chi sono

Sono Maria Serena, ho insegnato letteratura italiana. Oggi scrivo e sono qui per riflettere, dialogare raccontare. I miei interessi sono rivolti alla comune condizione umana, anche quella raccontata dalla letteratura. Vorrei partecipare alla costruzione di un pensiero nuovo e diverso, fondato su radici antiche, che riconosca uguaglianza e giustizia a tutti.

mercoledì 28 settembre 2011

Di chi è il valore dell'errore nella buona/cattiva scuola? di Mariaserena Peterlin

Giotto e Cimabue 

Sulla scuola e sull’insegnamento esistono questioni dibattute da talmente tanti anni che si finisce per pensare che, nonostante non siano risolte, non valga più la pena di parlarne.
Il fatto è che, nonostante riguardino da vicinissimo gli studenti, le suddette questioni non sono frutto di perplessità, riflessioni e tantomeno di tempeste del dubbio del corpo docente. Anzi. Se si trattasse dell’orario scolastico, della mancanza di gesso e cancellino (e oggi della lim) o dei turni di sorveglianza alla ricreazione troveremmo (perché non ammetterlo) appassionate discussioni ed estenuanti trattative da trascinare gementes et flentes fino al’alto soglio del Diesse.
Ma non si tratta di questioni così delicate e spinose.
In realtà trattasi di argomenti tosti e che, affrontati, costringerebbero ad ammettere che una cattedra non dovrebbe essere conquistata come un traguardo, ma come un banco di prova e che, come per gli esami, anche la prova non finisce mai.
Mi riferisco, per fare solo alcuni esempi tra i tanti possibili, a situazioni di cui troppo spesso lasciamo il carico allo studente:
a) la noia provata dagli studenti nelle lunghe ore trascorse in classe 
(cfr a questo proposito il post di Vittoria Patti "Il controcanto segreto"
b) l’incomunicabilità dei docenti che non riescono a stabilire quello che più volte ho definito il click che accende l’interesse e che legittima la ribellione degli studenti
c) l’indisponibilità del docente ad ammettere i suoi errori.

Prendiamo ad esempio il problema degli errori. E’ facile trovare buona bibliografia sulla “didattica dell’errore” o sul “valore dell’errore”. Purtroppo riguarda la valutazione o l’utilità dell’errore del discente; non il contrario.
Eppure i docenti sbagliano, e non mi riferisco solo agli errori che definirei “marginali” seppure importanti come ad esempio dimostrare qualche incertezza nella loro competenza professionale. Parlo di degli errori pesanti, quelli evidenti nel modo di rapportarsi con i ragazzi, parlo di chiusura, di pregiudizi, di insensibilità e così via: questi loro errori hanno lunghi strascichi e conseguenze durature ed indelebili. Perché non ammetterli? Parlerei anche della mancanza di attitudine alla funzione di insegnante e all’ostinazione nel non ammetterlo.
Sì certo c’è da difendere il ruolo, la figura autorevole, la funzione educativa.
Ma serve difendersi negando l’evidenza? Un buon maestro ha qualità tali per cui può anche, a volte, errare e ricominciare, ma un maestro mediocre o peggio dovrebbe far altro.
 Come ha scritto Andreas Formiconi nella sua emozionante e fondamentale “Lettera al mio professore di scienze” da leggere e rileggere tutta e conservare con cura :
“Sì, perché un maestro si ama. Capita di rado e quindi, quando capita, le reazioni non sono normali.
Io ti ho amato
[…] perché quando non conoscevi bene un argomento che ci dovevi insegnare ce lo dicevi”

Un maestro si ama perché sa amare a sua volta. Un buon maestro riconosce anche gli errori nel suo agire quotidiano e sa che non ne risponde al diesse, ma al futuro dei suoi ragazzi. E anche se oggi la tendenza è quella del ritorno ad un autoritarismo pseudo razionalistico è bene astenersi dall’indifferenza mascherata da professionalità. E la didattica dell’errore non dovrebbe esser solo quella che si dedica alla valutazione degli errori dei nostri studenti. 
Ecco perché, a mio modesto avviso, non sarebbe male sbattere l’errore sulle nostre pagine.

