
Nuovo anno scolastico. Si inizia a duellare con la fantadidattica ovvero con la didattica ortodossa.
La fantadidattica funziona come il fantacalcio. Le squadre virtuali vengono pianificate a tavolino. Si stabilisce chi starà all’attacco, chi starà in difesa, i portieri ed anche i centrocampisti. Nella testa la formazione ideale, quella vincente. E si decidono anche i voti che verranno assegnati a ciascun giocatore. Ed ecco che è subito pronta la pagella. Bonus e malus prendono vita.
Valutazione della performance di ciascun giocatore in campo: x punti per ogni gol segnato, per ogni rigore parato o subito … per ogni espulsione, per ogni ammonizione… Elenco inesauribile…
Fatti velocemente i conti, si può passare alla tabella di conversione dei punteggi: si va per tot. E se la fantasquadra perde, suvvia, si tratta pur sempre di un gioco.
La fantadidattica si nutre di fantametodologie, di fantalibri, di fantaindicazioni, di fantacurricoli, di fantaobiettivi, di fantavalutazioni, di fantapensiero, di fantaparole per descrivere le fantapratiche da tenere care o da cestinare… Miliardi di fantaparole per dire solo del fantabuono e del fantabello. Beati i buoni artefici del fantabuono e del fantabello. Quasi tautologico. E beato il potere a cui piacciono oltremisura i buoni artefici del fantabuono e del fantabello.
La didattica del fantabuono e del fantabello per organizzare e gestire fantaclassi perfette. Ma la classe reale non è fantabuona e non è fantabella e non possiede nemmeno i fantabisogni che i buoni artefici credono di vedere.
Quando l’offerta è maggiore della domanda, l’unica risposta possibile è nella creazione di fantabisogni.
Fantadidattica all’insegna di vecchi riti di iniziazione. Decrepiti rituali, vecchi di un quarto di secolo, spacciati per brillantissime innovazioni. La fiera del vintage nei mercatini dell’usato.
Carte e protocolli ortodossi, “buoni” fino alla fine del mondo o finché piacerà al potente di turno.
Fermina Daza
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