il gabbiano sul tetto della Sistina |
Anche io ho guardato con curiosità il
bel gabbiano romano che si è posato durante il Conclave sul tetto della Sistina
e, non contento della posizione già eminente, si è appollaiato sul comignolo
fatidico.
In questi giorni di mare e cielo in burrasca accade che gabbiani risalgano il corso del Tevere e arrivino in centro, a Roma; ma quello specifico gabbiano ieri si ostinava nel suo andirivieni e nel suo sostare quasi impertinente. Lodiamo per il gabbiano: piccola creatura che elegantemente si nutre anche di spazzatura, che respira la nostra aria, che non si scompone per una folla davvero sterminata, da stadio verrebbe da dire. Lodiamo per quel gabbiano curioso fino al punto di becchettare il comignolo come il tasto di un telegrafista, tac tac, come un’unghia che batte sul vetro, come le dita impazienti che volevano scrivere, ma non riuscivano.
Lodiamo per l’ingenuità naif dei telecronisti che, a notte ormai fatta, si chiedevano dove fosse finito il gabbiano vanitoso dimenticando che di notte volano gli amici, pur se innocenti in natura, delle tenebre: gufi, pipistrelli, barbagianni, civette. Il gabbiano, solare e amico del vento di mare, quel gabbiano che s’impicciava del conclave, invece, sapeva il fatto suo. O meglio sapeva che “habemus papam” e che le tenebre non hanno prevalso.
I cieli raccontano e il messaggero ha fatto il suo lavoro.
In questi giorni di mare e cielo in burrasca accade che gabbiani risalgano il corso del Tevere e arrivino in centro, a Roma; ma quello specifico gabbiano ieri si ostinava nel suo andirivieni e nel suo sostare quasi impertinente. Lodiamo per il gabbiano: piccola creatura che elegantemente si nutre anche di spazzatura, che respira la nostra aria, che non si scompone per una folla davvero sterminata, da stadio verrebbe da dire. Lodiamo per quel gabbiano curioso fino al punto di becchettare il comignolo come il tasto di un telegrafista, tac tac, come un’unghia che batte sul vetro, come le dita impazienti che volevano scrivere, ma non riuscivano.
Lodiamo per l’ingenuità naif dei telecronisti che, a notte ormai fatta, si chiedevano dove fosse finito il gabbiano vanitoso dimenticando che di notte volano gli amici, pur se innocenti in natura, delle tenebre: gufi, pipistrelli, barbagianni, civette. Il gabbiano, solare e amico del vento di mare, quel gabbiano che s’impicciava del conclave, invece, sapeva il fatto suo. O meglio sapeva che “habemus papam” e che le tenebre non hanno prevalso.
I cieli raccontano e il messaggero ha fatto il suo lavoro.
Nessun commento:
Posta un commento