chi sono

Sono Maria Serena, ho insegnato letteratura italiana. Oggi scrivo e sono qui per riflettere, dialogare raccontare. I miei interessi sono rivolti alla comune condizione umana, anche quella raccontata dalla letteratura. Vorrei partecipare alla costruzione di un pensiero nuovo e diverso, fondato su radici antiche, che riconosca uguaglianza e giustizia a tutti.

domenica 28 ottobre 2012

Noi docenti, che eravamo poveri, ma onesti



Noi insegnanti (anche se ora io sono a riposo lo sono comunque) abbiamo sempre ricevuto stipendi modesti quando non miseri; spesso tuttavia avevamo e sapevamo esprimere una dignità che potremmo definire inversamente proporzionale al reddito.
Nell’ultimo trentennio, invece, la scuola e l’università sono invece sempre caduti più in basso, tanto che comincio a pensare che ci sia stato un disegno preordinato, realizzato e voluto ad arte.
Non a caso la decadenza, innegabile, della scuola inizia proprio insieme alla scuola media obbligatoria; pare quasi che si sia pensato: “tutti studieranno? Pericolo! Allora facciamo in modo che imparino poco e male” .
Il reclutamento dei docenti è stato quello che vediamo nei fatti che ha prodotto e, come esattamente sostiene Anna Lombroso, nel suo articolo dove commenta egregiamente il ritorno di Penati al lavoro di docente, l’insegnamento è diventato occupare “un posto dove si va in mancanza di meglio, dove non si guarda troppo per il sottile”.
E’ purtroppo vero. Ho visto decadere via via la scuola e insieme ho visto ottimi insegnanti sopravvissuti e sempre più emarginati dalla corrente paludosa che tutto vorrebbe appiattire a sé.
La scelta di Penati è dunque l’ennesima riprova.
Ci mancano solo, ormai, Fiorito dirigente scolastico e Polverini all’Istruzione. Ma sarà solo una brutta conferma.

