chi sono

Sono Maria Serena, ho insegnato letteratura italiana. Oggi scrivo e sono qui per riflettere, dialogare raccontare. I miei interessi sono rivolti alla comune condizione umana, anche quella raccontata dalla letteratura. Vorrei partecipare alla costruzione di un pensiero nuovo e diverso, fondato su radici antiche, che riconosca uguaglianza e giustizia a tutti.

lunedì 7 febbraio 2011

NARRARE PER CAMBIARE


“Ogni sera, dopo che avrò finito il lavoro, dopo le riunioni e i rapporti, tu verrai qui e farai quello che devi fare”
“E cioè?”
“Raccontare una storia…. Raccontami una storia e resterai in vita”
(D. Grossman, Vedi alla voce amore)

Così Sheherazad, internato in un campo di concentramento, sopravvive a se stesso. Racconta storie per cambiare la storia, racconta storie per restituire dignità alle parole. Perché solo la forza dirompente della condivisione delle parole è in grado di produrre il cambiamento, di legare Logos e Pathos, di dare origine ad eventi epocali.

Guardarsi nello specchio per riconoscersi, per pensarsi, per sentirsi. Condividere l’autoconoscenza per legittimarla, per riconoscere l’epistemologia implicita di cui ciascuno è “portatore sano”. Un pensiero che pensa anche a se stesso, un pensiero capace di riconoscere l’implicito che esso stesso contiene, quell’implicito fatto non solo di logiche ma anche di emozioni, quell’implicito che può essere svelato dalla forza dirompente delle parole condivise, quell’implicito che, se non rivelato, finirà per possedere per sempre chi lo ospita.
Narrare emozioni per mettere fine all’anestesia protettiva che racconta di fatti e di cose e non di persone. Abbandonare il linguaggio razionale a favore di quello simbolico, scegliere la relazione piuttosto che il contenuto, vivere piuttosto che definire e circoscrivere.

Non sempre l’arida cronaca conduce alla diversa percezione della realtà. A volte è necessario ricorrere ad altro…
La Regina delle Nevi … aveva fatto entrare il ghiacciolo nel cuore di Kai, che ora era un blocco di ghiaccio… Gerda …. continuò a stringerlo a sé e pianse lacrime di gioia. E mentre piangeva, le sue lacrime calde caddero negli occhi di Kai... e sciolsero il ghiaccio del suo cuore. (H.C. Andersen)

2 commenti:

Serena Peterlin ha detto...

La cronaca, il romanzo, la fiaba...
:-) non possiamo rinunciare

Serena Peterlin ha detto...

Leggendoti, Fermina, mi è venuto in mente una considerazione forse un po' strana e che mi fa paura.
Si dice che non parlano più nemmeno le famiglie, e questo lo sapevamo già, ma come si esprimono quando parlano? La mia sensazione e paura è che l'invadenza dei media abbia sclerotizzato e schematizzato il linguaggio e che anche nei rapporti più personali si tenda a replicare perfino parlando e raccontandoci le cose i modelli dominanti; è vero la narrazione è altra cosa, ma se non ci capiamo nella comune conversazione come possiamo narrare?
Se questa ipotesi fosse vera allora dovremmo dire che quello che le persone pensano ancora di sapersi narrare non sia altro che una clonazione fredda e spersonalizzante. E che il grande schema ci ha sottratto qualcosa di cui non possiamo fare a meno (la narrazione e il raccontare) sostituendolo con una sorta di ologramma.
Spero di sbagliare.