chi sono

Sono Maria Serena, ho insegnato letteratura italiana. Oggi scrivo e sono qui per riflettere, dialogare raccontare. I miei interessi sono rivolti alla comune condizione umana, anche quella raccontata dalla letteratura. Vorrei partecipare alla costruzione di un pensiero nuovo e diverso, fondato su radici antiche, che riconosca uguaglianza e giustizia a tutti.

mercoledì 31 agosto 2011

eBook - I miei Lucignoli


INTERPRETAZIONI DI SCUOLA E DIDATTICA

Rulfo, un mio lontanissimo alunno, scrisse in un tema “La scuola non dovrebbe essere materiale, ma sentimentale.” Concetto che, pur espresso con una certa primitiva ingenuità, è però ancor oggi vicino ai pensieri di molti ragazzi.
Le discussioni sulla scuola possono essere molto serie e pervase di intenzioni scientifiche. Ma io non mi sento scientifica.
Ciò che risponde alla ricerca di sentimento da parte dell'alunno Rulfo, che oggi ha una piccola galleria d'arte moderna, è in realtà la ricerca di un rapporto non fondato tanto sullo scambio di prestazioni io insegno- tu impari- io verifico, quanto invece su una interrelazione utile e corretta di interessi, di pensieri, di considerazioni critiche, di espressione di ciò che si pensa. In questa interrelazione troverà spazio anche la pratica didatticamente necessaria del io insegno- tu impari- io verifico.
Inoltre il confronto, tra studenti e insegnante non è necessariamente generatore di emozione: ma è una disposizione serena e razionale dell'anima al confronto stesso; da questa disposizione dell’anima le emozioni non sono escluse, ma l'insegnante deve controllarle e tenerle a freno con la ragione.
Altrimenti scatta in lui la ricerca della popolarità presso gli studenti, della
soddisfazione professionale, del gradimento, del successo scolastico e si rischia di non tener conto dei tempi e delle percezioni dei ragazzi.
Alcuni affermano che la didattica è trasmettere conoscenza. Il punto è, però: come?
Tutto è didattica a scuola: compreso come ti vesti, come entri dal portone, come cammini, come li saluti. Io mi imponevo di entrare in classe sempre in classe sorridendo (anche con l'emicrania, il collare per l'incidente stradale ecc) e di guardarli negli occhi.
E se non sorridevo, si preoccupavano. Che cià oggi pressorè? Non è che ce l'ha con noi, vero?
Ero solennemente arcigna solo in occasione di feroci rimproveri (che non sono mancati), ma non ho mai "chiuso" con nessuno. Tutto è didattica: anche il colore della matita per le correzioni, il modo di passare tra i loro banchi, il caffè mandato a prendere dall'alunno affidabile. E tuttavia ho certamente sbagliato molte cose ed è tardi per le giustificazioni.
Sono certa, però, che la scuola non mi ha reso peggiore. Anzi.
Per questo, la … rifarei e quando leggo le e mail che mi arrivano dei miei ex (di più vent’anni fa...) confermo le mie scelte e le mie idee.