martedì 23 ottobre 2012

Protesta Insegnanti: il 18 un numero pesante


18 ORE vs art 18?

La protesta contro gli effetti della legge di stabilità sull’orario dei docenti ha fondamenti troppo seri per non essere sostenuta.
Non mancano, in rete come nei media, testimonianze e dichiarazioni motivate e del tutto condivisibili.
Ho trascorso una vita di studio e lavoro nella scuola, come studentessa prima, poi per qualche anno come ricercatrice e infine come insegnante, la conosco come le mie tasche, la amo e non vorrei né potrei non condividere tutte le ragioni della rivolta in atto.
Non posso, tuttavia, nemmeno
tacere il disagio che spesso provo quando la mia categoria, esprime il suo dissenso; e sono tentata di affermare che questa protesta non è seriamente espressa.
Si contesta, ad esempio, l'aumento di lavoro elencando le evidenti fatiche di una professione non facile, ma è anche vero che nessuno obbliga a svolgerla.
Si rileva che l'aumento delle ore è di fatto corrispondente ad una diminuzione dello stipendio, ed è vero. Ma ci accorgiamo solo adesso che il patto sociale è saltato o siamo i soliti cittadini di Insaputopoli?.
No, non sto vestendo i panni di Elsa Fornero dalla quale mi separano un abisso di denaro e privilegi e una vita di lavoro, di convinzioni etiche, politiche e culturali
Osservo tuttavia le formule della protesta e leggo: “Al liceo Talete di Roma i docenti hanno annunciato una settimana di «sciopero bianco». In classe si farà solo «didattica essenziale». A Palermo due docenti si sono rifiutati di ricoprire l'incarico di coordinatori di classe. Un precario di Ferrara ha persino stampato una serie di magliette con frasi del tipo: “Pubblica (d)istruzione” ...
Va detto che ci sono insegnanti, ne cito una per tutti, Lorenza Bonino, che si esprimono in rete con articoli di forma e sostanza qualificatissime, a testimonianza che la categoria non manca di brillanti teste pensanti e critiche.
Tuttavia verso un potere che dia alla cultura e alla cultura solo un peso marginale, tanto da affrettarsi a potarla brutalmente, ma sfiorando appena i veri sprechi, io penso che si dovrebbe reagire diversamente. In realtà si sarebbe dovuto da molto tempo andare all'attacco, usando tutte le strade possibili dell'autonomia, e sarebbe utile asciugare le lacrime e i fazzoletti e soprattutto non dimenticare che quando si chiede la solidarietà si deve anche proporre la reciprocità.
Il mondo del lavoro di chi non insegna ed esercita o svolge al altri mestieri e professioni non è sempre "migliore",anzi.
Conosco, tutti conosciamo, lavoratori soggetti a mobbing, lavoratrici e lavoratori che vivono in fabbriche inquinanti dove si muore, funzionari ed impiegati sottoposti a stress e angherie da capetti o capoccioni ignoranti ma potenti e prepotenti, giovani donne costrette a firmare dimissioni in bianco e licenziate con vari trucchi in caso di maternità. Sappiamo di tanti altri casi che ci riportano secoli indietro per tacere dell’abolizione dell’Articolo 18  diventata simbolo della abolizione, unilaterale, di tutte le garanzie del lavoro nonché dello smantellamento inesorabile e progressivo dello stato sociale.
A fronte di tutto questo è forse accaduto, per restare nel mondo della scuola, che i docenti di ruolo, per restare invece nel mondo della scuola, abbiano sostenuto e difeso efficacemente con uno sciopero serio i colleghi precari che lavorano a fianco a loro con pari doveri e nessun diritto? E guardando fuori da casa propria: non sono forse pochissime o rare le iniziative per fronteggiare il pesante pedaggio delle famiglie costrette ad acquistare libri di testo in costante aumento  e pesanti in tutti i sensi sia per il bilancio di casa, sia per le spalle dei ragazzini, sia per la qualità?
E ancora: consideriamo le decine di migliaia di concittadini esodati, i negozianti che chiudono, i cassintegrati o in mobilità, i licenziati, i precarizzati a vita, gli artigiani senza più lavoro: non hanno forse problemi insopportabili? Perché non affiancarli?
Invece si continua a vivere per diciotto ore di lezione e più insieme ai figli di queste persone che sappiamo che non possono più permettersi le spese per vacanze, le visite di studio, le attività extra e perfino la mensa scolastica.
No, la scuola non può farsi carico di tutto questo, ma può mandare forti messaggi di solidarietà, partecipare alle manifestazioni seriamente, evitare di imbozzolarsi nel suo particolare per affacciarsi al presente solo quando si toccano le 18 ore.
È vero: la scuola non può risolvere i problemi che i politici mettono sulle nostre spalle e i sindacalisti alla Bonanni e soci shiftano in leggerezza; però non può chiedere la solidarietà sociale e far pagare, ancora una volta e in altro modo, a ragazzi e famiglie penalizzandoli con scioperi bianchi ed altre consimili misure.
Non si può vestire l’abito delle vittime sacrificali lamentando le penalizzazioni che ci toccano e poi, magari, sospendere i ragazzi quando scioperano, tentano di occupare le scuole o manifestano, in altro modo, il loro profondo disagio di giovani senza futuro.
Tutto il paese, e non solo il nostro, è in recessione: solo l’unione può farci trovare risorse e motivazioni, strumenti e strategie politiche, economiche, sociali per uscirne. Se, al contrario, si affrontano i problemi particolari solo, quando e perché ci toccano personalmente, ma quando toccano agli “altri” siamo distratti allora saremo simili all’archetipo del contadino che ti spara una rosa di piombini nel sedere perché teme che gli rubi una gallina, ma guarda passare i cortei degli operai e con le loro bandiere, fa spallucce e si china sui cavoli propri a schiacciare le rughe o a scacchiolare i germogli soprannumerari.
E se ognuno pensa solo ai cavoli propri, cari prof, beh la partita è persa.

martedì 16 ottobre 2012

Lettera e cavoli al Dirigente Scolastico fautore di eccellenza

eccellenti e diversi tra loro


Oggi, senza un motivo particolare, ma sull'onda di una reazione infastidita al petulante ricorrere del concetto di eccellenza anche in ambito scolastico, e addirittura nella scuola dell'obbligo, ho scritto questa frase sul mio stato di fB :



Parlano di eccellenza a scuola come se ogni scuola fosse l'Accademia o un dottorato; ma la buona scuola non è quella che seleziona presumibili eccellenze, è quella che sa attendere ed ascoltare.

