chi sono

Sono Maria Serena, ho insegnato letteratura italiana. Oggi scrivo e sono qui per riflettere, dialogare raccontare. I miei interessi sono rivolti alla comune condizione umana, anche quella raccontata dalla letteratura. Vorrei partecipare alla costruzione di un pensiero nuovo e diverso, fondato su radici antiche, che riconosca uguaglianza e giustizia a tutti.

sabato 19 maggio 2012

Lutto a Brindisi


Siamo senza parole, senza respiro, senza risposte di fronte alla tragedia di Brindisi. Oggi è stato violato quello che abbiamo di più sacro e caro: l'affetto e la speranza verso i nostri ragazzi. Le scuole sono dunque nel mirino, e non solo in zone di guerra. Ma quello che è accaduto ci lascia senza respiro e senza parole. Se vogliono spaventarci ci sono riusciti, se vogliono terrorizzarci ora siamo terrorizzati.
Oltre la pietà e il dolore infiniti anche un tragico "perchè?"
Dedichiamo i nostri pensieri ai ragazzi, ai genitori, agli insegnanti di Brindisi. Il nostro cuore vicino al loro cuore.
non gli innocenti












La prima campana, e l’ultima

Sono entrata mille mille volte
a scuola, con voi,
alla prima ora:
sorrisi e rumori
i motorini che sfrecciano
le vostre belle facce giovani
che ammiccano, si guardano;
qualcuno seduto
ripassa sui gradini,
altri si scambiano parole, leggere
come bolle di fumetti
e sono codici solo vostri.
La prima sigaretta, una spinta
scherzosa ed è scuola, è la prima campana.
Il mio cuore è adesso
su quei gradini affollati
tutti uguali
in ogni città.
E il sangue versato
a comando è una pena
un'orribile pena
che non posso accettare.
Amore per voi
belle facce giovani
solo amore.

giovedì 17 maggio 2012

Immaginare una proposta per la scuola è possibile?

Partendo da qui...

... ed anche a proposito di 

Un’idea per la scuola – Agenda Digitale Italiana 

Se consideriamo la scuola come una istituzione, un servizio, una società dove si stabiliscono relazioni sociali e si acquisiscono strumenti per apprendere e per fare esperienza (e potremmo aggiungere altro) dobbiamo anche ammettere anche che la scuola esiste in ragione del lavoro degli insegnanti e della partecipazione di studenti di ogni età.
Propongo un paradosso: teoricamente potremmo spogliare la scuola di tutto, e immaginare di far lezione sotto a un albero, senza libri né altro, seduti nel cortile della scuola (io l’ho fatto una volta, è bellissimo), ma se c’è un docente ed un gruppo di discenti allora possiamo dire che c’è già scuola.
Che senso ha questo paradosso? Per me è semplice: i discenti (in base ai loro bisogni) e i docenti (in base a quel che discende dal loro sapere e dalle loro pratiche sperimentate) devono essere ascoltati, loro sanno qual è il bene della scuola che è la loro vita.
E dal bene della scuola discende quello di molta parte di futuro.
Se i discenti e i docenti non possono, o non volessero esprimersi, allora ogni intervento del super-esperto-politico o tecnico sarà inutile e dannoso: loro riproporranno sol vecchie o vane categorie.
Abbiamo tuttavia un evidente problema.
Mentre se chiedessimo ai nostri ragazzi “come vorreste la vostra scuola” raccoglieremmo risposte di tutti i tipi (dalle provocazioni a quelle troppo seriose, ma anche di quelle buone) se lo chiedessimo ai docenti cosa ci risponderebbero?
Posso buttare là una risposta per gettare un sasso nel nostro amato stagno?
Risponderebbero: “Oggi come oggi è inutile qualsiasi proposta: con questi ragazzi e genitori cosa pretendi di fare? Con questa gente al governo (vale sempre) a che servirebbe perdere tempo, con quei 4 soldi che ci danno?”
Sono acida? Magari. Spero di essere smentita :
Una proposta che riguardi la scuola è possibile; penso a una proposta su cui impegnarsi e a cui penso in risposta a un post di Gianni Marconato  che su fB che chiede : “Mariaserena ti immagini una proposta [per la scuola] solida, autorevole sul piano tecnico, elaborata direttamente dagli insegnanti, senza mediazioni sindacali e partitiche .... E' chiedere troppo? Nell'epoca della rete, dei social network, si può fare? E' velleitarismo?”
E aggiungo: per farla io vedo bene (lo so sono visionaria, ma la visione ci vuole) un grande forum nazionale/europeo che raccolga anche le voci dei network e le organizzi per categorie di problemi.
Se non si pensa in grande, se non cerchiamo questa proposta, se non siamo in grado allora è giusto che ci teniamo quello che abbiamo e si stia zitti.
Idee forti ce ne sono, girano in rete; si tratta di organizzarle noi: basta deleghe!
La realtà non ci aiuta? Aiutiamoci da soli.