puoi continuare a leggere sul mio eBook
nel link c'è un'anteprima del testo


lunedì 29 agosto 2011

eBOOK - La (mia) classe non è.doc - di Mariaserena Peterlin

Entro in classe. Guardo assenze-presenze già scritte nell’ora precedente. Meccanicamente leggo le annotazioni e le firme dei colleghi; anche quest’anno qualcuno ha scritto, nello spazio riservato alla casella degli argomenti delle lezioni, la frase rituale "conoscenza con la classe". In casi come questi l’elegante-sportivo collega D’Orazio che insegna lettere in un corso parallelo, mi definisce, senza tante esitazioni, ipercritica e non costruttiva; perciò sanziona, saviamente, il mio eccepire su forma e sostanza. 
Mi astengo dunque dall'esprimermi sulla vuota ovvietà della frase rituale, invece m’impunto impaziente, nell’approccio verso una classe nuova, sulla disinvoltura con cui si adopera la parola conoscenza.
Mi guardo intorno: l’aula, ridipinta, chissà quando e da chi, di un freddo colore verde mentolo da emicrania, ricorda i camici chirurgici degli ospedali di fiction televisive, ma anche certe minuscole rane velenose delle foreste amazzoniche.
Le finestre ampie, nemmeno gli infissi opachi di sporcizia sedimentata riescono a velare lo splendore del sole, sono tutte aperte.
Fuori, sulle robinie e gli allori, assaliti dalle edere incolte, le cicale strillano ancora ininterrotte e solamente di tanto in tanto sovrastate dai rumori del traffico, delle ambulanze in corsa verso il pronto soccorso del vicino Ospedale S. Eugenio, dei taglia-erba manovrati dai bidelli.
Istantaneamente tutto l’esterno diventa un unico rombo sonoro di fondo, mentre qui dentro è, per un lungo attimo, il silenzio: sono entrata, li guardo e mi guardano.
Sono loro i miei trentuno interlocutori: hanno sedici o diciassette anni, sono tutti maschi e appaiono goffi, sproporzionati e sudati.
Li osservo presentendo che li troverò inglobati nel loro brodo primordiale d’irrancidite abitudini scolastiche.
Li scruto, mi paiono a loro volta rassegnati, forse sono invece semplicemente in attesa.
"Buongiorno ragazzi"
"Buongiorno" ripete qualcuno rifacendomi un po' il verso.
"Che significa, che dovevamo alzarci in piedi?" prosegue un po' diffidente.
"Perché me lo chiedi?"
"No, visto che ci ha salutato, pensavo che ce volesse fa' capì, che insomma, noi invece..."
"Tu sei?" chiedo abbastanza incuriosita, e solo per conoscerlo...
"So' Ugo!" dichiara un po' animoso e sulla difensiva.
Puoi  se vuoi, continuare a leggere nell'eBook :




o visualizzare l'anteprima

domenica 28 agosto 2011

I pare(r)i di Perpetua n.4: lo sciopero del Pd e dei calciatori - di Mariaserena Peterlin

Perpetua inforca gli occhiali e comincia a leggere il giornale:I pare(r)i di Perpetua stupisce, allibisce e si fa perplessa; poi accende la tv e trova le stesse notizie, siccome è anche dotata di media telematici si attacca al pc e controlla, ma tutto combacia. Ovunque non trova che conferme. Il campionato di calcio non è decollato causa sciopero dei calciatori … “Ah!” rimugina tra sé Perpetua, “… dovrò dire in giro che non possiamo allestire il sistema per giocare alla schedina”. Poi, spigolando nelle news, trova anche altre notizie inquietanti: nel Pd cresce il fronte dello anti sciopero!D’Antona, Fioroni, perfino Chiamparino e non pochi altri sono fermamente contrari allo sciopero sulla manovra: roba da pollice verso. Non parliamo di Confindustria, ma di quella, appunto, che se ne parla a fare?
“Dunque se la CGIL proclama un sciopero che suscita perplessità e divisioni mentre i calciatori proclamano uno sciopero e scioperano per davvero, e sembrano abbastanza compatti, che sta succedendo?” prosegue fra sé Perpetua rinfoderando gli occhiali e cominciando a sbucciar fagioli per il minestrone.
“Beh, non è poi così strano”, argomenta fra sé l’arzilla, fedele e concreta animatrice della cucina parrocchiale: “Poter scioperare è, di questi tempi, un privilegio abbastanza esclusivo, un lusso non immaginabile per il popolo che ha già abbastanza ristrettezze da affrontare per poter rinunciare a una giornata di traballante e incerta paga. Dunque, visto che per potersi astenere dal lavoro occorre non essere né disoccupati né precari ed avere da parte qualche risparmio allora lo sciopero è  per i lavoratori ricchimmmmmm può darsi. Ma se è così allora i calciatori,  sono ricchi che lavorano?”
“Ecco,” conclude accendendo il gas sotto la pentola 
e rimettendosi il pareo a pois rossi intorno al collo, "questo è il vero nocciolo della questione: da quando il calciatore miliardario è considerato un lavoratore? Roba da chiodi. E' tempo di aggiornarsi.”

lunedì 15 agosto 2011

I pare(r)i di Perpetua n.3 - la gallina e il cuore che gronda sangue - di Mariaserena Peterlin

