La protesta contro gli effetti
della legge di stabilità sull’orario dei docenti ha fondamenti
troppo seri per non essere sostenuta.
Non mancano, in rete come nei media,
testimonianze e dichiarazioni motivate e del tutto condivisibili.
Ho trascorso una vita di
studio e lavoro nella scuola, come studentessa prima, poi per qualche
anno come ricercatrice e infine come insegnante, la conosco come le mie tasche,
la amo e non vorrei né potrei non condividere tutte le ragioni della rivolta in
atto.
Non posso, tuttavia, nemmeno tacere il disagio che spesso provo quando la mia categoria, esprime il suo dissenso; e sono tentata di affermare che questa protesta non è seriamente espressa.
Non posso, tuttavia, nemmeno tacere il disagio che spesso provo quando la mia categoria, esprime il suo dissenso; e sono tentata di affermare che questa protesta non è seriamente espressa.
Si contesta, ad esempio,
l'aumento di lavoro elencando le evidenti fatiche di una professione non
facile, ma è anche vero che nessuno obbliga a svolgerla.
Si rileva che l'aumento delle ore è di fatto corrispondente ad una diminuzione dello stipendio, ed è vero. Ma ci accorgiamo solo adesso che il patto sociale è saltato o siamo i soliti cittadini di Insaputopoli?.
Si rileva che l'aumento delle ore è di fatto corrispondente ad una diminuzione dello stipendio, ed è vero. Ma ci accorgiamo solo adesso che il patto sociale è saltato o siamo i soliti cittadini di Insaputopoli?.
No, non sto vestendo i panni
di Elsa Fornero dalla quale mi separano un abisso di
denaro e privilegi e una vita di lavoro, di convinzioni etiche, politiche e
culturali
Osservo tuttavia le
formule della protesta e leggo: “Al liceo Talete di Roma i docenti hanno annunciato una settimana di «sciopero
bianco». In classe si farà
solo «didattica essenziale». A Palermo due docenti si sono rifiutati di
ricoprire l'incarico di coordinatori di classe. Un precario di Ferrara ha persino stampato una serie di
magliette con frasi del tipo: “Pubblica (d)istruzione” ...
Va detto che ci sono
insegnanti, ne cito una per tutti, Lorenza Bonino, che si
esprimono in rete con articoli di forma e sostanza qualificatissime, a
testimonianza che la categoria non manca di brillanti teste pensanti e
critiche.
Tuttavia verso un potere
che dia alla cultura e alla cultura solo un peso marginale, tanto da affrettarsi a
potarla brutalmente, ma sfiorando appena i veri sprechi, io penso che si
dovrebbe reagire diversamente. In realtà si sarebbe dovuto da molto
tempo andare all'attacco, usando tutte le strade
possibili dell'autonomia, e sarebbe utile asciugare le
lacrime e i fazzoletti e soprattutto non dimenticare che quando
si chiede la solidarietà si deve anche proporre la reciprocità.
Il mondo del lavoro di chi non
insegna ed esercita o svolge al altri mestieri e
professioni non è sempre "migliore",anzi.
Conosco, tutti conosciamo,
lavoratori soggetti a mobbing, lavoratrici e lavoratori che
vivono in fabbriche inquinanti dove si muore,
funzionari ed impiegati sottoposti a stress e angherie da capetti o capoccioni
ignoranti ma potenti e prepotenti, giovani donne costrette a firmare dimissioni
in bianco e licenziate con vari trucchi in caso di maternità. Sappiamo di tanti altri casi che ci riportano secoli indietro per
tacere dell’abolizione dell’Articolo 18 diventata simbolo della abolizione, unilaterale, di tutte le garanzie del lavoro nonché dello smantellamento inesorabile e progressivo dello stato sociale.
A fronte di tutto questo è forse accaduto, per restare
nel mondo della scuola, che i docenti di ruolo, per
restare invece nel mondo della scuola, abbiano sostenuto e difeso efficacemente
con uno sciopero serio i colleghi precari che
lavorano a fianco a loro con pari doveri e nessun diritto? E
guardando fuori da casa propria: non sono forse pochissime o rare le iniziative
per fronteggiare il pesante pedaggio delle famiglie costrette ad acquistare libri
di testo in costante aumento e pesanti
in tutti i sensi sia per il bilancio di casa, sia per le spalle dei ragazzini,
sia per la qualità?
E ancora: consideriamo le
decine di migliaia di concittadini esodati, i negozianti che
chiudono, i cassintegrati o in mobilità, i licenziati, i precarizzati a vita, gli
artigiani senza più lavoro: non hanno forse problemi insopportabili? Perché
non affiancarli?
Invece si continua a vivere per diciotto ore di lezione e più insieme ai figli di queste persone che sappiamo che non possono più permettersi le spese per vacanze, le visite di studio, le attività extra e perfino la mensa scolastica.
Invece si continua a vivere per diciotto ore di lezione e più insieme ai figli di queste persone che sappiamo che non possono più permettersi le spese per vacanze, le visite di studio, le attività extra e perfino la mensa scolastica.
No, la scuola non può farsi
carico di tutto questo, ma può mandare forti messaggi di solidarietà, partecipare
alle manifestazioni seriamente, evitare di imbozzolarsi nel suo particolare
per affacciarsi al presente solo quando si toccano le 18 ore.
È vero: la scuola non può
risolvere i problemi che i politici mettono sulle nostre spalle e i
sindacalisti alla Bonanni e soci shiftano in leggerezza; però non può chiedere
la solidarietà sociale e far pagare, ancora una volta e in altro modo, a
ragazzi e famiglie penalizzandoli con scioperi bianchi ed altre consimili
misure.
Non si può vestire l’abito
delle vittime sacrificali lamentando le penalizzazioni che ci toccano e poi,
magari, sospendere i ragazzi quando scioperano,
tentano di occupare le scuole o manifestano, in altro modo, il loro profondo disagio
di giovani senza futuro.
Tutto il paese, e non solo il
nostro, è in recessione: solo l’unione
può farci trovare risorse e motivazioni, strumenti e strategie politiche,
economiche, sociali per uscirne. Se, al contrario, si affrontano i problemi
particolari solo, quando e perché ci toccano personalmente, ma quando toccano agli
“altri” siamo distratti allora
saremo simili all’archetipo del contadino
che ti spara una rosa di piombini nel sedere perché teme che gli rubi una
gallina, ma guarda passare i cortei degli operai e con le loro bandiere,
fa spallucce e si china sui cavoli propri a schiacciare le rughe o a
scacchiolare i germogli soprannumerari.
E se ognuno pensa solo ai
cavoli propri, cari prof, beh la partita è persa.
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