mercoledì 16 maggio 2012


Rapsodia in arcobaleno


Rispondiamo con la nostra logica.
Rispondiamo con il nostro
essere umani.
Con l’essere bambini, donne, uomini.
Rispondiamo che le loro regole
non sono legge,
Rispondiamo ai padroni del mondo
che il denaro non è un fine.
Rispondiamo che uccide
ma non ci compra.
Rispondiamo che un mondo diverso,
e di misura umana
non è un sogno né un’utopia.
Un mondo diverso
 è un progetto comune,
lavora seriamente
non prevarica
non imbroglia nè tradisce
non profitta, non usa violenza.

Rispondiamo che i nostri sogni
non sono mai stati in vendita
perché idee sangue e passione
non sono solo sogni.

martedì 8 maggio 2012

Elsa Fornero, condotta zero


Elsa Fornero ha deciso di occuparsi di giovani e scuola, e lo fa da par suo: sentenziando acidamente e senza porsi alcun problema. Si accorge, ora che sta al governo, e dopo aver scalato tutto lo scalabile accademico e non, che è tempo di bacchettare i giovani che studiano troppo poco.

Ma va? Ma che strano! Noi, insegnati distratti e sbadati, invece pensavamo di essere in un paese non solo di di santi, di poeti, di eroi e di contribuenti corretti, di politici onesti, di super manager francescani, ma anche di studenti tutti capaci, encomiabili e meritevoli dediti allo studio e al sacrificio in vista di magnifiche sorti e progressive fortune.
Evidentemente le nuove generazioni sono, a nostra insaputa, molto diverse e tali da meritare l'etichetta di ignoranti.
Eppure ci era parso di averlo detto tante volte che la scuola ha qualche affanno vecchio di decenni. Ma questo non ha impedito a prof come Elsa Fornero et similia di veleggiare approdando (con tanto merito e sudore!) sia alle cattedre accademiche sia ai seggioloni governativi di rosso damasco rivestiti. 
E allora come la mettiamo?
Tutte le aureole a loro e tutta la monnezza a noi, plebaglia e gente di scuola?
La verità è che i meccanismi con cui questi signori e signore vanno in cattedra sono tali per cui è più facile parlare delle carenze altrui. La scuola ha di certo svariati problemi, tra questi vi è certamente anche il modesto livello di alcuni insegnanti e Dirigenti dovuto anche al fatto che negli ultimi decenni il reclutamento dei docenti è stato condotto in modo discutibile. Ma chi ha gestito il MIUR e i meccanismi di reclutamento?
E questo è solo uno dei dati. A questi vanno sommati altri fattori:
a) la mutata situazione giovanile, su cui si scrivono libri, ma che rimane un esteso problema generazionale non risolto
b) i discutibili tentativi di successive riforme della scuola abortiti, falliti, imposti senza risultati
c) la distanza sempre crescente tra la realtà giovanile e gli adulti (buoni solo a sentenziare)
d) una ostinata politica di tagli, di accorpamento di classi, di risparmio sull’aggiornamento del personale docente
e) i progetti senza né capo né coda, ma che hanno sottratto risorse a progetti validi, insomma ci sono tanti elementi e non è semplice citarli tutti.