I PARE(r)I di Perpetua
Perpetua è inquieta. Si aggira seria e pensosa nelle sue stanze, modeste e dignitose. È una donna rispettosa della religione e le hanno sempre detto che i miracoli sono una cosa seria, e per ottener la grazia ci vuole la Provvidenza. Perpetua non ha mai dato retta a chi dice che la tal statua suda lacrime o la tal altra gronda sangue perché sa che miracoli non sono fenomeni da baraccone. Per questo lei non si è mai lasciata infilare nelle truppe di quei viaggi organizzati dove si prega a comando, si baciano acquasantiere e poi, casomai, si compra anche un po’ di pentolame assortito. Tutte balle! Buone per i gonzi da quattro soldi di cervello e due di intelligenza. Meglio restare a casa a far dei fatti e casomai a guardare la tv. Meglio dar di zappa nell’orto e dare un’occhiata alle galline che qualche uovo te lo regalano sempre.
Per lei il televisore non è un oggetto del demonio, anzi non le dispiace, quando è stanca, sonnecchiare lievemente mentre guarda qualche programma di cucina; un po’ di svago ci vuole e si impara anche una ricetta nuova. 
Ma da qualche giorno Perpetua ha visto qualcosa che non le piace per niente. 
Ecco perché è inquieta.
È successo che in tv viene replicato continuamente un filmato in cui un tale con un pezzo di moquette bordeaux in testa parla da un microfono dicendo che il suo cuore gronda sangue perché adesso mette le mani in tasca agli italiani. Perpetua si è stretta bene il grembiale alla vita e ha controllato. Nelle sue tasche ci sono le chiavi, una matita per fare la lista della spesa e i conti, un fazzoletto e un rametto di spiga di lavanda che sa di buono. 

Cosa può vuolere quel tale? Cosa le viene a prendere? Il salario che lei lo lascia nel cassetto chiuso a chiave?
Mentre rimugina queste cose Perpetua va prendere la gallina che ha ammazzato e spennato e si mette a prepararla per il brodo: "…gli tirerei il collo, come alla gallina, pensa a questi tipi col pelo tinto sulla testa che ci vengono a raccontare del cuore che gronda! Provassero a venirmi a mettere le mani in tasca! Gli spezzo le dita col battilardo! Dice che gli gronda sangue dal cuore, se gli si dà retta tra un po’ dirà che il suo amico, quello con gli occhialetti lì accanto, con la faccia da rubagalline, dirà che a casa sua ci sono anche statue che piangono. E poi quale altra balla pretenderanno di imbastire? Di andare ad inzuppare spugne e fazzoletti nel sangue che sgorga dal cuore esulcerato per vedere se si ripete (come per San Gennaro) il miracolo? Dolce Cuor del mio Gesù perdonami, ma … 
E poi perché dicono che si piangerà tutti? Ma chi", si chiede ancora Perpetua che ha lavato due gambi di sedano, pulito una carota e sta pelando la cipolla per il brodo, "chi piange davvero?" 
Errare è umano, ma dubitare pure. Ecco perché mentre pulisce il tavolo della cucina e raccoglie gli scarti Perpetua butta l’occhio su uno dei fogli di carta (che qualcuno deve aver stampato dal computer) e che lei usa  sempre per pulire i vetri prima di gettarli nella raccolta differenziata.
La carta porta una intestazione: Gazzetta Ufficiale del 13 Agosto
Perpetua inforca gli occhiali, si asciuga, col grembiale, la fronte accaldata dal pentolone del brodo e, sedutasi, legge:

"5. Restano esclusi dall'applicazione dei commi 3 e 4 il personale amministrativo operante presso gli uffici giudiziari, la Presidenza del Consiglio, le Autorita' di bacino di rilievo nazionale, il Corpo della polizia penitenziaria, i magistrati, l'Agenzia italiana del farmaco, nei limiti consentiti dalla normativa vigente, nonche' le strutture del comparto sicurezza, delle Forze armate, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e quelle del personale indicato nell'articolo 3, comma 1, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001.”
"Ecco qua come stanno le cose!" borbotta Perpetua, "Per quel che capisco io il tizio della tv vuole far piangere quelli come me, ma quelli come lui quando piangeranno davvero?