9 commenti:

Andreas Formiconi ha detto...

Proprio così.

Quando si impara o si esplora o si ricerca - che è poi la stessa cosa - l'errore non è un accidente ma un'ulteriore sicuro riferimento.

L'errore va evitato più che sia possibile quando si svolgono operazioni di routine o, soprattutto, quando con le proprie azioni si rischia di far male a qualcun altro, in qualsiasi senso.

Ho sempre trovato giovamento nel riconoscere i miei errori, nella relazione con gli studenti, con i figli, con i bambini con cui ho avuto a che fare. Mi è capitato di simulare errori cercando di mostrare la forza che deriva dal prendere l'errore per le corna, magari discutendone insieme ad altri.

Poi ci sono gli errori fatti da te insegnante che credevi di far bene. Se mi volgo indietro a frugare la mia vita di insegnante, vedo una caterva di errori e qualche buon risultato. Più o meno la stessa cosa che ho vissuto e che vivo nel lavoro di ricerca.

Andreas Formiconi ha detto...

56 anni e insisto:
... un ->'<- ulteriore ...
:-)

Serena Peterlin ha detto...

... in realtà non potremmo dire che anche un'apostrofo è una convenzione? mi pare di ricordare vagamente che nella notazione musicale abbia un senso diverso che nella pratica della scrittura.
Ho sempre provato fastidio per chi legge gli scritti altrui ed infilza una imperfezione usandola per "valutare" e mettendo il significato in secondo piano.
Raccontavo ieri all'amica che scrive con me questo Blog un episodio che mi torna in mente sulla scia del discorso sugli errori. Da giovane insegnante avevo classe avevo Daniela, una mia studentessa di triennio superiore che studiava e seguiva con interesse, si dimostrava intelligente e curiosa e, mentre nel parlare si esprimeva correttamente, quando scriveva infilava nel testo strani errori di cui si scusava arrossendo e dicendo che non riusciva ad accorgersene.
Al tema d'esame di Maturità Daniela, consapevole del suo problema, si bloccò completamente: mi accorsi subito che era in pieno panico. Ero membro interno (compito delicato e sgradito a molti, come qualcuno ricorderà), ma mi misi di fronte a lei dando le spalle e, sfuggendo la sorveglianza dei commissari esterni, l'aiutai a svolgere il tema corregendo anche i suoi errori.
Tanti anni fa non si parlava nemmeno di eventuali dislessie: l'unica diagnosi era "carenze orto-grammaticali".
Non so se Daniela fosse dislessica, ma ... ce la siamo cavata.
Grazie Andreas :)

Andreas Formiconi ha detto...

episodio da lucciconi negli occhi

Anonimo ha detto...

Grazie di questo post! Mi hai aiutato ad accorgermi di qualcosa di importante!

Più faccio questo mestiere, più mi rendo conto che le attività del docente e del discente hanno tantissimo in comune. Insegnante ed alunno fanno in buona sostanza un'esperienza simile: integrare nelle proprie conoscenze alcune realtà nuove, fino a saperle raccontare ad altri.

Sarebbe sciocco non sottolineare questa fondamentale identità di esperienze quando siamo intenti ad insegnare. E' qualcosa di prezioso.

I maestri che si pongono come oracoli del sapere, come fonti inarrivabili e totalmente altre rispetto all'incolmabile ignoranza dei propri alunni, sono sostanzialmente menzogneri, e quindi inefficaci e tragicamente ridicoli.

Serena Peterlin ha detto...

" I maestri che si pongono come oracoli del sapere , proprio così Vittoria. Gli oracoli sentenziano e le conseguenze sono proprio quelle che tu descrivi così bene.

Serena Peterlin ha detto...

Vittoria, mi accorgo solo adesso e rileggendo che, nel copiaincollare, avevo saltato un paio di righe nelle quali citavo un tuo post che veniva in soccorso dei miei argomenti.http://chesifaprof.blogspot.com/2011/09/il-controcanto-segreto.html#more
Ho corretto e approfitto per ringraziarti. :)

Anonimo ha detto...

Grazie mille a te! :)

Serena Peterlin ha detto...

:)