Si aggiunga che anche un insegnante determinato a superare ogni ostacolo e che profonde passione, competenza ed energie nel suo lavoro oggi si trova di fronte a:
a) il violento furto di futuro fatto ai danni dei giovani
b) la mancanza di prospettive dopo il diploma
c) l'evidenza che il titolo di studio non conta di fatto nulla e che per un compenso di 800 euro al mese precarissimo vale altrettanto una laurea specialistica come la solita licenza media.
 E allora come esortiamo i ragazzi ad impegnarsi ? E come si fa a dir loro: studia e costruirai il tuo domani?
Cosa promettiamo sogni e chimere?
Di che parliamo? Di una ministra che blocca il traffico per acquistare le sue calzature esclusive e inanella bracciali e collane insieme ad altrettante e più castronerie?
Di una che si asciugava le lacrime con la seta e ora punta il dito ingioiellato?
Di un’ex prima-della-classe che dice, disdice e si contraddice?
Ma ci faccia il piacere Elsa, e attenta alle paccate.
Non ci provochi Elsa, non le conviene proprio!
Ma già, a lei conviene sempre: vogliamo confrontare gli stipendi?

venerdì 4 maggio 2012

Qualche idea sulla scuola? Ma non solo dagli addetti ai lavori


Ma a che serve la scuola?