Stia in guardia perà, che se mi capita a tiro gli faccio fare la fine della gallina, altro che cuore che gronda sangue.
Teniamoci pronti!"

venerdì 12 agosto 2011

Il pareo di Perpetua n.2 e la percezione del superfluo - di Mariaserena Peterlin

Il pareo (o il parere) di Perpetua 2


Ebbene sì, Perpetua s’interroga anche sulla crisi. Perpetua non nutre timori reverenziali verso le regole imposte dall’Unione Europea e tanto meno si fa impapocchiare da terminologia e lessico finanziari. Per lei le vendite allo scoperto possono essere al massimo le merci esposte dalle bancarelle dei mercatini, la sorveglianza sulla volatilità consiste nei suoi tentativi di impedire ai colombi di devastarle il balcone, l’anti-dumping una qualche diavoleria da discoteca, il fatturato una superstizione da cui liberarsi in confessionale, lo shopping cinese nell’UE una qualche invenzione di imbonitori da cui guardarsi con attenzione (genere Wanna Marchi). Perpetua pensa che Dow Jones e Nasdaq possano essere i nomi di eroi dei cartoni animati americani.

Insomma lavora tutto il giorno e manda avanti la baracca Perpetua, bada dunque al sodo e non al superfluo.

Già il superfluo.

Perpetua ha le idee chiare anche in proposito. Ha visto per strada un cartello pubblicitario in cui si proclamava che “il lusso è un diritto” e si è indignata. Il lusso è come l’ozio ha pensato con brutale concretezza (la stessa con cui spazza la cenere dal suo camino o raddrizza i maleducati). Se l’ozio è il padre dei vizi, ha ragionato Perpetua, il lusso è un suo parente, roba da gente che non sa cosa sia il necessario. Roba vanitosa per chi non si è mai degnato di prendere una scopa in mano o di lavorare non fin che suona la campanella dell’orario, ma fino a quando c’è da fare.
Perpetua bada ai fatti suoi.

Però quando ha sentito un tale, in TV, che parlava di dismissione del personale, di esigenza di tagliare le pensioni,  e di scelte di maggior rigore e quindi di necessità di sacrificare il superfluo Perpetua si è fatta diffidente. Il lavoro, ha pensato torvamente, non è mai stato qualcosa di superfluo, ma è un diritto e una necessità di utilità sociale. Si è sempre saputo (e mio nonno lo diceva, continuava Perpetua) che chi non lavora è o un pelandrone, o un malato o un poveraccio non un “dismesso”.  Nemmeno la pensione, poi, non è una cosa superflua, ha ragionato ancora Perpetua. La pensione sono i soldi che ci hanno sempre prelevato con le tasse dalle nostre paghe e che, quando diventiamo vecchi, servono ad arrivare modestamente alla fine. E le scelte di maggior rigore cosa sono se non il quotidiano fare i conti con i soldi che non bastano mai e i ticket che crescono?
I pare(r)i di Perpetua
Insomma Perpetua, innervosita, ha sventolato il suo pareo, ha spolverato la tastiera e ha buttato giù due righe scocciatissime ma, mentre scriveva, l’amico senatore di quel tale ministro che parlava di dismissione del personale ha detto in tv che quello aveva fatto un discorso fumoso. A questo punto Perpetua ci ha visto ancora più chiaro ed ha commentato: questi fanno come i ladri di Pisa, litigano di giorno, ma di notte vanno insieme a compiere le loro imprese. E quando ha sentito che vari personaggi tornavano dalle vacanze in anticipo perché c’era una lettera inviata dalla BCE, ha sospettato: forse vogliono farci credere che il lavoratore licenziato dal suo lavoro, ossia dismesso, vince alla lotteria? Non l’avesse mai detto! Le news in tv confermavano prontamente la sua previsione più scettica: in effetti in Canada due operai subito dopo essere stato licenziati  avevano vinto alla lotteria. E come mai alla notizia era stata data tanta evidenza? Promesse in cambio di dismissione dal lavoro?

A questo punto Perpetua si ricordò di una frase che la sua maestra le aveva spiegato a scuola: era la frase di un certo Machiavelli, Niccolò le sembrava si chiamasse. Roba antica e affidabile. E quella frase diceva “Gli uomini dimenticano più facilmente ….” beh, per non sbagliare si mise a rovistare tra i suoi libri e trovò la citazione che cercava:
“Debbe non di manco el principe farsi temere in modo, che, se non acquista lo amore, che fugga l'odio; perché può molto bene stare insieme esser temuto e non odiato; il che farà sempre, quando si astenga dalla roba de' sua cittadini e de' sua sudditi, e dalle donne loro: e quando pure li bisognasse procedere contro al sangue di alcuno, farlo quando vi sia iustificazione conveniente e causa manifesta; ma, sopra tutto, astenersi dalla roba d'altri; perché li uomini sdimenticano più presto la morte del padre che la perdita del patrimonio. Di poi, le cagioni del tòrre la roba non mancono mai; e, sempre, colui che comincia a vivere con rapina, truova cagione di occupare quel d'altri; e, per avverso, contro al sangue sono più rare e mancono più presto.”
Ecco dunque! Poche balle, ha deciso Perpetua ripiegando il pareo a pois rossi; altro che superfluo e altro che lotterie! Qui si dismette il lavoratore, ma non ci si astiene dalla roba d’altri, ossia quella del popolo.