Prontamente un'amica mi risponde: 
Potresti scrivere alla nostra dirigente scolastica e spiegare questo semplicissimo concetto?

Impulsivamente allestisco la lettera che ora copio, incollo e rivolgo, visto che vanno di moda le lettere aperte, a qualunque Dirigente Scolastico sia fautore della sindrome dell'eccellenza (altrui).


Gentile Dirigente (del cavolo nero)
per caso lei pensa che istruire sia come piantar cavoli?
Benissimo: allora certamente sa che ci sono tante specie di cavoli: ad esempio il cavolo romano, quello calabrese, il siciliano, il maceratese, il cavolo cappuccio, la verza, il cavolfiore eccetera eccetera ed anche il cavolo nero alla cui specie ella forse è particolarmente affezionata.
Ella sa anche, certamente, che ogni cavolo ha il suo seme, il suo sviluppo e il suo tempo per portare a compimento il ciclo vegetativo e per dar frutto; e non ignora che a seconda della esposizione, del clima, dell'altitudine e non solo: anche in ragione della qualità del terreno e della sua fertilità ogni frutto di ciascun cavolo produce diversamente.
Probabilmente due piante di cavolo della stessa specie ... anche se allineate in file disciplinate e corrette, annaffiate e curate nello stesso identico modo raggiungono la maturazione in tempi diversi tanto che nell'orto domestico possono essere raccolti a scalare.
Se i cavoli, che sempre cavoli sono e non persone, hanno queste modeste ma complesse esigenze come può pensare che i ragazzi raggiungano la loro eccellenza tutti insieme? E come fa a pensare che esista un certo tipo di eccellenza buona per ciascuno?
O forse fraintendo ed Ella pensa che gli individui debbano essere selezionati solo in base alla velocità?
Dunque, esimio Dirigente Scolastico del Cavolo Nero non ci riduca gli innominabili a cavolini di Bruxelles e rifletta sulla parabola del cavolo. Altrimenti potrebbe alzarsi la ribellione del cavolo rosso... e allora sarebbero cavoli amari.
Rifletta esimio Dirigente, e osservi con rispetto i cavoli, tutti i cavoli pure quelli cinesi o romani, pure quelli che non abbiamo qui citato: possono essere incredibilmente belli e sorprendenti.
Con ossequi e minestre varie

Mariaserena 

Roma, 16 Ottobre 2012




martedì 9 ottobre 2012

Le onde nel cuore


















Momenti e giorni in cui
a ondate ti sommergono
parole come estenuanti
flutti intermittenti
dalla lunga risacca.

E nel cuore quell’onda si chiude,
pesante ricciolo amaro.
Tarda molto a passare
la bufera inattesa.

lunedì 1 ottobre 2012

tra shampoo e tagliata la rivoluzione può attendere?



La lavanderia di cervelli ha fatto un buon lavoro. 
Sbiancate le idee, candeggiate le passioni, siamo al grado zero di “ciò che non siamo ciò che non vogliamo”, ma noi adulti speriamo comunque.
Sento la ragazza che lava i capelli dalla mia parrucchiera (sfrattata) indignata… sai perché? Lo racconta lei:  al ristorante lei paga la tagliata 25 euro mentre sa visto che al politico del tavolo accanto la fanno pagare 2 euro.
“È tutto un magna-magna” commenta sagace. 
Già.
La ragazza è una brava lavoratrice, prende una miseria ed è precaria, ma vive con mamma e usa l’automobile per venire al lavoro, non l’autobus perché fa schifo. Si paga benzina, un po’ di look, un w/e di vacanze e… la tagliata, ma non scenderà mai in piazza. Eppure la camicia bianca da rivoluzionaria e tanti buoni motivi ce li avrebbe.
Come risveglieremo le tante giovani anime addormentate?