Breve premessa: ho scritto questo post alcuni mesi fa; mi ripromettevo di riprenderlo per farne un saggio breve, proprio sullo stile dei temi di esami di stato. Ma oggi lo pubblico così com’è. Sono stanca di bibliografie che mettono in evidenza solo gli autori. Faccio una scelta di libertà e provo, invece, a dire come la penso. La scuola è per tutti: è  così realmente e, al di là delle affermazioni ufficiali, abbiamo davvero un’istruzione per tutti?
Cosa fa sì che, nei fatti, il nostro sistema scolastico faccia ancora registrare un alto tasso di abbandono e che una Ministro, recentemente passata ad altre attività, abbia registrato come un successo l’aumento del numero degli studenti bocciati?
Dunque, si sarebbe tentati di concludere, nella nostra scuola, esiste una quota di esclusione inevitabile e comunque necessaria a garantire i progressi degli studenti apprezzati come i migliori?
Nel secondo dopoguerra abbiamo creduto nell’alfabetizzazione di massa, è stato alzata l’età dell’obbligo scolastico ed è stata realizzata la scuola media unica. Abbiamo assistito a una fase che potremmo definire di euforia scolastica. Non solo gli insegnanti si son fatti ricercatori di metodi e sperimentatori di pratiche, non solo c’è stata una fase di consenso generale nei confronti della scuola pubblica, ma non c’è stata famiglia che non abbia voluto fortemente l’istruzione per i figli, magari fino alla laurea.Studiare significava crescere socialmente ed economicamente, e le case delle famiglie più semplici mettevano in evidenza, in piccoli scaffali, le raccolte delle enciclopedie acquistate a rate. (Ricordi che suscitano tenerezza in chi ha vissuto quei tempi, seppure bambino.)
Oggi, da più parti, si levano invece motivate opinioni di coloro che lamentano il fallimento (vero, parzialmente vero, presunto) dell’istruzione di massa e, soprattutto, prevalgono con insistenza e impatto mediatico di grande effetto, le teorie dell’eccellenza, del merito e della meritocrazia.
Si organizzano manifestazioni nazionali che premiano i talenti, anche nello studio. Si celebra l’esame di stato ottenuto con il massimo dei voti e la lode, recentemente istituita. Nella realtà dei fatti è inevitabile e naturale registrare che non tutti i ragazzi abbiano lo stesso talento e possano ottenere lo stesso livello nei risultati scolastici; infatti non soltanto registriamo un aumento dell’abbandono, ma constatiamo sovente che un risultato positivo può essere durevole o fragile e, passando da un ordine degli studi ad un altro fino all’Università i successi si diradano.Ma tutto questo è sufficiente a farci dire che l’istruzione non è per tutti? In realtà è probabilmente l’istruzione omologante a non essere per tutti. In realtà è applicare per tutti lo stesso metodo e gli stessi processi di apprendimento che crea l’esclusione. Spesso si proclama il valore della differenza quando si applica ad ambiti graditi o che ci risolvono i problemi, ma stentiamo ad accettarlo quando si parla dell’altro intendendo tutti gli altri. La scuola è in grado di accogliere e di prendersi cura, allo stesso modo di bambini, ragazzi, adolescenti in fase di ribellione, studenti con modalità di apprendimento diverse, ragazzi problematici?
Nel campo dell’educazione i tempi non sono automatici e i risultati nemmeno. Non vale il proverbio che il buon giorno si vede dal mattino, casomai si dovrebbero applicare i proverbi dell’agricoltura (ne cito uno pescato tra i tanti) : La ricchezza del contadino sta nelle braccia e chi ne vuole se ne faccia.” il che significa processi lunghi, costante impegno, flessibilità, capacità di relazionarsi con l’altro anche riscrivendo un programma o un piano di lavoro a misura della realtà classe.
Alcuni insegnanti lo fanno. Probabilmente la messa in pratica dell’idea dell’alfabetizzazione di massa è stata condotta anche velleitariamente ed è anche vero che non tutto è andato bene. Ma rinunciare all’idea di riconoscere il diritto allo studio come una garanzia proposta dalla Costituzione è una doppia grave sconfitta.
Infatti  se l’accettiamo noi rinunciamo non solo a perseguire all’obbiettivo di garantire il diritto allo studio, ma anche all’opportunità di usare un importante strumento culturale che può affrontare e risolvere in modo equo e qualificante il problema dell’integrazione multiculturale non solo delle ragazzi di seconda generazione, ma anche degli adulti immigrati o, per dir meglio, migranti. Rinunceremmo altresì a creare strumenti culturale avversi e strategicamente efficaci contro questa devastante crisi di sistema (economica e culturale)  che non sarà risolta senza la partecipazione dei giovani, dei nuovi cittadini, di tutti. Insegnanti compresi. Ogni istituzione oggi è chiamata a rispondere della sua utilità in termini di bilancio. E’ inevitabile in tempo di crisi, ma dovrebbe esserlo sempre.
Perché dobbiamo lottare per la scuola pubblica? Non per alzare sterili grida o vani lamenti su retribuzioni, orari, riconoscimento sociale; ma perché lottare significa anche andare avanti, incamminarsi verso nuove strade. Lottare significa anche fare ricerca, individuare strumenti, sperimentare e verificare percorsi. Alcuni di noi sono nella scuola come insegnanti, dirigenti, formatori. Altri lo sono come studenti, altri desidererebbero aggiornarsi sia in campo professionale sia imparando la lingua. Tutti costoro sono, come evidente, parti in causa. E nel frattempo non possiamo, non dobbiamo pensare che chi ha terminato dei suoi studi, possa dimenticare la scuola. Possiamo infatti chiudere una fase, ma la scuola non ci lascerà; la scuola è dentro di noi. Purtroppo può accadere che lasci tracce negative, ma non è sempre così. Chi si esprime con amarezza ha certamente buone ragioni. Ma la riflessione e la proposta su questi temi è, dev’essere a mio avviso, sociale e non individuale.

Note non a margine
1: Quando ci si interroga tra insegnanti chiedendoci – come fare ad appassionare gli studenti ad argomenti “ostici”, come destare l’interesse che non c’è – dovremmo mettere in discussione gli argomenti, noi stessi, altri fattori o cosa? La questione è cruciale e… “ostica”.
2: Il precariato quanto incide sulla qualità dell’insegnamento?