Meglio stare in guardia e tenere le cose in ordine, la casa pulita e il mattarello a portata  di mano. Anzi, ha stabilito, “vado a dare una spolverata a quel mattarello lungo da tagliatelle, potrebbe servire a spazzolare qualche testa fumosa.
Teniamoci pronti.”



mercoledì 10 agosto 2011

Il pareo di Perpetua e la solita storia


Il pareo a pois rossi di Perpetua :)
PERPETUA, come noto, aveva quasi sempre ragione,  ma il suo datore di lavoro non ascoltò i suoi pareri e, come forse direbbe Manzoni, n’ebbe a pentirsene. Tanto è vero che era entrato nell'uso definire "il parere di Perpetua" quello di buon senso, proposto da una persona semplice, ma destinato a non essere ascoltato in alto loco (che spesso tanto alto non è). Oggi Perpetua ha cambiato aspetto e si è informatizzata. Si mette un pareo colorato, a pois rossi, e vorrebbe andare al mare. Quando non riesce ad arrivare in spiaggia, e succede spesso, si piazza al portatile e sciorina ugualmente il suo pareo a pois rossi. Da qui il titolo del post (che potrebbe avere anche struttura seriale con puntate successive) Il pareo di Perpetua.

Secondo mamma tv la Storia da mandare in onda è solo quella dall'avvento del nazismo & fascismo alla fine della II guerra mondiale con predilezione di elmetti tedeschi, in alternativa antichi Romani, Egiziani & affini. E se si va alla ricerca di trasmissioni su eventi più recenti si approda a qualche trasmissione sulla mostra del cinema di Venezia anni ‘50 o sulla ricostruzione dei processi di mafia o delle vecchie BR.
Il fatto è che se è vero che la storia siamo noi, noi non siamo più solo quelli di libro e moschetto, né quelli dell’immediato secondo dopoguerra e nemmeno quelli della generazione dei capelloni.
La maggior parte di noi hanno finalmente capito che il mondo non è europeo-centrico, che l’asse del pianeta è fisicamente sempre quello, ma che politica, economia, finanza e decisioni strategiche (guerre comprese) si decidono anche e soprattutto altrove.
E c’è un interessante contingente di teste pensanti che potrebbe aver scoperto che i continenti sono cinque non solo sulla carta geografica.
Però io sono solo una Perpetua in pareo (informatizzata), e se accendo la tv trovo gli stessi filmati che sbircio sul magico Youtube, mentre se vado sulle news dei motori di ricerca trovo notizie più aggiornate che sui tiggì. Allora penso che sono io a sbagliare prospettiva: la tivvù pensa in grande e più che a stare sulla notizia in tempo reale è giusto che si dedichi all’approfondimento e alla riflessione.
Invece no. L’economia me la spiegano altrove e la storia me la devo cercare da sola, anche sui libri.
Infatti (?) chi sono le muse della storia e della cultura in tv? Persone rispettabilissime come la famiglia Angela, Bisiach, e, se ne ha voglia, Minoli, che percorrono sentieri consolidati.   
Sventolo il mio pareo e mi accorgo che c’è tanta polvere:  tutto quello che è accaduto dagli anni '50 in poi in Europa e nel mondo non è solo "mani pulite" o “brigate rosse”, e questo vuoto non fa, forse, temere che nessuno studi più né la storia né altro o che comunque l'effetto dello studio serio della storia sia stato scientemente disinnescato? Speriamo di no, ma... allo stato attuale molti indizi fanno ritenere che : link e filmetto / cervello negletto.

