo desiderio di
benessere e felicità. Non a caso il caimano reveniens torna agitando, insieme alla dentiera
luccicante, il vessillo di una crisi che sarebbe psicologica e superabile e con
lo slogan che il fiducioso buonumore (e a quello ci penserebbe lui a botte
di velinazze) tornerà ed avremo soldi da spendere.
Ma non dovremmo dimenticare di chiederci: che je frega, al caimano, del
popolo dei cittadini vessati dai balzelli e dai ricatti delle spese e dei
bisogni, delle famiglie normali, degli esodati, dei licenziati, dei precari,
dei malati, degli emarginati?
Il caimano è un predatore, questo caimano è un predatore ridens anche se, non nascondiamocelo, c’è a chi piace.
Il caimano è un predatore, questo caimano è un predatore ridens anche se, non nascondiamocelo, c’è a chi piace.
Però esistono
anche caimani austeri, probi, sobri e mesti:
di quelli che, dopo averti ben ben sbocconcellato, lacrimano come il fratello
maggiore, il coccodrillo.
Infatti è vero che in natura, e tra noi, ci sono i predatori e i
predati, ma è bene avere chiaro che per difendersi dai predatori bisogna
individuarli e capire bene chi sono, e soprattutto non illudersi che un
predatore ci possa difendere da un altro suo simile. Un coccodrillo non ci
difenderebbe da un caimano, e un potenziale predato si suiciderebbe se,
per difendesi dal lupo, si rifugiasse presso la volpe.
Caimani a parte, noi siamo trattati, e ci siamo lasciati trattare, da anni e decenni, come
polli e galline: siamo stati chiusi in gabbie mentali e sociali ed allevati per
la carne e le uova. Forse anche per le scadenti piume. Ci siamo praticamente abituati al cibo della gabbia: ci
hanno infatti somministrato tanto becchime mediatico e terrore dell’altro che
pensiamo di non poter fare più a meno né dell’uno né dell’altro. Abbiamo un
frenetico bisogno di nutrirci di due fondamentali elementi: notizie manipolate
e indifferenza ed odio verso il diverso.
Per imbrogliarci meglio, inoltre, ci hanno fatto identificare il
diverso con categorie precise, facendoci dimenticare che il diverso,
fondamentalmente, non è tale solo per razza, religione o orientamento sessuale,
ma anche perché sostiene ed elabora un pensiero non conformato, non
convenzionale, libero dal condizionamenti: non da pollaio insomma. E quel cibo
ora ci sembra amaro.
Ma non siamo polli e galline, anche se a volte qualcuno si
comporta come tale. Siamo umani sapiens, pensanti, potenzialmente nati liberi e
dobbiamo riprenderci la libertà per ritrovarne il sapore, o almeno quel margine
possibile di libertà da cui ricominciare.
Soprattutto non possiamo pensare che una libertà qualsiasi ci
sia data in dono da un caimano ridens o in dote da un coccodrillo lacrimans
come premio per essere sfuggiti dai denti aguzzi di suo cugino.Nessuno può chiamarsi innocente se non si oppone ai predatori;
per opporsi ci sono tanti modi, ad esempio anche rifiutarsi di accettare il
modello sociale e di consumo dominante, smettere di non pensare, rifiutarsi di
dipendere dall’attesa del becchime delle notizie manipolate.
Non è per niente facile essere non allineati, ma è necessario.
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