lunedì 1 agosto 2011

PENSIERI DI UNA MOSCA di Fermina Daza



Tutti ci credono stupide e noiose. Beh, diciamo che dipende dal punto di vista… Io e le mie compagne guardiamo le cose dall’alto, un gran vantaggio se si considera che gli umani non possiedono il dono del volo…
Molti altri animali sono provvisti di ali ma nessuno gode della nostra stessa libertà e della nostra stessa forza. Non ci credete? Andate a leggere cosa dice di noi Luciano di Samosata.
Diamo fastidio, lo so, ma come ho detto prima, è una questione di punti di vista…
Da sempre sono ospite degli umani e da sempre mi annoio.
Da un numero infinito di persone ti aspetteresti un infinito numero di parole e di azioni. Ma le cose non stanno proprio così. L’uomo animale sociale? Forse è solo la solita vecchia storia…
Allora, dicevo che gli umani non parlano o parlano poco. Beh, forse esagero. Però sciamano raramente, questo è certo.
A pensarci bene, in tanta noia c’è una cosa che mi incuriosisce.
Gli umani al computer si scatenano di brutto. Entrano in trance quando si trovano davanti allo schermo azzurrino…
È uno spettacolo vederli interagire, commentare, farsi i fatti degli altri….
Sulle piattaforme gli umani si dicono amici. Ma cosa vuol dire la parola amico? Io sono solo un dittero ma intuisco che l’amicizia deve essere qualcosa di importante se gli umani la cercano senza sosta sulle piattaforme colorate.
Io, ad esempio, so che ci sono mosche a Mosca (faccio per dire) ma quelle non sono amiche mie. Se ci fosse Petbook (e forse esiste) potrei contattarle e chiedere loro l’amicizia. Forse avrei qualcuno con cui scambiare idee, perché di tempo libero ne ho anche io… Mi chiedo di cosa potrei parlare con le mosche di Mosca.... Ma perché non parlare con la mosca della porta accanto? Evidentemente non dà le stesse soddisfazioni… Forse dovrei iniziare a considerare che il mondo non si risolve nella mosca della porta accanto e che anche tra una porta e l’altra la distanza si misura in termini di piattaforma…
Bene, tornando a Petbook, di cosa potrei parlare con le mosche di Mosca? Di cose di mosche, ovviamente… Potremmo raccontare che portiamo le lenti a contatto colorate, che abbiamo scoperto di essere immuni al cianuro, insomma, un sacco di fesserie per farci due risate...
Oppure, passando dal faceto al serio, potremmo parlare degli umani e dei mezzi che utilizzano per annientarci. In questo caso Petbook avrebbe un suo senso. Quale senso? Quello di dare voce alla nostra indignazione nei confronti degli stessi umani. Ma la nostra indignazione non nasce su Petbook. Nasce prima di tutto in noi stesse. Al massimo su Petbook potremmo contarci, riconoscerci, ritrovare la nostra identità comune.
Un circolo alquanto lungo e vizioso. Un passaggio in più. Un meccanismo un po’ farraginoso... Io continuo a pensare alla mosca della porta accanto…Potrei parlarci subito, senza fare tanti giri di giostra. Ma intuisco che si è rotto qualcosa e che quel qualcosa è stato riparato con colla virtuale… E' forse il virtuale a dare senso al reale?
Ma passiamo ad altro. E se su Petbook intervenisse una zanzara a chiedere l’amicizia? Le faremmo capire che le cose di mosca sono cose di mosca e le cose di zanzara sono cose di zanzara. La stessa cosa faremmo con le api. Che ronzino nel proprio alveare, quelle lì… Per quanto riguarda i ragni, nemmeno a parlarne… sarebbe la morte… Anche noi, come gli umani, abbiamo i nostri interessi e e i nostri bisogni…
e le nostre camere dell’eco…
Ecco, ora che ci penso, la definizione di camere dell’eco andrebbe bene anche per gli umani.
Non so se noi mosche accetteremmo di condividere pensieri con gli umani, siamo animali troppo diversi. Troppe posizioni discordanti. Noi abbiamo bisogno di sapere che chi ci circonda la pensa come noi, è una questione di identità…. Pensarla allo stesso modo è il miglior anestetico per alleviare il dolore di una vita fin troppo precaria…Ma in fondo credo che sia così anche per gli umani…
A noi mosche comunque, non interessano le discussioni, noi sappiamo volare e su questo non si discute. Se accettassimo l’amicizia degli umani, ci scontreremmo subito su questa faccenda. Noi a dire che abbiamo le ali, loro a dire che hanno inventato le macchine che volano… Tempo perso…